Cosa sta succedendo nelle università albanesi?
In questi giorni l’Albania è scossa da un’ondata di proteste studentesche su scala nazionale.
Le radici di questa mobilitazione sono profonde: l’università pubblica, come tutto il servizio pubblico albanese, è vessata da una corruzione dilagante, che sperpera risorse e appiattisce verso il basso la qualità sia delle strutture che della didattica. Non solo, lo spreco sistematico di risorse tiene alte le tasse di iscrizione, senza nemmeno garantire una qualità corrispondente di didattica. Nonostante una qualità superiore, le università private sono perfino più costose, diventando di fatto insostenibili. La situazione è aggravata dalla presenza di forti disuguaglianze sociali, che rendono di fatto inaccessibile l’istruzione universitaria alle classi meno abbienti. Schiacciati nella non-scelta tra un’istruzione di qualità a prezzi insostenibili e un’istruzione scadente ma costosa, molti giovani decidono di abbandonare gli studi o di emigrare per proseguire il percorso formativo all’estero.
Il Governo del Partito Socialista, eletto per due mandati consecutivi proprio sulla base di un programma anti-corruzione, non è riuscito a far fronte ai problemi di iniquità sociale, di corruzione e di inadeguatezza didattica, il tutto inserito in un quadro generale di crisi economica e crescita della disoccupazione che aggrava le condizioni della maggioranza della popolazione.
In questo contesto, il malcontento degli studenti universitari è deflagrato, in modo auto-organizzato e apartitico. Gli studenti hanno redatto otto punti di rivendicazione e hanno affermato sin da subito di non essere disposti a negoziare le loro istanze, con rabbia e decisione. I temi principali sono la richiesta di rifinanziamento delle università e più in generale di ogni grado dell’istruzione pubblica; un sostanziale abbassamento delle tasse universitarie; il contenimento del costo dei libri e degli alloggi per favorire la mobilità studentesca e i fuori sede; una didattica di qualità, sostenuta da delle infrastrutture adeguate, non più qualitativamente inferiori rispetto agli istituti privati; un aumento del peso politico e decisionale degli studenti all’interno delle istituzioni degli atenei e nelle singole facoltà, compresa la possibilità di poter partecipare alle elezioni dei rettori.
Le proteste si stanno susseguendo senza sosta ormai da una settimana con boicottaggi continui delle lezioni, blocchi stradali, cortei e presidi partecipati in massa in molteplici città, e specialmente nella capitale Tirana, invasa da studenti di tutto il paese. La caparbietà della lotta ha costretto il governo, messo alle strette, all’apertura di un tavolo di trattativa. Gli studenti però, scesi ieri irriducibilmente in piazza con rappresentanze da ogni facoltà e con la solidarietà degli studenti liceali, hanno affermato nuovamente la loro volontà di non voler sedere al tavolo delle istituzioni negando la possibilità di compromessi, continuando a oltranza le rivendicazioni con presidi, cortei e blocchi, fino alla conquista di tutti gli obiettivi. Oltre ai punti principali e inerenti l’istruzione, progressivamente vengono portate in piazza istanze a sostegno dei lavoratori, di un’innalzamento della qualità della vita, e per la risoluzione del problema abitativo, delle periferie e delle zone rurali. Gli slogan urlati mettono in chiaro che la scuola e gli ambienti sociali sono di chi li vive e non possono essere diretti dall’alto, che l’istruzione non è e non può essere un business per privati a favore di pochi, ma un diritto garantito a chiunque.
La protesta non si muove solo contro il governo del Partito Socialista e contro l’attuale stato in cui versa l’istruzione ma contro l’intero spettro partitico e parlamentare che invariabilmente sostiene l’interesse dei pochi – emblematico che uno dei collettivi organizzatori delle proteste abbia denunciato l’aggressione fatta a 12 manifestanti, quasi tutte ragazze, da parte di esponenti del Partito Democratico, partito di opposizione di destra. La protesta si sta quindi allargando verso un’analisi dei rapporti di forza vigenti all’interno dell’intera società albanese e una critica radicale del modello di sviluppo esistente, iniquo in ogni aspetto sociale e culturale. Gli studenti promettono che non faranno un passo indietro fino a che le rivendicazioni non saranno accettate per intero.
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