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Renzi e il dipartimento mamme: ancora recinti per le donne

 

L’ex premier Matteo Renzi ha istituito 40 dipartimenti interni al Pd in vista delle prossime elezioni. Lo scopo, secondo le dichiarazioni degli ideatori, è quello di avvicinarsi il più possibile alle problematiche che vivono i cittadini italiani per stilare un programma elettorale alla vecchia maniera. Insomma, sembrerebbe un ritorno alla vecchia funzione del partito di raccoglitore della domanda dal basso per portarla nei luoghi decisionali. Il tutto verrà fatto con criteri che rispettano la parità di genere. Saranno rigorosamente 20 uomini e 20 donne alla direzione di questi dipartimenti. Peccato per Renzi che mentre il partito democratico contava i propri quattrini la società tutta è andata avanti e del Partito Democratico nei territori si è fatto a meno e si continuerà a farne a meno soprattutto se nella forma e nella sostanza si vuole rimane a 50 anni fa, ma attenzione non perchè fascisti ma perchè utile alla necessità della crescita ad ogni costo.

Ieri, infatti, sono state sollevate diverse polemiche, soprattutto tramite i social network, per un dipartimento in particolare: il “dipartimento mamme” che sarà guidato da Titti di Salvo una donna del sindacato adesso nel Partito Democratico. La Titti risponde che il dipartimento vuole problematizzare l’essere madre oggi, in quanto non è più diventata una scelta ma una rinuncia imposta dalle condizioni economiche. La Titti è femminista ed è per questo che è stata inserita a capo del dipartimento, ma questo termine non è neutro e stamattina era abbastanza inflazionato. A leggere i giornali sembrava di essere il paese più femminista della terra peccato che essere la prima firmataria e organizzatrice di “se non ora quando” non equivale proprio ad essere femministe anzi quelle donne sono inesorabilmente figlie del proprio partito. Ma è questione di punti di vista. Ce lo spiega bene Toffanin nel suo libro Fabbriche Invisibili che citando “La morale comunista” di Bellassai ci racconta di quanto il Partito Comunista italiano e il sindacato di Corso d’Italia fossero intrisi della morale cattolica e lavorista che gli ha impedito di sostenere le lotte delle lavoratrici domestiche che hanno sorretto la produzione industriale italiana creando quel famoso valore aggiunto chiamato Made in Italy. Per quanto riguarda “se non ora quando”, infatti, alla “morale comunista” aggiungeremmo come commento “la morale opportunista”.

Perciò non stupisce che a partire dalle parole d’ordine presentate da Renzi “casa, lavoro, mamme” si sia istituito un dipartimento ad hoc che ha lo scopo di rimettere a lavoro le donne italiane poco riproduttive. La demografia italiana ci comunica che la media dei figli per donna è di 1,37, troppo poco per quelle che sono le necessità di forza lavoro in Italia. A chi afferma che non è più una scelta diventare mamme perchè la rinuncia è imposta dalle condizioni economiche, rispondiamo che non abbiamo scelto men che meno che la nostra scelta sia quella della maternità. E’ troppo eclatante intervenire in maniera diretta sulla legge 194, per quanto di fatto spesso e volentieri non viene attuata, perciò il Pd prende vie traverse. Un dipartimento ad hoc all’interno del partito da un lato e bonus bebè e assegni familiari dall’altro. Se qualcuno pensa di voler rispettare la scelta libera delle donne sarebbe necessario che ognuna partisse dalle stesse opportunità economiche, sociali e culturali, ma la libera scelta e l’autodeterminazione non sono spazi che burocrati, pseudo rottamatori e femministe alla “se non ora quando” hanno intenzione di lasciare. E’ sempre più urgente, infatti, porlo come campo di battaglia.

Vale la pena, infatti, ritornare sulle parole d’ordine individuate in vista delle prossime elezioni, temi su cui le ultime legislazioni hanno puntato ma colpendo alla base qualsiasi diritto annesso alla casa, al lavoro e alle “mamme”: la legge Lupi sulla casa, il jobs act sul lavoro, i tagli al welfare. Questi provvedimenti hanno impoverito le possibilità di tutte quelle donne che per scelta, avrebbero voluto un figlio. Il piano casa Lupi ha indebolito il diritto alla casa elargendo risorse a banche e costruttori e ha deciso di negare la residenza e i diritti collegati (sanità e istruzione, ad esempio) a chiunque è costretto ad occupare le abitazioni; il jobs act ha favorito la possibilità di licenziamento nei primi tre anni di occupazione e i tagli al welfare stanno costringendo ancora una volta le donne ad aumentare il peso del loro lavoro produttivo e riproduttivo.

Il Pd si posiziona e riposiziona per consentire ancora una abbassamento verso il basso delle condizioni delle donne, per permettere che ci sia maggiore sfruttamento dei nostri corpi e una determinazione dall’alto delle nostre scelte. Da sempre siamo le cavie sulla quale si sperimenta il lavoro gratuito e il doppio lavoro. L’intento è quello di preparare una forza lavoro capace di sopportare tutto questo in maniera silente. Stanno provando ad alzare ancora una volta dei recinti, a decidere quello che può diventare di nuovo di loro proprietà spazi, corpi, scelte; stanno provando ad imporci quello che fino a poco tempo ci sembrava insopportabile. Resistere a questa espropriazione è fondamentale, attrezziamoci!

 

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