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Incendio Cavallerizza: gli avvoltoi volano intorno al fuoco.

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È il terzo incendio in cinque anni di occupazione quello che si è scatenato l’altro ieri mattina, lunedì 21 ottobre, alla Cavallerizza Reale. L’edificio, occupato dal 2014, si confronta con il terzo rogo doloso, nel giro di pochi anni.

Anche questa volta sono stati gli occupanti a dare l’allarme, permettendo ai vigili del fuoco di recarsi immediatamente sul posto, evitando così di arrecare danni anche all’Auditorium Rai, adiacente alla cosiddetta zona delle Pagliere della Cavallerizza Reale, il cui tetto è stato divorato dalle fiamme.

La Sindaca Appendino non ha perso tempo (e lingua) per affermare che la Cavallerizza dev’essere restituita al più presto ai cittadini. Un’affermazione al quanto bislacca dal momento che è stato proprio grazie all’occupazione (avvenuta il 23 maggio 2014 ndr) che la Cavallerizza è stata riaperta a chi vive il territorio torinese e con essa i Giardini Reali Alti che erano chiusi da oltre vent’anni. Furono artisti, studenti e semplici cittadini a restituire quel bellissimo complesso barocco ai torinesi, e non di sicuro le istituzioni cittadine che da sempre hanno cercato di svenderlo ai colossi immobiliari e alle banche.

Ma, per chi ha buona memoria, e a Torino per fortuna sono ancora parecchi, quello della Sindaca non è che un Leitmotiv che accompagnava già l’ex Giunta Fassino che insieme a Passoni, ai tempi Assessore al Patrimonio, parlava già di “restituzione e valorizzazione dell’immobile”.

La solita cagnara mediatica si scatena in questi giorni sui giornali cittadini e nazionali. La Sindaca vuole la “restituzione” alla città, la sovrintendenza sproloquia di mancata cura di un Bene Unesco (come se non fossero stati loro complici dell’abbandono e della svendita del patrimonio architettonico sotto la Mole), il Questore promette manganelli e olio di ricino, il ministro Franceschini (redivivo!) si dice pronto, e infine Giuseppi (il fu Avvocato del Popolo) promette azioni del Governo.

Come avvoltoi, tutti volano in cerchio attorno al fuoco appena spento, cogliendo l’occasione per mettere le mani su un complesso bellissimo nel centro di Torino, da anni sottratto alle logiche di profitto che lo vorrebbero un grande polo commerciale fatto di hotel di lusso e negozietti, con magari qualche area adibita a museo, per spennare quei predatori turisti che i torinesi iniziano ad essere obbligati a sopportare negli ultimi anni. Scrivono “restituire alla cittadinanza” ma si legge “vendere e cartolizzare” a favore del solito e sempre in salute (nonostante il gli “onesti” alla guida della città) Sistema Torino.

Difendere la cavallerizza dagli attacchi dei poteri forti è anche contestare un modello di valorizzazione della città che non ha conosciuto discontinuità dal cambio di giunta da PD a quella pentastellata. Svendere ai privati il patrimonio pubblico, gentrificare, cacciare i poveri e gli indesiderati dal centro (sempre più vetrina), lasciare le periferie all’abbandono tagliando welfare pubblico e servizi.

Laddove qualcuno si dissente, o prova ad immaginare futuri diversi per la città, la risposta è sempre la solita, polizia e sgomberi, a dimostrazione di chi detenga realmente il potere politico in questa città: la Prefettura e la Questura.

Anni di “dialogo” fra occupanti della Cavallerizza e Comune, con progetti e progettini, fondazioni e regolamenti per i beni comuni, e vari tentativi di “normalizzare” l’affaire Cavallerizza, sembrano lasciare il campo per far spazio ad altri metodi ben più sbrigativi; ieri, infatti, tra gli occupanti si sono registrate 7 denunce, e un occupante è stato trattenuto perché sprovvisto di documenti.

Nella motorcity dell’ “area di crisi complessa”, il profitto ad ogni costo è una questione di sopravvivenza per la borghesia cittadina e Appendino e il Questore De Matteis sembrano proprio lavorare alacremente per soddisfare le aspettative dei salotti.

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