Tirreno Power sotto sequestro: un’altra Ilva
I dati emergono da una consulenza disposta dalla procura nell’ambito delle indagini per disastro ambientale e omicidio colposo, due distinti fascicoli aperti sospettando che le polveri uscite dalle ciminiere di Vado siano la causa delle malattie fra gli abitanti della zona. Per il momento nel registro degli indagati sono stati iscritti tre nomi per il reato di disastro ambientale. Si tratta di tre dirigenti, fra cui l’ex direttore generale di Tirreno Power Giovanni Gosio, che ha lasciato la società qualche settimana fa, e il direttore dello stabilimento Pasquale D’Elia. Niente di nuovo sotto il cielo italiano, per quella che rappresenta l’ennesimo disastro ambientale dato da interessi concreti a spese di migliaia di cittadini e cittadine. Tirreno Power è infatti uno dei principali produttori di energia elettrica in Italia con le centrali termoelettriche di Torrevaldaliga Sud, Vado Ligure e Napoli e 17 centrali idroelettriche distribuite su tutto l’arco dell’Appennino ligure. L’azienda è di proprietà per il 50% dei francesi di Gdf Suez e per il restante 50% del gruppo Energia Italia (il cui 78% è nelle mani di Sorgenia). Nello specifico, l’impianto di Vado Ligure è costituito da due unità a carbone e una a gas, che vede circa 200 dipendenti diretti e 250 dell’indotto oltre ad una novantina di lavoratori del Terminal Rinfuse al porto di Vado. Se per i dipendenti diretti l’azienda potrà garantire la cassa integrazione, per i 250 dell’indotto ieri è arrivato lo stop, attraverso le ferie forzate.
Nella giornata di ieri, due cortei hanno attraversato le strade di Vado ligure per confluire davanti al comune. Un corteo è partito dai cancelli di Tirreno Power, dove i lavoratori dell’indotto si sono riuniti in assemblea mentre l’altro è quello dei dipendenti di Terminal Rinfuse Italia, i primi a sentire sulle proprie spalle le conseguenze del sequestro deciso la scorsa settimana (questi infatti si occupavano dello scarico del carbone nel porto vadese, ora bloccato). I lavoratori e le lavoratrici chiedono risposte per la situazione che si è andata a delineare, mentre è sempre altro il rischio che la direzione voglia scaricare sui 700 lavoratori le proprie inadempienze e responsabilità. Nel frattempo, il 25 marzo si terrà il prossimo incontro in prefettura, dove si richiedono strumenti uguali per tutti i lavoratori che diano garanzie fino a che la centrale sarà spenta e conoscere le vere prospettive per una riapertura rapida dei gruppi vincolando l’azienda a compiere gli interventi necessari sul fronte dell’ambientalizzazione.
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