InfoAut
Immagine di copertina per il post

Ti conosco, mascherina!

||||

Sull’uso politico e geopolitico del coronavirus

Il coronavirus, il suo uso politico e mediatico sono una buona chiave per comprendere la contemporaneità.

Appena sono giunte le prime notizie del contagio i media e i politici hanno iniziato a soffiare sul fuoco del timore della pandemia globale. Perché una polmonite infettiva che, per il momento, ha una diffusione circoscritta e relativamente sotto controllo ha scatenato un tale livello di narrazione tossica e paura diffusa?

Il nodo è che attorno alla questione del coronavirus si giocano “opportunità” politiche e geopolitiche non da poco per tutti gli attori coinvolti. Bisogna sempre ricordare che ogni crisi, ogni emergenza per il capitalismo diventa possibilità di rinnovarsi, di ridefinire rapporti di forza, di trovare nuove fonti di accumulazione e valorizzazione. Dunque tocca considerare quello che sta succedendo come un fatto politico.

Innanzitutto la Cina, che ha una doppia partita, una interna e una esterna. Quella interna riguarda la tenuta del consenso da parte del governo di Xi Jinping. Sulla gestione dell’emergenza, sulla capacità della burocrazia cinese di affrontare la sfida si misura la possibilità di rafforzare o meno un coinvolgimento in senso nazionalista (o meglio di orgoglio nazionale) delle masse cinesi. Il contagio arriva in una fase in cui la crescita economica rallenta, la sfida a scacchi con gli Stati Uniti vede una recrudescenza e il nuovo corso di Xi, fondato su un aumento della “qualità della vita” dei cinesi (potremmo dire una cetomedizzazione?) si confronta con le arretratezze e lo sviluppo diseguale del Dragone.

Ad essere messo sotto la lente rispetto alla questione del virus, in particolare, è il sistema agricolo cinese. All’origine della diffusione dell’infezione pare che ci siano i mercati all’aperto, dove a volte vengono venduti animali selvaggi vivi, merce interdetta nelle parti della Cina più ricche, ma ancora presente nelle zone dell’entroterra.

Il comparto agricolo rappresentava un ostacolo alla modernizzazione dell’economia cinese già prima della comparsa del virus. A causa della geografia della Cina solo il 15% del territorio è adatto alla coltivazione, nonostante ciò vive nelle zone rurali oltre il 50% della popolazione. Si parla di 700 milioni di contadini, organizzati in base all’hukou. L’hukou è un sistema di registrazione della residenza che in base al territorio in cui si vive da accesso a diverse garanzie sociali. In particolare nelle campagne consente il diritto d’uso della terra. Una parte considerevole della produzione agricola cinese si basa su questo sistema molto parcellizzato e con dei livelli di produttività scarsi.

L’hukou rappresenta un consistente dilemma per i governanti del Dragone poiché da un lato impedisce una maggiore capitalistizzazione della terra, ma dall’altro lato è una garanzia di sussistenza per centinaia di milioni di proletari, persino di quelli che si sono spostati nelle grandi città per lavorare nelle fabbriche, ma che di fronte a una crisi occupazionale avrebbero comunque la possibilità di ripiegare sul lavoro contadino. Uno dei motivi per cui spesso tanto nei media occidentali, quanto in quelli cinesi viene particolarmente evidenziata la correlazione tra il virus e i mercati contadini è proprio per inculcare nell’opinione pubblica la necessità di un ammodernamento del sistema agricolo. Per la Cina è una necessità sempre più urgente per riuscire ad aumentare la propria autonomia dalle importazioni, utilizzando la tassazione delle terre stabilire un moderno sistema welfaristico e rilanciare i consumi interni, ma il rischio è quello dell’espulsione di massa di milioni di contadini dai propri territori resi superflui dalla modernizzazione con le conseguenti destabilizzazioni sociali. [1] Per gli occidentali rappresenta una nuova frontiera di possibile sfruttamento delle terre e della forza lavoro cinesi.

Dunque il coronavirus potrebbe essere “un’occasione” in questo senso, oltre che nel consolidare una visione di un governo attento alle necessità e ai problemi dei cinesi. Infatti per il momento, consce del precedente non edificante della SARS, le istituzioni del gigante asiatico hanno reagito con relativa tempestività ed efficienza alla crisi.

