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Il ricatto immorale di Atlantia & co.

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Eccoli come iene pronte a dividersi la carcassa. Le grandi famiglie capitaliste italiane, in termini solo nominali visto che parliamo ormai di holdings multinazionali, si vogliono sedere al banchetto dei prestiti garantiti dallo stato del Decreto Rilancio. FCA della famiglia Agnelli – Elkann e Atlantia della famiglia Benetton hanno chiesto rispettivamente 6,3 miliardi (un 5% dei prestiti messi sul tavolo dal governo) e 1,8 miliardi.

Innanzitutto stiamo parlando di aziende in crisi?

FCA staccherà nel 2021 un maxi-dividendo di 5,5 miliardi a chiusura della fusione con PSA. Atlantia da quando gestisce Autostrade per l’Italia ha avuto dividendi per 10 miliardi svuotando Aspi e lasciandola indebitata (oltre che, come ben noto, non adempiendo al proprio dovere di mantenere in sicurezza le infrastrutture in concessione). Dunque a queste holdings basterebbe investire nei loro asset reali piuttosto che spartirsi i surplus per approntare una risposta alla crisi da Coronavirus. Ma è sempre più chiaro che la produzione reale, a queste grandi multinazionali, serve solo per nutrire il meccanismo predatorio della finanza quindi ben venga se si possono scaricare i costi di questa sullo stato. Il vecchio adagio: “socializzare i costi, privatizzare i profitti”.

Il ricatto, non tanto sottile, è evidente. Per quanto riguarda FCA la minaccia velata è quella di disinvestire negli stabilimenti e nella filiera italiana nel caso in cui il prestito non venga concesso. Tra l’altro gli Elkann hanno prontamente preparato il terreno su cui agire in questa crisi anche dal punto di vista mediatico grazie all’acquisto di Repubblica e del gruppo GEDI, favorendo un’ulteriore concentrazione dell’informazione. Nel caso di Atlantia la richiesta degli 1,8 miliardi è immediatamente corrisposta alla decisione di sospendere il maxi piano di investimenti da 14,5 miliardi e utilizzare la cassa di 900 milioni solo per manutenzione ordinaria e interventi di sicurezza, promettendo azioni legali. Questa partita, giocata con spregiudicatezza dalle due multinazionali, probabilmente si risolverà con l’ennesimo inchino del governo ai grandi capitali.

E’ evidente che ad essere tenuti in ostaggio dalle manovre di questi gruppi imprenditoriali per approfittare della crisi sono i lavoratori e le lavoratrici. Allo stesso modo questo è un chiaro segnale che “tutto sarà come prima”, che nonostante i disastri e le speculazioni di queste holdings, saranno ancora loro a fare il buono e il cattivo tempo nell’era post (si spera) Covid e che l’unico cambiamento possibile, sarà quello che dal basso rivendicherà un modello di sviluppo diverso, la redistribuzione delle risorse e una vita degna per tutti.

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