Musk, o del servilismo dei patrioti
Un po’ più di dieci anni fa esplose lo scandalo “Datagate”: l’NSA, agenzia di intelligence statunitense, aveva spiato importanti politici e normali cittadini di alcuni degli stati dell’Unione Europea.
Aveva suscitato particolare scandalo il fatto che tra gli spiati figurasse Angela Merkel, allora cancelliera tedesca, le cui comunicazioni private sul cellulare personale venivano intercettate dall’agenzia. Il tutto avveniva a poco tempo di distanza dalla “crisi del debito sovrano” e dimostrava la scarsa fiducia che gli Stati Uniti avevano nei confronti degli alleati (o sarebbe meglio dire dei vassalli), in particolare della leadership tedesca, impegnata, almeno sul piano economico a conservare un qualche briciolo di indipendenza dalle decisioni di Washington.
Dieci anni dopo si discute, senza troppa verve, se consegnare i dati più sensibili della “Repubblica italiana” nelle mani di Elon Musk e della sua StarLink sperando che il miliardario, vicepresidente de facto dell’amministrazione Trump, non li usi a proprio piacere. Sembra trattarsi di un chiaro segno di sindrome di Stoccolma.
I più cauti all’interno del governo sostengono che quanto meno servirebbe la “garanzia dell’amministrazione USA” (che basterebbe avere un minimo di memoria storica rispetto a quanto scritto sopra per capire quanto vale), mentre Salvini si spertica per farsi notare dallo zio ricco che finora gli ha preferito l’altra nipotina. Il tutto sembrerebbe il classico teatrino all’italiana se non fosse che questo passaggio rappresenterebbe l’ennesima catena dal sistema di potere statunitense che i patrioti nostrani ci serrano attorno al collo.
C’è poco da stupirsi se questa destra “sovranista” di fatto esprime il governo con la maggiore sudditanza nei confronti degli Stati Uniti di tutta la storia repubblicana. Nel brodo di coltura in cui nasce, quello della strategia della tensione, galleggiavano servizi segreti della NATO, neofascisti, politici, militari e forze dell’ordine di ogni grado o risma senza che questo creasse imbarazzo a nessuno. Fin da allora, in Italia come in America Latina, queste forze sono state proxies dell’egemonia statunitense e dell’ordine neoliberista. Non si tratta solo di orientamento politico: come abbiamo visto i rapporti di Meloni con Biden erano più che cordiali. Inoltre la “grande svendita” nei confronti dei fondi americani è già iniziata da tempo.
Fa specie il livello di penetrazione che alcune figure di questo governo sono disposte a concedere nei fatti del nostro paese ad un portatore di interessi privati, anche piuttosto capriccioso, ma soprattutto, di fatto, al governo di un paese straniero, seppure alleato. Assomiglia ad un commissariamento, o no?
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