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‘Sin justicia no habrà paz’. Gli studenti cileni non si fermano

Un copione già visto ha distribuito le parti all’interno di una giornata che, pur nella impasse ormai ampiamente verificata della mobilitazione, dimostra l’inesattezza delle speranze del governo: il movimento è ancora forte e per nulla vicino alla sua disfatta. Il corteo indetto dai sindacati universitari, partito verso le 11 dall’Universidad de Santiago, ha bloccato la Alameda (arteria principale del paese) con una fiumana di oltre 180.000 persone. Come di consueto alla fine della manifestazione Camila Vallejo, presidenta della CONFECH, ha vestito i suoi panni di negoziatrice, dichiarando che “oggi abbiamo preso nuovamente le strade, non per distruggerle, ma per costruire qualcosa di nuovo”. Un discorso già sentito che suona come una rassicurazione a media e governo sul ruolo di pacificazione che sta svolgendo il sindacato, e che puzza di presa di distanza da quelle frange di movimento che continuano a praticare un livello di conflitto che va ben oltre le dichiarazioni televisive.

Ma verso le 13, a comizio concluso, gli studenti decidono di non tornare a casa. In tutti gli angoli del Parque Almagro si innalzano barricate. I carabineros, solleciti, caricano la piazza con getti di acqua urticante e gas lacrimogeni. I capucha reagiscono con il lancio di alcune bottiglie molotov e una sfrontatezza che di marcha in marcha va accumulandosi nella loro collettiva capacità di tenuta della piazza. Da sopra un carro lancia-acqua un ragazzo gira l’idrante verso gli agenti a terra, mentre una parte del corteo decide di ricalcare quel Paseo Bulnès che poco più di un mese fa era già stato teatro di duri scontri con le forze speciali di polizia. È la strada più breve per andare ad assediare il palazzo presidenziale della Moneda.

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