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I rifugiati in lotta tra Salvini e Mafia capitale

Aprile 2015. Ieri a Favara un gruppo di richiedenti asilo inizia una battitura contro le inferriate della caserma dei carabinieri per chiedere il rilascio dei permessi di soggiorno bloccati da mesi o addirittura anni. Nel frattempo a Catania un’ottantina di ragazzi, in gran parte minori, cominciano un blocco del traffico per protestare contro ritardi e condizioni di vita degradanti. Il giorno prima a Gioiosa Ionica, in Calabria, “ospiti” del centro d’accoglienza locale improvvisano un corteo per il riconoscimento dei documenti. Martedì a Palmoli (Vasto) un blocco della statale dei ragazzi del centro costa l’espulsione a sei di loro. Nel mantovano proteste contro un’accoglienza inadeguata a Quingentole. In provincia di Vercelli migranti si barricano in un centro per protestare contro il fatto che non gli sono dati neanche i due euro e mezzo al giorno che spettano loro secondo il bando della prefettura. A Rivarolo, in provincia di Torino, proteste contro i ritardi da parte delle autorità nell’esaminare le domande d’asilo. A Lamezia i richiedenti asilo si accampano davanti al commissariato per sbloccare la propria situazione.

Insomma, mentre i vari Salvini usano strumentalmente gli scandali di mafia capitale contro gli stessi rifugiati che ne sono vittima, coloro che lottano a testa alta contro quel sistema di accoglienza marcio sono proprio i migranti che i fascioleghisti disprezzano. Non è una strana coincidenza.
È che le camice verdi e l’ex terrorista nero Carminati hanno in comune più che passioni nostalgiche: vivono tutti speculando sulla pelle dei migranti, chi per tornaconto politico chi per guadagno personale.
È che l’unico terreno politico che non è pura menzogna è quello delle lotte reali generate da processi di soggettivazione che partono dai propri bisogni materiali.

Rivolte. Rifiuti. Volontà di continuare a battersi. Sono momenti che s’intrecciano senza conoscersi. Resistenze contro un sistema d’accoglienza al collasso, colluso e corrotto, che intrattiene stati emergenziali per far lucrare i soliti noti. Soggetti che vivono spesso situazioni drammatiche, situazioni che diventano rabbia invece di trasformarsi in disperazione. Sono piccoli, preziosi, fuochi isolati che indicano terreni ricompositivi possibili tra migranti, richiedenti asilo e autoctoni. Anche fossero maldisposti da una propaganda televisiva che vomita razzismo a ciclo continuo. Perché subiamo tutti una burocrazia inefficiente, la corruzione dilagante di un paese dove i soldi non arrivano mai a chi dovrebbero. E c’è chi ha già capito che bisogna lottare per avere ciò che ci spetta…

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