InfoAut

Le belle bandiere

Ci sono bandiere e bandiere. Alcune sono simboli svuotati di senso, memorie morte di tempi che non esistono più. Altre sono macinate nel tritacarne del consumo, sociale e politico. Ci sono poi le bandiere dei mercenari, di una nazione o di un partito, di un’istituzione o di un’azienda. Ci sono invece bandiere che racchiudono storia di lotte e rapporti di forza, per cui vale la pena morire. E ci sono bandiere contro cui vale la pena morire. Ecco perché non ha nulla di simbolico l’azione con cui i partigiani curdi hanno ammainato la bandiera nera issata dalle milizie dell’Isis su una collina alle porte di Kobane. Perché questa azione ci parla di una storia di resistenza e di coraggio, di organizzazione e di autonomia. Ci parla della forza di difendere il proprio territorio metro per metro, casa per casa, di riconquistarlo quando i media internazionali ne annunciano la caduta, di costruire e di esercitare contropotere.

Tante menzogne sono circolate in questi mesi e settimane su quello che sta avvenendo in quella porzione di mondo che oggi concentra in sé un’alta potenza geopolitica. Queste menzogne vengono ancor più dagli apparenti nuovi “amici” dei curdi che dai loro dichiarati nemici. Una di queste menzogne è di dipingere quello che sta avvenendo come uno scontro tra fascismo (islamico) e democrazia (occidentale). Sarebbe però troppo semplicistico e troppo poco dimostrare come l’Isis sia stato prodotto dall’Occidente attraverso finanziamenti e calcoli geopolitici ben poco lungimiranti. C’è anche questo, ma non c’è affatto solo questo. Lo “Stato islamico” è una reazione e una copia di tutto ciò che l’Occidente è da secoli. Il circo mediatico alla ricerca di storie eclatanti di chi parte da vari paesi per andare a combattere con il “califfato”, si guarda bene dal raccontare le storie quotidiane e non straordinarie di oppressione e di povertà che migranti e sempre più ampie fette di popolazione vivono. Chi oggi guarda inorridito le teste mozzate ha forse dimenticato l’orrore di Abu Ghraib e di Guantanamo? I corpi e le vite sotto quei vestiti arancioni hanno come sempre un peso differente sulla base della classe, della provenienza e del colore della pelle. L’Isis è allora un prodotto della democrazia più che il suo antagonista. Vuole sostituire una bandiera di oppressione con un’altra bandiera di oppressione. Mr President o Califfo, il problema è il sistema di sfruttamento che entrambe le figure rappresentano.

Un’altra menzogna è quella del supposto “aiuto” alla resistenza curda. I curdi sono stati storicamente utilizzati e sacrificati dalla cosiddetta comunità internazionale sull’altare dei mutevoli interessi geopolitici. A essere finanziate oggi sono semmai quelle organizzazioni che da sempre si oppongono al Pkk, spina dorsale delle unità di autodifesa popolare e della rivoluzione in Rojava. Vorrebbero far credere che solo l’intervento delle potenze imperiali e della Nato può arginare e sconfiggere l’Isis. È completamente falso, anzi è vero il contrario: è di quell’intervento che lo Stato islamico si alimenta. Se i curdi resistono oggi è solo grazie alla forza della propria lunga storia, temprata in decenni di lotta e di organizzazione, non solo da una temporanea indignazione. Il modello di autonomia sperimentato in Rojava è frutto di questo lungo percorso storico e di conflitto.

Piaccia o non piaccia ai tifosi delle lotte degli altri, meglio ancora se geograficamente lontane, i curdi che oggi stanno resistendo a Kobane non lottano per uno Stato democratico, ma per una trasformazione radicale e anti-capitalista dei rapporti sociali. Del resto, chissà cosa ne pensano dell’Europa tanto cara alla sinistra coloro che oggi si battono per le strade di Kobane. Che cosa pensano, cioè, di quell’Unione che ha fatto le guerre in cui i curdi sono stati schiacciati, che ha sostenuto la Turchia nella repressione contro il Pkk, che ha consegnato Ocalan ai suoi carcerieri. Alla sinistra piacciono le vittime e le sconfitte; noi invece preferiamo la forza delle lotte e gli insegnamenti che queste ci possono dare.

Il primo è che non sono i buoni sentimenti democratici e gli appelli alla pace che fermeranno la guerra. Così come per sconfiggere l’Isis dobbiamo batterci al contempo contro il suo doppio speculare, i poteri costituiti dell’Occidente. L’alternativa non è tra fascismo e democrazia, ma tra oppressione e rivoluzione. Per la pace bisogna essere pronti a combattere con le armi.

Il secondo insegnamento è che l’odio prodotto dai padroni del mondo è tanto e, nella crisi, aumenta ulteriormente. Ma non c’è alcuna deterministica proporzione tra aumento della miseria e aumento delle possibilità di lotta; la proporzione è anzi talvolta inversa, crescono i livelli di accettazione, oppure quell’odio può imboccare strade completamente opposte. Può portare alcuni al fianco della resistenza delle Kobane della crisi, altri a sventolare le mistificanti bandiere nere degli Isis dei padroni. Ma chi non accetta di stare dentro questo campo di odio e di rischio, per creare lì dentro nuove possibilità di conflitto e rottura, per tentare forme di organizzazione e direzione, non fa altro che isolarsi in un elitarismo ideologico, consegnando tutto nelle mani della reazione. Oppure a tifare per le resistenze solo perché le pensano vittime e sconfitte. A tutta questa sinistra, noi continuiamo a preferire il deserto del reale (do you remember 9 dicembre?).