Le immagini degli ospedali costruiti a Wuhan in pochi giorni hanno fatto il giro del mondo. Queste però non sono solo un messaggio verso l’interno per i cittadini cinesi, ma vogliono essere anche una dimostrazione di credibilità e di capacità di gestione delle emergenze anche a livello internazionale. Il messaggio di Xi e dei suoi è che la Cina è in grado di gestire crisi complesse: ha le competenze, i mezzi e la coesione sociale per farlo.

Dall’altro lato il coronavirus è una possibilità anche per gli Stati Uniti e i suoi alleati di fiaccare le aspirazioni di maggiore autonomia del Dragone. Il danno all’economia cinese, calcolato in “fiducia sui mercati”, è inevitabile, ma gli USA tentano di soffiare sul fuoco. Innanzitutto con l’obbiettivo di orientare l’opinione pubblica in chiave anticinese e in secondo luogo danneggiando almeno in parte l’export sui mercati occidentali. Il ministro degli esteri cinese Hua Chunying ha dichiarato che gli USA “hanno alimentato ininterrottamente il panico” e non hanno offerto alcun aiuto sostanziale nella risoluzione della crisi.

L’Italia poi si è immediatamente allineata alla posizione statunitense, con i media in prima linea a battere la grancassa dell’emergenza. Una dinamica peculiare quella dei mass media italiani che per giorni hanno alimentato costantemente la paura (e continuano a farlo), ma allo stesso tempo si prodigano in rassicurazioni e in accuse di ignoranza al “popolino” che sull’onda del panico costruito si va premunendo. Una schizofrenia che ritrae bene alcune delle contraddizioni alle nostre latitudini: se infatti da un lato politici e editoria hanno fatto la corsa ad adeguarsi ad una narrazione apocalittica, dall’altro consistenti settori dell’imprenditoria (anche di quella veneto-lombarda) che fanno affari con la Cina hanno rimproverato immediatamente l’allarmismo eccessivo. Indicativo l’atteggiamento del consueto Capitano che non ha mai paura di dire un giorno il contrario di quanto detto il giorno prima e che dopo aver abbaiato riguardo alla chiusura delle frontiere (come se il virus sbarcasse dall’Africa), ieri si è mostrato sui social mentre mangia cibo cinese per tranquillizzare i suoi followers. Un incasinamento che emerge in tutta la sua tragicommedia e di cui a farne le spese saranno probabilmente i lavoratori cinesi nel nostro paese. La partita di un “razzismo anticinese” che ha già delle basi diffuse nella percezione comune è un diverbio innanzitutto tra borghesie con interessi diversi sul piano internazionale.

Il fatto che questo “razzismo” si materializzi con episodi di intolleranza o con una paura diffusa non è da attribuire a una generica ignoranza dei settori popolari italiani, quanto alla narrazione tossica che viene alimentata dall’alto (e dalle azioni concrete delle istituzioni anch’esse violentemente razziste). Inoltre che ci sia una certa diffidenza tra i proletari nei confronti dei media e della scienza ufficiale è una questione ambivalente, di certo le istituzioni e i mezzi di comunicazione hanno spesso omesso come stavano davvero le cose in situazioni simili a questa.

Piuttosto che sbeffeggiare chi corre a comprare le mascherine sarebbe importante riuscire a testimoniare la propria solidarietà ai settori popolari cinesi, che sono doppiamente colpiti, sia dal coronavirus, sia dall’uso politico che ne viene fatto.

[1] Vedi I dieci anni che sconvolsero il mondo, Raffaele Sciortino

{youtube}XuUFcfab4Y4{/youtube}

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

cinaCORONAVIRUStrumpUsa

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

Meloni difende a spada tratta l’agito del governo su Gaza e attiva la macchina del fango nei confronti della Global Sumud Flotilla e del movimento Blocchiamo tutto.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sullo sciopero generale del 22 settembre una giornata di resistenza e lotta – Milano

Il 22 settembre, in occasione dello sciopero generale nazionale, le piazze di diverse città italiane sono state attraversate da movimenti di massa che hanno dato vita a cortei, scioperi, blocchi e boicottaggi contro la macchina bellica, in solidarietà con il popolo palestinese e contro il genocidio. È stata una giornata fondamentale nella ricomposizione di un […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Blocchiamo tutto! Insieme, per Gaza

E’ difficile prendere parola sulla giornata di ieri. Sono mille gli stimoli, i punti di vista da cui guardare quanto è successo. 

