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#renzistaisereno: è scontro su Roma

Il terzo Tsunami Tour dei movimenti per il diritto all’abitare della Capitale impatta con il nuovo corso renziano, stirando le maglie della metropoli e misurandone la capacità di assorbire la riappropriazione di reddito indiretto con le occupazioni, diventate, nell’ultimo anno, vero spazio di organizzazione politica di un’opposizione sociale alla crisi. Sono cinque le nuove occupazioni, più di un migliaio gli occupanti. Il ricco centro di Roma viene nuovamente ripreso dagli studenti e gli stabili di Caltagirone vengono requisiti dagli occupanti. Mentre scriviamo due studenti sono stati arrestati, due occupazioni sono state sgomberate e i blindati si trovano alle porte delle altre. Questo è il bilancio provvisorio di una giornata che ci consegna certamente un cambio di passo della controparte, pronta a rispondere manganello alla mano colpo su colpo alle occupazioni, ma che, continuando ad attaccare, centra un nodo fondamentale dell’attuale fase politica: la contraddizione sistemica tra il progetto di rimercificazione della forza lavoro tramite il job act e la difesa della rendita, dunque degli equilibri tra classi possidenti e proletariato diffuso.

Il governicchio dell’arrampicatore fiorentino non dispone di molte risorse… politiche, s’intende. Per ora gli 80 euro in busta paga ai lavoratori dipendenti sono state caramelle dolci solo per i ruderi delle rappresentanze confederali. Di fatto sembra fermarsi qui il cambio di marcia del rottamatore. Davanti a quest’empasse data dall’evidente impossibilità politica per i governi dell’austerity di attaccare la rendita per finanziare gli investimenti necessari al miraggio “ripresa”, non resta che continuare a inclinare il piano della crisi della riproduzione sociale precarizzando ulteriormente la forza lavoro e “normalizzando” l’intermittenza di reddito come condizione, almeno, di attrattività per i capitali. Eppure una soggettività di parte, la stessa al centro della partita sul lavoro vivo, si è rafforzata proprio sul terreno della riappropriazione di reddito, sganciando, anche se in maniera parziale e embrionale, il problema della riproduzione materiale dagli attacchi al salario e alla natura del rapporto di lavoro come fonte unica di reddito. Inizia questo a diventare oggi uno spazio strategico dello scontro quando, massificandosi, minaccia i livelli di tolleranza della rendita e quindi stimola la reazione dei livelli di governo associati e posti a sua tutela. Così, con i blindati alle occupazioni, il Job Act si accompagna all’articolo 5 del piano casa.

Proprio per questo la giornata di lotta romana di oggi, ricca di ostinazione e resistenza, promette di organizzare le rigidità sviluppate politicamente sul terreno della casa e dei bisogni in una minaccia contro le direttrici della ristrutturazione di fase: austerity, precarietà e difesa della rendita. L’ineludibile sfida di politicizzare lo spazio di conflitto sulla casa, impossibile da immaginare solo in termini quantitativi, si proietta così verso la manifestazione di sabato 12. Si riparte da Porta Pia per avanzare in contropiede sul complesso del modello Renzi. Si riparte dagli spazi di radicamento e maturazione politica che abbiamo strappato occupando, contrapponendoci e iniziando a toccare là dove possiamo fare male.

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