Colonia-lismi
I fatti accaduti a Colonia la notte di Capodanno hanno acceso negli ultimi giorni un ampio dibattito anche tra la politica e la stampa nostrana, generando una lunga lista di prevedibili strumentalizzazioni di stampo xenofobo.
A distanza di alcuni giorni i contorni della vicenda restano ancora poco chiari e questo ha indubbiamente creato terreno fertile per la diffusione di cronache confuse e informazioni errate, che a loro volta hanno alimentato gli opportunismi di cui sopra.
In questo bailamme di strepiti razzisti e appelli alla difesa delle “nostre donne” (sic), come spesso accade a farne le spese sono state proprio le voci delle donne che quella notte hanno subìto palpeggiamenti e violenze, scomparse dietro i fiumi d’inchiostro di chi ha visto in questa vicenda un’occasione ghiotta per usarne i corpi come campo di battaglia.
Da qui invece vorremmo partire per mettere un punto fermo nella confusione che circonda gli avvenimenti di Colonia: la solidarietà alle donne che sono state vittime delle violenze sessuali di quella notte e la condanna e il rifiuto di qualsiasi forma di violenza di genere. Una premessa che tale dovrebbe essere, sempre, ma che in molti casi tende a essere variabile o addirittura negata, soprattutto quando l’identità dell’aggressore non si presta a essere strumentalizzata per retoriche razziste e xenofobe. Gli stessi che oggi gridano alla difesa delle donne sono infatti quelli che in altre occasioni non esitano a sfoderare sentenze assolutorie e pericolosi distinguo e a colpevolizzare la vittima con la retorica del “se l’è cercata”.
Nel caso di Colonia la descrizione degli assalitori come uomini “dalla pelle scura”, in alcuni casi come “arabi”, è bastata a dar fiato a tutto il repertorio più beceramente razzista, generalizzando e attaccando i migranti in maniera indistinta per invocare chiusura delle frontiere e strette ulteriori sull’immigrazione. Nel contesto tedesco, in particolare, la vicenda è stata giocata in maniera tutta politica per attaccare le posizioni del governo Merkel in materia di accoglienza di migranti e rifugiati, leggendo queste aggressioni come conseguenza delle aperture fatte su questo fronte dalla Cancelliera durante l’estate (aperture – in realtà – a loro volta selettive e orientate da criteri economici e strategici e non certo da “spirito umanitario”, come avevamo scritto qui).
Ma soprattutto, dopo i fatti di Colonia in molti non hanno esitato a saltare sul carrozzone della retorica dello scontro di civiltà, leggendo le aggressioni come un attacco al cuore della libertà delle donne occidentali. Una strategia per nulla inedita, che si presta a un doppio fine: da un lato la demonizzazione della cultura islamica, sfruttando il corpo delle donne per far leva sulla loro oppressione e legittimare le lezioni di democrazia esportate da anni a colpi di guerre nel Medio Oriente.
Dall’altro questa retorica è funzionale al continuare a tacere e non affrontare il fatto che la cultura dello stupro e l’idea di poter disporre liberamente del corpo femminile siano ben radicate anche a queste latitudini. In questo modo la violenza di genere viene messa a distanza, rappresentandola come fenomeno alieno al civile Occidente. Un’occasione per cantare le lodi della presunta libertà femminile, con tanto di appelli dal sapore crociatesco ai maschi bianchi ed europei a difendere le proprie donne dalla barbarie islamica. Tra l’altro, a quanti in questi giorni si sono scoperti difensori dell’ultima ora della libertà femminile è forse sfuggito che il primo appello del sindaco di Colonia è stato proprio l’invito alle donne a stare più attente e a “tenersi a un braccio di distanza dagli estranei”, un’esternazione perfettamente in linea con l'(irricevibile) idea che la soluzione stia nel regolamentare e limitare il comportamento delle donne invece che nel combattere le radici che creano e legittimano la violenza sessuale.
Le strumentalizzazioni razziste che dominano la maggior parte del dibattito attuale vanno dunque rifiutate non solo in quanto tali, ma anche perché ancora una volta mettono in secondo piano il problema della violenza sulle donne, impedendo di affrontare la questione delle violenze di gruppo avvenute a Colonia in maniera lucida e sensata.
È necessario opporsi all’ennesima ondata di odio e paura che rischia di abbattersi sui migranti così come è urgente ribadire che la risposta a quanto è avvenuto non può essere improntata a politiche securitarie e di controllo che assumono la donna come soggetto da difendere. Ribadiamo la più totale solidarietà alle donne aggredite, nella convinzione che l’unica soluzione stia nel rilanciare la lotta contro le aggressioni e i discorsi sessisti, da qualunque parte essi provengano.
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