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No Tav: nessuna resa all’orizzonte

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Una forza calma e determinata. Questo è sempre stato il movimento NO TAV e anche in questa importante giornata di lotta l’ha dimostrato. Ciclicamente viene sancita frettolosamente la sconfitta del movimento da parte dei media e della politica, ma ogni volta risulta essere appena uno scongiuro esternato da frustrati senza alcun seguito. Non hanno capito e non capiranno mai l’alchimia variabile su cui si fonda questo movimento, la profondità del suo messaggio, la tenacia e la permanenza della sua composizione. Il premier Conte pensava che la questione alta velocità in Val Susa si potesse liquidare con una diretta facebook, Di Maio con un triste giochetto delle parti, Salvini mostrando il pugno duro per intimorire senza però alcun successo. Fin dai giorni in cui è iniziato il Festival Alta Felicità negli occhi dei valsusini e dei migliaia di giovani e meno giovani No Tav si poteva leggere la solida fiducia in un movimento collettivo che ha sconvolto i giornalisti e fa impazzire i politici. Una grande attesa e una grande tranquillità che non è mai né spericolatezza, avventurismo, né rassegnazione. E’ una sicurezza che viene da trent’anni di lotta, di fasi complicate e articolate della politica italiana attraversate, di ostacoli aggirati e recinzioni abbattute. Senza troppi proclami, senza scomporsi, a guidare i No Tav è la certezza che questa lotta è prima di tutto una lotta per la vita, per la salute, per la dignità.

Quindi non bastano un acquazzone e neanche i proclami di un Ministro dell’Interno che riproduce con comicità involontaria pose autoritarie, né le intimidazioni della questura e dei prefetti ad impedire che un fiume in piena di persone marci compattamente sui sentieri della valle rivendicando la liberazione del territorio dalla militarizzazione e dall’opera inutile e devastante.

Il corteo formato da più di 15.000 persone è partito dal festival dell’alta felicità, sfidando la tempesta. La pioggia torrenziale, terminata giusto in tempo per partire, ha provocato una smottamento di acqua e fango nei pressi del campeggio, proprio nella zona colpita dagli incendi che nel 2017 avevano devastato la valle. Una semplice metafora che dimostra l’assunto che i No Tav rivendicano da tempo: l’unica urgenza è la messa in sicurezza dei territori, non le grandi opere inutili.

Il corteo ha raggiunto Giaglione, prendendo la strada che porta al cantiere della Val Clarea, dividendosi in tre parti. In migliaia hanno preso i sentieri alti arrivando al cantiere da più punti di fatto accerchiandolo e mettendo pressione alle forze dell’ordine. Il grosso della marcia, invece ha proseguito per la strada principale fino al Jersey, che nella mente del Prefetto e del Questore avrebbe dovuto fermare la determinazione dei no tav. Dopo un intenso lavoro, e con gli attrezzi giusti, la prima barriera è saltata facendo scappare sbigottiti, polizia, digos e “servizi segreti” (cit Salvini), che per più di un ora hanno bersagliato la marcia con i lacrimogeni, cercando di fermala. In migliaia hanno esultato vedendo cadere le reti e il filo spinato e hanno gioito per la ben poco onorevole ritirata dei guardiani del fortino, di fatto accerchiati da tutti i punti.

Tutto il corteo ha raggiunto il cantiere circondandolo, e riuscendo a tagliare le reti lungo il perimetro del cantiere proprio in prossimità del torrente Clarea. Inutili i lacrimogeni che a centinaia sono stati sparati da polizia, finanza e carabinieri.

Dopo ore di battaglia la marcia è tornata lungo la statale del Moncenisio fino al Festival dell’Alta Felicità.

Inutile il clima terroristico che questore, prefetto e ministro hanno cercato di costruire nei giorni precedenti con posti di blocco sulle strade e check point nelle stazioni. Il dispositivo repressivo è stato completamente ridicolizzato dalla determinazione e fermezza dei No Tav e dalla sicurezza costruita negli anni a partire dallo slogan del movimento “si parte e si torna insieme”. Da anni non accadeva che migliaia di persone arrivassero a circondare il cantiere, a dimostrazione che la lotta contro il treno veloce è viva e vegeta.

In questi giorni il movimento NO TAV è stato attaccato da ogni lato, dall’intero spettro costituzionale e mediale, persino da quei pochi attivisti cinquestelle che ancora non comprendono la completa trasmutazione del partito politico di cui sono sostenitori. Già perché quello che più brucia in fondo a questa specie di grillini (più haters del web che attivisti veri e propri) è che non possono più occupare lo spazio politico della protesta dal basso, della contrapposizione essendo diventati ormai i liquidatori di ultima istanza di loro stessi, a differenza di molti altri che hanno messo cuore e gambe scegliendo di partecipare alla marcia nonostante la posizione assunta dal governo. E dunque la coscienza di questi haters non può tollerare la libertà di un movimento coerente senza padrini e senza padroni, naturalmente contro le istituzioni. E’ invidia per uno spirito originario che esisteva ben prima della loro nascita e continuerà ad esistere dopo il loro funerale. Ma soprattutto questa manifestazione deve aver fatto alzare la pressione al Capitano che, ogni volta che sente parlare di No Tav, ha un’inflessione nel suo sorriso ebete. Sa bene che col popolo No Tav gli schemi comunicativi che ha tanto bene congeniato saltano tutti: non sono solo zecche rosse, non sono stranieri senza voce venuti dal mare, non sono impalpabili nemici della nazione. Il popolo No Tav è il vero villaggio dei Galli che da una piccola valle piemontese sfida il Partito imperiale del PIL. E’ un popolo vero, incarnato, forgiato in un NO costituente e in una battaglia senza resa, non un popolo virtuale, ipotetico, che può cambiare idea come cambia il vento, quel popolo di cui si riempie la bocca Salvini.

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