Last but not least, la resistenza curda ci dice che un nuovo internazionalismo si può dare solo attraverso la comunicazione e messa in comune delle differenti lotte. Fare come a Kobane, allora, non significa solo esprimere un’astratta solidarietà, ma lottare e organizzarsi qui e ora contro i padroni della crisi e della guerra.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

autonomiacrisiguerrakobanekurdistanRojava

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale

“Avevamo diciott’anni, e cominciavamo ad amare il mondo, l’esistenza: ci hanno costretti a spararle contro.”

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Cosa ci dicono le catene del valore? Dipendenza, crisi industriali e predazione finanziaria

Il dibattito politico profondo latita e ci si scanna per lo più su ciò che intimamente si desidera, invece che su ciò che concretamente succede. Per sbrogliare questa matassa forse dobbiamo fare un passo indietro e porci alcune domande su dove sta andando il capitalismo. In questo caso lo faremo con un occhio di riguardo […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Guerra globale, una sola egemonia da garantire

Ich kenne Schritte die sehr nützen und werde euch vor Fehltritt schützen Und wer nicht tanzen will am Schluss weiß noch nicht dass er tanzen muss Io conosco passi che sono molto utili  e che vi proteggeranno dai passi falsi  e chi alla fine non vuole ballare  non sa ancora che deve ballare (Amerika – […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sciopero generale: il punto di vista degli studenti e delle studentesse

“Quello che vogliamo fare lo facciamo:se vogliamo bloccare, blocchiamo,se vogliamo parlare, parliamo.” Riprendiamo il comunicato congiunto di CUA Torino e KSA, sulla giornata di sciopero generale nel capoluogo piemontese. In questa giornata di sciopero generale, per 2000 giovani la manifestazione non è terminata in Piazza Castello, un grosso spezzone del corteo ha bloccato le stazioni […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ancora Trump, non stupitevi

Ad un primo sguardo superficiale queste elezioni negli Stati Uniti sono state un replay di quelle del 2016. Trump vince nonostante le previsioni dei sondaggisti più autorevoli.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Gli Stati Uniti verso le elezioni: guerre e guerra civile

Manca poco più di una settimana alle elezioni negli Stati Uniti e nonostante i pronostici regna l’incertezza.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Piazze per la Palestina: una speranza che può esistere, un punto segnato alla controparte

Il 5 ottobre a Roma è stata una giornata importante, la conferma di una speranza che può esistere, un punto segnato sulla controparte.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Le lotte non fanno un passo indietro: nuova occupazione a Milano della rete CI SIAMO di viale Sarca

I fattiIl 19 settembre un incendio divampa nello stabile situato in via Fracastoro 8, dove vivevano 70 migranti della rete Ci siamo, già sottoposti a molteplici sgomberi senza che le istituzioni milanesi fossero in grado di trovare soluzioni abitative per le famiglie e i lavoratori/lavoratrici che da tempo si confrontavano con le difficoltà di trovare […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sul dibattito verso il 5 ottobre

Fatichiamo a comprendere il dibattito che si è aperto in vista del corteo del 5 ottobre contro il genocidio in corso a Gaza.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Attenti al lupo!

Il governo Meloni, coerentemente con i suoi proclami, introduce un disegno di legge che ha lasciato carta bianca alle fantasie dei Ministri Piantedosi, Nordio e Crosetto che prevede nuovi reati e pene più pesanti per chi, come la levata di scudi conclude, “protesta”. E viene immediatamente da chiedersi, sì, ma chi protesta?

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kobane pronta a resistere all’imminente invasione guidata dalla Turchia

Le Forze Democratiche Siriane (SDF), martedì, hanno lanciato un duro monito contro l’imminente invasione di Kobane da parte della Turchia. Sottolineando la storica resistenza della città, le SDF hanno giurato di difenderla insieme al suo popolo, facendo appello alla solidarietà internazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la Turchia ammassa le truppe al confine e bombarda Kobane

Siria. La Turchia continua ad ammassare truppe al confine per invadere con le sue milizie jihadiste la città di Kobane, simbolo della lotta anti-Isis e della rivoluzione confederale del nord-est siriano. Da questo martedì 17 dicembre in corso anche bombardamenti di artiglieria sulla città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La fine di Assad e l’inizio del califfato all’ombra di Ankara scompongono il mosaico siriano

La repentina caduta del regime alauita degli Assad riporta alla luce le fratture della Siria postcoloniale, frutto malsano dell’accordo Sykes Picot del 1916 fra Francia e Gran Bretagna, che ha diviso in modo arbitrario i territori che appartenevano all’impero ottomano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gli USA minacciano la Siria: via le sanzioni solo se Damasco abbandonerà Teheran

Caduta Aleppo, si combatte intorno a Hama. Ieri migliaia di miliziani di Ha’yat Tahrir al Sham (Hts) e di altre formazioni jihadiste appoggiate dalla Turchia hanno ripreso ad avanzare verso la città un tempo roccaforte dell’islamismo sunnita. Incontrano la resistenza delle forze governative che sembrano aver in parte ricompattato i ranghi dopo il crollo ad […]

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Contro lo sgombero della Casa Rossa Occupata

Riceviamo e pubblichiamo volentieri l’indizione per il corteo che si terrà a Massa questo sabato 7 dicembre contro il rischio sgombero dello spazio della Casa Rossa Occupata