La “Buona scuola” fatta dai supermercati: Il Fundraising
Fund raising non è solo raccolta fondi. “To raise”, infatti, in inglese, significa anche crescere, coltivare, sorgere. Possiamo quindi pensare al Fund raising come a quell’insieme di azioni che ci permettono di raccogliere i fondi necessari a sostenere un progetto o un’associazione, ma che vedono nella raccolta fondi vera e propria solo l’ultimo passaggio di una lunga catena di azioni strategiche messe in atto da privati cittadini, aziende e associazioni, piccola o grande che siano.
L’organizzazione volontaria di sostegno alla scuola è stata stravolta dallo zampino di una governance sempre più disinteressata dal finanziare la scuola pubblica.
Già da qualche anno la grande distribuzione (Esselunga, Conad, Coop, Lidl, Gruppo Selex, Famila) ha siglato dei patti con le scuole, soparttutto pubbliche per entrare a far parte di questi progetti di fundrising. Oltre al catalogo dei “premi” che le persone possono ricevere grazie alla classica raccolta punti, si possono trovare materiali didattici da destinare alle scuole come risme per la stampante, pennarelli, lavagne multimediali ecc.
Un ottimo modo dal punto di vista delle aziende per indirizzare, se ancora ce ne fosse bisogno, le milioni di famiglie a varcare la soglia di un supermercato anziché un altro. Del resto a chi non sta a cuore la scuola del proprio figlio/glia, e poi con i tagli che non accennano a diminuire, quale momento migliore per entrare a gamba tesa su un bisogno così reale. Oltre al contributo volontario delle famiglie ecco servito, come dicevamo già da qualche anno, un sostegno in più alla sgangherata scuola pubblica italiana.
Non ultima la catena Mc Donald’s, la quale si appresta a correre a scuola con la giustifica del Governo.
La campagna dal titolo «Punti che contano» (che fa parte del progetto «McDonald’s premia la scuola», sviluppato lungo i sei mesi di Expo 2015, con un montepremi complessivo di 250mila euro) chiedeva di votare, su un’apposita pagina web, la propria scuola, con la possibilità di assegnarle una quantità di punti proporzionale alla spesa effettuata in un qualunque ristorante McDonald’s. «Ogni euro speso vale un punto. Hai tanti punti a disposizione quanti euro di spesa hai effettuato», l’indicazione. Secondo la multinazionale, il concorso ha coinvolto 2mila istituti. «Le prime classificate in ogni regione italiana si sono aggiudicate un kit didattico e tecnologico del valore di 8.000 euro. Altri venti istituti, selezionati attraverso un’estrazione che ne ha individuato uno per regione, hanno ricevuto strumenti per un valore di 2.000 euro», si legge in una nota.
Qui il danno è doppio, in quanto gli studenti vengono spinti ulteriormente al consumo di un certo cibo che certo non si annovera nella lista di una alimentazione sana.
Alcune riflessioni del Coordinamento Genitori e Insegnanti IC Statale Don Orione di Milano:
Non importa che la Buona Scuola non sia in grado di soddisfare le esigenze della scuola italiana. Non importa, perché tutto ciò che le occorre, dai computer ai tablet alle lavagne elettroniche, a tutti gli annessi e connessi li fornisce la grande distribuzione.
Il meccanismo è semplice. Da alcune settimane le cassiere del super ci consegnano un buono ricordandoci di consegnarlo alla segreteria della nostra scuola. “Per i nostri figli”, veniamo ammoniti. La Scuola li raccoglie e a scadenza richiede, in base ai punti raccolti, la consegna dei beni. Ovviamente più si spende, più punti si raccolgono. E ovviamente più punti, più “regali”.
La grande distribuzione sa cogliere perfettamente le esigenze dei consumatori e ha ben compreso che la Scuola, al di là della retorica e dei proclami ministeriali, ha necessità di beni e servizi che l’amministrazione non sembra in grado di fornire ed erogare. Anche, soprattutto, quelli essenziali. E per questo si è attrezzata in grande stile.