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Lo stadio finale di Israele: tra autarchia e capitalismo di rapina

L’immagine di invincibilità che lo stato sionista sta cercando di ristabilire sul piano militare non può nascondere i segni della sua corsa, irreversibile, verso un capitalismo di rapina.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Milano: urbanistica, speculazione e stratificazione di classe

Mettiamo per un attimo da parte gli aspetti corruttivi dell’intricata vicenda che vede coinvolti imprenditori, architetti, assessori e dipendenti comunali.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sono dazi nostri

Non c’è altro modo per definire l’incontro tra Ursula von der Leyen e Trump se non patetico.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ma quale “imperialismo iraniano”?

Per un attimo ci siamo illusi/e che di fronte a fatti di questa portata la priorità fosse quella di capire come opporsi, dal nostro lato di mondo, al caos sistemico che Israele, con l’appoggio degli Stati Uniti, sta portando sulla regione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele-Iran è guerra totale: appunti per orientarci

Domenica 15 giugno 2025.  Com’è noto, nella notte tra giovedì 12 e venerdì 13 giugno, Israele ha massivamente attaccato l’Iran. L’offensiva ha avuto successo colpendo innumerevoli basi scientifiche e militari, portando alla morte di figure chiave dell’establishment politico (capo dello stato maggiore e capo dei pasdaran) nonché di almeno nove scienziati chiave del programma nucleare […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Oltre i Referendum: una sconfitta da capire

Mentre ancora i seggi erano aperti andava in scena il classico psicodramma della “sinistra”. 

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Israele arma l’Isis a Gaza. Alcune riflessioni sulle forme storiche della resistenza

Non si è prestata sufficiente attenzione ad una notizia che sta circolando negli ultimi giorni da diverse fonti: Israele starebbe fornendo armi ad una banda criminale legata all’Isis all’interno della Striscia di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Trump ritira il visto anche al colombiano Petro: troppo filopalestinese e anti-Usa

Alla tribuna dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Gustavo Petro ha scelto ancora una volta di alzare la voce contro quello che definisce l’ordine globale dell’ingiustizia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

I bulldozer di guerra israeliani: finire ciò che la Nakba ha iniziato

Le spedizioni di bulldozer sovvenzionate da Washington stanno consentendo a Tel Aviv di radere al suolo Gaza, rilanciando le tattiche utilizzate durante la Nakba per la Pulizia Etnica della Palestina.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Gli Stati Uniti e il «capitalismo fascista»

Siamo dentro a una nuova accumulazione primitiva, a un nuovo ciclo strategico innescato da Trump.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Dieci giorni di fuoco. Una cronaca della rivolta in Nepal

In Nepal, gli ultimi dieci giorni hanno scompaginato lo scenario politico. A quasi vent’anni dalla rivoluzione che aveva deposto la monarchia, il sistema politico nepalese consolidato è entrato in una forte crisi di legittimità.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

American Primeval

Dell’omicidio di Charlie Kirk e del suo presunto esecutore Tyler Robinson si sta parlando ampiamente.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

America Latina, “la guerra secondaria”

Nel 2025, la competizione globale per i minerali essenziali – terre rare, litio, cobalto – e per le fonti energetiche – petrolio, gas, energie rinnovabili – sta riconfigurando il potere globale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La questione della Palestina nel mondo di lingua cinese

Nell’ottobre 2023, con l’operazione “Diluvio di al-Aqsa” lanciata da Hamas e la brutale risposta di Israele, il movimento di solidarietà con la Palestina è ricomparso in Cina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cina: dallo SCO alla parata militare a Pechino

Riprendiamo due interviste da Radio Onda Rossa e Radio Blackout che fanno il punto della situazione dopo i due eventi che hanno visto protagonista Pechino.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Haiti: Trump invade la nazione haitiana con mercenari di Erik Prince

Erik Prince, fondatore della compagnia di mercenari privata Blackwater e forte alleato politico di Donald Trump, ha firmato un accordo di 10 anni con il governo di Haiti (sotto tutela degli USA) per combattere le bande criminali che lo stesso regime americano ha promosso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’ancora di salvezza degli Stati Uniti maschera la caduta libera dell’economia israeliana

L’Ufficio Centrale di Statistica israeliano ha riferito che l’economia, già in costante stato di contrazione, si è contratta di un ulteriore 3,5% tra aprile e giugno.