Il fiato corto di B&B
La finanziaria di Tremonti è riassumibile in poche parole. Tartassa da subito i soliti noti con balzelli su sanità e tagli pesantissimi ai servizi locali, oltre al blocco dei salari pubblici. Non prevede alcun intervento di seppur minimo riequilibrio dei costi sociali della crisi, neanche per “salvare la faccia”. E dilaziona al dopo governo Berluska, dal 2013, le mazzate più pesanti (di sicuro le pensioni e poi…). Ecco servito il piatto da 47 miliardi di euro.
Questo per “tranquillizzare i mercati” ovvero dargli in pasto risorse grazie al meccanismo infernale del debito pubblico che, diceva qualcuno, è l’unico “bene di tutti”, la reale res publica. In effetti, il bilancio statale primario al netto degli interessi sul debito (con le decine di miliardi da aggiungere per l’alta velocità) è in avanzo, si pagano cioè più tasse di quello che lo stato spende in servizi e spese. A chi il regalo?
Il governo dunque non fa che prendere tempo scaricando sui prossimi anni il resto del salasso per non dover assumere decisioni indigeste e pesanti per la sua stessa base sociale (basta vedere le reazioni furenti al solo accenno di minima tassa sulle transazioni finanziarie o sui suv, o la farsa sui “costi della politica”). Ma la speculazione internazionale, dopo aver messo in ginocchio la Grecia, lascerà questo tempo? O non si sente piuttosto rafforzata da questo riuscito vampiraggio cui tutti i poteri forti globali hanno contribuito? Senza contare che la ripresa non fa capolino su nessuna delle due sponde dell’Atlantico.
Ecco allora le minacce di declassamento di Moody’s per banche e utilities, poi le attenzioni inquietanti da parte del sistema di contrattazione nascosto di Goldman Sachs, come riporta Il Sole di mercoledì, mentre la raccolta di fondi delle banche italiane si fa sempre più oneroso rispetto ai concorrenti. Non c’è bisogno di teorie del complotto, il punto è semplice: la finanza guadagna sui differenziali di rendimento previsti tra imprese e paesi. Peggio uno sta, più ci guadagna. Atene crolla sotto il peso delle privatizzazioni e dell’austerity e… la borsa vola!
Di fronte a questo scenario Tremonti, come suo solito, crede di essere furbo e poterne uscire indenne: tale il personaggio. Berluska appare oramai decotto e incapace di decidere, figuriamoci poi di rilanciare un “sogno” mentre la panzana della riduzione delle tasse è sotterrata per sempre. Dietro la “ritrovata unità” nel governo il dato politico saliente è il fiato corto di Berluska e Bossi. Il senatùr ha praticamente deciso di staccare la spina, se va bene, per il prossimo anno cercando di salvare il salvabile per l’immediato di fronte ad una base sempre più inferocita.
La Lega si prepara così a passare all’opposizione solitaria rilanciando sullo scontro Nord-Sud (vedi il no sul decreto rifiuti campani). Però, dopo amministrative referendum e intervento di polizia in Valsusa non sarà facile recuperare la purezza di un dì, il partito è diventato un groviglio di intrallazzi locali, la base si è in gran parte berlusconizzata, la secessione non tira più, le campagne sulla sicurezza al momento sono oscurate dalle preoccupazioni economiche.
Sull’opposizione parlamentare cosa dire. La critica al governo non è sui tagli e sulla macelleria sociale, se non retoricamente qui e là, ma sulla tempistica. Ovvero: i tagli fateli voi prima che tocchi a noi governare. No comment. Anche questa volta, però, Napolitano bacchetta e dà l’avallo istituzionale alla dilazione dei tempi. Se poi, come prevedibile, l’attacco speculativo arriverà a breve, il Pd è già lì pronto a fare da stampella (questa volta, pare, preceduto da Di Pietro). Riprova? La pressione fortissima sulla Cgil della Camusso per ricucire l’unità sindacale, contro la Fiom e in nome della “solidarietà nazionale” da mettere in campo allorchè si tratterà di far passare sacrifici alla “greca” scongiurando il conflitto.
La tempesta arriva. Il problema non è il se ma il quando. La questione di “chi paga” si sta facendo sempre più pressante, anche su questa sponda del Mediterraneo.
La brezza di cambiamento che spira in Italia non a caso la vogliono soffocare e normalizzare in tutti i modi. Anche a questo, per loro signori, deve servire l’assalto al movimento NoTav visto che l’alta velocità è debito da riversare sulle vite di tutti noi. Ma le potenzialità, per la nostra parte, sono tutte in piedi se solo riusciamo a condividerle, a condividere le ragioni dei beni comuni, del “noi la crisi non la paghiamo”.
redazione infoaut
primo luglio ’11
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