Forse è il momento di dire basta
Non siamo più disposti ad essere presi in giro, a credere che quanto ci viene sottratto mese dopo mese, situazione per situazione, categoria per categoria siano “sacrifici equi” che ripagheranno tutti.
Quello che i governi d’Europa impongono non sono provvedimenti per uscire dalla crisi, ma sono provvedimenti per fare pagare a noi i costi dei loro dissesti.
Sì, perché la crisi attuale è il risultato decenni di privatizzazioni e di speculazioni che hanno fatto accumulare ricchezze e potere ai ceti dominanti e hanno espropriato, precarizzato e impoverito la stragrande maggioranza delle popolazioni, sia europee che mondiali.
Ingenti quantità di risorse e soldi pubblici, cioè nostri, sono stati utilizzati dai governi per salvare le banche, sostenere finanziariamente la produzione di merci utili solo all’accumulazione di profitti, diffondere il proliferare di armamenti e foraggiare un sistema politico amministrativo inutile e corrotto.
I posti di effettivo potere sono occupati a turno dalle stesse persone che si occupano indifferentemente di finanza, di management, di media e di politica. Monti, Passera, Fornero sono personaggi di questa risma.
Il sistema normativo europeo, a cui tutti i politici nostrani si appellano per giustificare l’introduzione delle peggiori nefandezze, ha imposto provvedimenti e direttive che rappresentano e potenziano solo gli interessi dei ceti dominanti.
L’Europa è oggi retta da un sistema di potere che si fonda sulle speculazioni finanziarie, e sulla burocratizzazione amministrativa, un sistema che favorisce e potenzia le élites; quelle private e tecnico-professionali, composte da avvocati, commercialisti, notai, revisori, broker, giornalisti e tecnici iper-specializzati e quelle politico-amministrative dei gestori degli apparati istituzionali e di controllo: politici, alti burocrati della pubblica amministrazione, magistrati, funzionari, ufficiali superiori, dirigenti sindacali, accademici e primari ospedalieri.
Il risultato dell’operare di questo sistema di potere interconnesso è sotto gli occhi di tutti.
Sono diminuiti i redditi, le possibilità, le libertà; sono aumentate le coercizioni, il controllo sociale, le povertà.
Le condizioni di vita e di esistenza della stragrande maggioranza sono minate dalla disoccupazione, dalla precarietà, dalla diminuzione dei salari e delle pensioni, dall’aumento dei prezzi, delle tasse.
Sanità, formazione, asili, trasporti, assistenza, energia, comunicazione e informazione, sono diventate merci riservate a consumatori abbienti.
Lo stato sociale viene pezzo dopo pezzo smantellato, con gli analoghi metodi adottati nei decenni scorsi per ridimensionare il sistema produttivo. Per contro, la spesa pubblica è impegnata per la realizzazione di opere faraoniche e inutili come il Tav, per sostenere l’industria di stato che produce armamenti, per mantenere e incrementare un sistema di controllo e di coercizione che impone modelli di vita e di comportamento funzionali al sistema.
L’obiettivo, che non può essere apertamente dichiarato ma che viene tenacemente perseguito è chiaro: garantire che pochi ricchi diventino sempre più ricchi ed impoverire ed espropriare tutti gli altri.
Le povertà odierne sono intese come sottrazione di possibilità e di prospettive future. Sottrazione di risorse sociali, di diminuzione di reddito, individualizzazione e mercificazione dei bisogni, dei desideri, dei comportamenti.
In aggiunta a quanto è avvenuto in Europa, nella specificità italiana si è dato da anni il collasso del sistema politico istituzionale. Il sistema dei partiti non ha più alcuna legittimità nella società e il meccanismo della rappresentanza democratica delegata si è disvelato interamente per quello che è: un sistema di spartizione per il perseguimento degli interessi delle lobby più potenti.
Il malaffare, che è l’attività principale di ogni partito, è emerso chiaramente in ogni dove. Interessi privati, soldi sottratti, clientele sono “una cosa normale” e sottendono ogni forma di gestione della “cosa pubblica”. Da Bossi a Vendola sono tutti coinvolti. Soluzioni non ce ne sono: è marcio tutto il sistema politico.
Monti richiama tanto la figura di Badoglio: il predecessore era un tecnocrate militare l’attuale un presunto tecnocrate economico. E anche le figure di Napolitano e Vittorio Emanuele III hanno molte analogie.