Non si tratta più dell’iniziativa spontanea di sparuti genitori che si prodigano nella raccolta e offrono alla scuola il frutto di tanto impegno. Oggi sono le stesse scuole, i Dirigenti, che invitano i genitori a fare la spesa in alcuni supermercati e a consegnare i bollini e i buoni ai referenti di plesso o ad inserirli nei contenitori predisposti all’ingresso delle scuole. Con o senza l’approvazione del Consiglio di Istituto. L’invito lo abbiamo trovato nei diari dei nostri figli, lo ritroviamo sui siti istituzionali di numerosissimi istituti (alla data odierna Esselunga segnala che sono 6643 le scuole che hanno aderito all’iniziativa). Quegli stessi Dirigenti che negli ultimi dieci anni non hanno osato proferire parola quando venivano sottratti alle scuola sette miliardi di euro, che hanno assistito passivamente alla distruzione del tempo pieno, che non hanno osato indignarsi, leali impiegati ministeriali, quando il Ministero non erogava le necessarie ore di sostegno, quegli stessi Dirigenti ora invocano impegno e devozione delle famiglie nella raccolta dei bollini. Ci chiedono di abbandonare il mercato di zona, la panetteria sotto casa, il salumiere della via accanto e di recarci a fare la spesa alla Coop, all’Esselunga, al Conad. Con i loro bollini la scuola potrà finalmente dotarsi di quegli strumenti che l’Amministrazione lesina, impegnata ad applicare, nel diffuso silenzio ed disinteresse di una parte non trascurabile del mondo della Scuola, delle famiglie, della politica, i tagli previsti dalla spending review.
Le famiglie degli studenti diventano oggetto di campagne pubblicitarie e di fidelizzazione. Il diritto costituzionalmente garantito all’istruzione diventa il veicolo per la trasformazione delle famiglie in fedeli consumatrici. Il ricatto del contributo “volontario” non è più sufficiente per soddisfare le esigenze primarie.
E in effetti i cataloghi delle due catene sono ricchissimi. Non manca nulla, dalla “confezione di forbicine creative” alla “chitarra acustica base per principianti”, dalla “Tv a led a 48 pollici” alla “multifunzione a colori che permette di stampare, fotocopiare, fare scansioni ed inviare fax”, dal “set di cuffie con microfono” allo “scheletro umano su piedistallo con ruote”.
Insomma, tutto quello che occorre per allestire un’aula informatica, per dotare di cancelleria la scuola, per attrezzare l’aula “intrattenimento”, di scienze, di lingue straniere.
Ma quanti bollini servono per richiedere un bene in catalogo? Quanta spesa occorre fare per elemosinare un computer per la nostra Scuola? Abbiamo fatto una veloce verifica confrontando due cataloghi.
All’Esselunga la cassiera consegna un buono ogni 25 euro di spesa. Per ricevere un “DELL – NOTEBOOK 15″ INTEL I3 Modello Vostro 15 3558” occorrono 1200 buoni che si ottengono con 30.000 euro di spesa. Sul sito Dell Outlet questa macchina è acquistabile a 295 sterline (pari a circa 400 euro) iva esclusa.
Alla Coop Lombardia la cassiera consegna un bollino ogni 10 euro di spesa. Per ricevere un “ACER-Travelmate P256 i3” occorrono 4800 bollini che si ottengono con 48.000 eur di spesa. Sul web questa macchina è acquistabile a circa 400 euro iva inclusa (non riusciamo ad essere più precisi poiché il catalogo non precisa il modello).
Basta un semplice calcolo per verificare che il rapporto tra il valore del prodotto e l’importo della spesa necessario per ottenere il premio è mediamente dell’1%.
A coloro che mantengono dubbi e perplessità su questo genere di iniziative, ai disfattisti, ai vetero-moralisti, a coloro che ancora credono che la Scuola debba essere territorio franco dagli attacchi della pubblicità e, oseremmo dire, del mercato, chiediamo di non consegnare alle scuole i bollini e di conferirli nella differenziata, di verificare se l’iniziativa è stata approvata dal Consiglio di Istituto, di richiedere ai Dirigenti di rimuovere il materiale pubblicitario dagli ambienti scolastici, di denunciare la volgarità dell’iniziativa. Di cambiare supermercato.
A coloro che invece credono nel valore dell’elemosina, vogliamo essere d’aiuto. Consultando i cataloghi ci siamo accorti della mancanza di un bene essenziale, di prima necessità, che in moltissime scuole sembra introvabile: la carta igienica. Ci piacerebbe che a partire dalla prossima campagna Coop, Esselunga, Conad (ma non vorremmo fare torto a nessuno, ci scusiamo con chi non abbiamo citato) aggiungano il raro bene al proprio catalogo. Ai Dirigenti, agli insegnati, ai genitori che credono nella buona Scuola e che tanto si stanno impegnando nella raccolta dei bollini chiediamo di fare massa critica e di battersi per l’integrazione di questo bene essenziale nei cataloghi del supermercato di fiducia.
Leggi anche “Supermercati per le scuole: come uccidere il fundraising facendo bella figura. Grazie al Miur”
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