La primavera di lotta degli studenti canadesi
Cominciamo ripercorrendo le tappe fondamentali dell’ultimo mese di mobilitazione. Il 7 marzo un migliaio di studenti hanno assediato ed occupato la sede della CREPUQ , l’organizzazione rappresentativa dei rettori (qualcosa di simile alla nostrana CRUI). La polizia ha caricato i manifestanti arrestandone cinque, ferendone alcune decine e causando la perdita dell’occhio destro di uno studente colpito da una granata stordente.
Guarda il video delle cariche della polizia
Anche grazie a questo episodio, la protesta studentesca ha trovato uno spazio di espressione nell’annuale manifestazione contro la brutalità della polizia, che si è svolta la settimana successiva. Il successivo appuntamento del 22 Marzo a Montréal ha superato le aspettative richiamando oltre 200mila studenti da tutto il Quebec che hanno bloccato il centro cittadino ed il porto – il maggiore scalo commerciale del Canada. Il governo sperava che questa manifestazione rappresentasse l’ultimo atto della protesta studentesca, ma in realtà sembra diverso il dato che giunge dalle piazze e dalle facoltà. Si può utilizzare come parametro una particolarità del Quebec: a differenza di quasi tutti gli scioperi passati, in questa mobilitazione si trovano uniti nella lotta sia gli studenti della università francofone (storicamente più attivi) che quelli delle università anglofone. Gli studenti, forti dei numeri del 22 e delle oltre 308mila adesioni allo sciopero (con il blocco dei corsi e delle attività accademiche) che dura da settimane, hanno rilanciato la mobilitazione con delle iniziative diffuse di blocco dei centri chiave dell’economia, dell’amministrazione dello stato e davanti alla casa del primo ministro del Quebec Jean Charest.
Guarda il video della grande manifestazione di Montrèal
Questa grande mobilitazione, quindi il suo ciclo di lotte, nasce dal tentativo del governo locale di aumentare del 75% circa le tasse universitarie che passerebbero dagli attuali 2200$ a 3800$. E’ dal 2010 che il governo promette questo aumento, ma ha sempre rimandato per via delle proteste studentesche; ora, complice la retorica dell’austerity, vuole imporre la sua decisione con maggiore fermezza. In questo stato del Quebec le tasse per l’accesso all’istruzione tradizionalmente sono le più basse di tutto il Canada ed è sempre viva la memoria degli scioperi studenteschi che hanno osteggiato ogni tentativo del governo di smantellare l’università pubblica negli ultimi 30 anni. In realtà il progetto del governo sembra essere più complesso e va nella direzione di favorire l’influenza dei privati, l’esclusione dall’università degli studenti con reddito minore, la diffusione del debito per gli altri. Ci sono un paio di elementi interessanti, tra gli altri, che presentano curiose analogie con il caso italiano della riforma Gelmini e della sua retorica.
C’è quell’idea per cui lo studente non è altro che l’imprenditore del proprio capitale-umano da valorizzare al meglio per potersi spendere sul mercato del lavoro; un processo che si basa sulla nostra capacità soggettiva di pensarci come tali e di saper, da bravi imprenditori, scegliere i corsi “giusti” ed ottimizzare i tempi, inseguendo quei feticci del merito e della ‘creatività’ costruiti ad hoc dalla forma impresa per estrarre valore dalle nostre capacità umane. Quindi è giusto pagare molto per avere un’istruzione universitaria, perché con questa si guadagnerà (dicono loro) molto.
C’è poi la fregatura, quella del debito. Il governo del Quebec sostiene che l’aumento delle tasse non influirà sull’accesso all’università perché i maggiori introiti saranno utilizzati per ampliare il sistema di debito per gli studenti che passa attraverso le banche. Lo stesso specchietto per le allodole che viene agitato dai governi della nostra Italietta, chiamandolo però prestito d’onore. Quindi gli studenti si trovano a pagare le tasse maggiorate ed a dover ripianare il debito con i primi stipendi.
Dati alla mano, queste riforme più che una necessità economica sono vere e proprie decisioni politiche che affondano le loro radici in quell’ideologia liberista che diventa tanto più arrogante quanto più il sistema da essa plasmato dimostra di essere in crisi.
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