La democrazia rappresentativa ci è nemica. I politici di professione utilizzano come pulpito i media ma chi vive nella società ne viene escluso ed è impossibilitato a partecipare al sistema di decisione, relegato al mero ruolo di consumatore di prodotti preconfezionati. Così è per milioni di giovani, di studenti, di donne, di lavoratori, di pensionati. Se si partecipa, se si lotta , se c’è conflitto la risposta è una sola: polizia, cariche, denunce arresti.
Ma è mai possibile che magistrati come Caselli trovino il tempo per condurre inchieste che tengono in galera da mesi Giorgio, Luca e altri solo perché sono militanti No Tav mentre quei politici e amministratori che si sono appropriati di milioni di euro, da Penati a Bossi, da Formigoni a Lusi, continuino imperterriti a vivere la loro vita senza troppi scossoni, quando non indisturbati a sedere ai loro posti?
La democrazia così intesa è la forma di dominio che permette di perpetuare solo estromissione, separazione, imposizione dei voleri delle classi dominanti.
È la realtà e non l’ideologia a farci dire che dobbiamo essere contro, che dobbiamo costruire passo dopo passo prospettive di movimento, di opposizione, di rifiuto, di resistenza, di conflitto.
Le lotte sociali che stanno incominciando a diffondersi in alcune situazioni instaurano una vera forma di partecipazione collettiva che costruisce protagonismo, soggettività, saperi collettivi immediatamente spendibili e utilizzabili per cambiare.
Le lotte della popolazione della Valsusa per impedire la realizzazione del Tav sono contemporaneamente opposizione sociale massificata alla distruzione del territorio, opposizione sociale allo sperpero di risorse per interventi inutili, opposizione al sistema dei partiti e al governo che più cresce la mobilitazione popolare più perdono credibilità, opposizione allo sviluppo capitalistico che punta sulle grandi opere per rilanciare l’accumulazione di profitti.
Le lotte delle maestre dei nidi che si oppongono a Torino alla volontà di Fassino di privatizzare gli asili e le scuole materne, le lotte degli operatori sociali delle cooperative, dei genitori dei disabili e delle loro associazioni che protestano perché Cota e Fassino stanno riducendo le risorse destinate ai servizi sociali, e perché il Comune di Torino e le Asl hanno bloccato da mesi il pagamento delle fatture alle Cooperative e quindi costringono migliaia di lavoratori a lavorare senza stipendio.
Gli studenti universitari e i borsisti che hanno occupato lo stabile di Via Verdi per contrastare i costi della formazione che stanno diventando sempre più elevati, per opporsi alla soppressione delle borse di studio e che sono stati caricati dalla polizia perché disturbavano la sfilata della signora Fornero e del signor Profumo.
Le mobilitazione contro Equitalia, che si sta costruendo una sede nuova spendendo decine di milioni di euro mentre applica delle more con un tasso legalizzato che superano il pizzo richiesto dalla Camorra; contro la Regione Piemonte che sta costruendo un nuovo grattacielo in via Nizza mentre contemporaneamente taglia la spesa sanitaria, chiude molti ospedali, sottrae fondi ai servizi socio-sanitari (è di questi giorni la notizia che Cota ha fatto sparire, più di dieci milioni di euro destinati al pagamento delle rette dei servizi residenziali per anziani e per disabili e da mesi le Asl non pagano più le fatture delle Cooperative sociali); contro il Fassino che distribuisce ai suoi amichetti quasi un milione di Euro per il Festival Jazz mentre privatizza gli asili e tagli i soggiorni per le persone disabili, rendendo contemporaneamente la tassa sulla casa la più alta d’Italia. Tutte queste proteste sono la giusta risposta a uno stato che opera tagli a pensioni, servizi sociali e sanità mentre aumenta le tariffe e incamera soldi in tutti i modi. Così come legittime e da costruire sono le mobilitazioni collettive contro l’aumento delle tariffe, dei trasporti, dei parcheggi, dell’energia.
Passo dopo passo cresce una mobilitazione di massa che raccoglie forza e instaura nuovi comportamenti collettivi, crea la consapevolezza che ci si può ribellare, che le lotte per i diritti, per la difesa del territorio, per il reddito, contro le opere inutili, contro il sistema dei partiti possono vincere e sono – queste e non altre – l’unica risposta possibile alla crisi.
Sì, è davvero giunta l’ora di dire: BASTA!
NETWORK ANTAGONISTA TORINESE
csoa Askatasuna – csa Murazzi
collettivo universitario autonomo
Kollettvo studentesco autorganizzato
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Editoriale del volantone “Spazi Sociali” che verrà distribuito in piazza a Torino il prossimo 1 maggio
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