Atene. Operazione Zeus Xenio: il pogrom dell’austerità
Horror show propagandistico a parte, l’operazione Zeus Xenio tutto sembra tranne che un episodio straordinario, un’anomalia circoscritta, un gap improvviso nel “regolare e democratico” corso della gestione dei flussi migratori. Al contrario la disinvoltura politica con cui si sta gestendo l’operazione, il non voler dare conto ai reclami delle opposizioni da parte delle autorità, l’ostinarsi a ripetere che ora il problema è capire se dare ragione o meno ai comitati dei paesi della Tracia che non vogliono nei propri centri di detenzione i migranti da poco catturati, dà il segno della traiettoria che percorrono le istituzioni della crisi ed in crisi. C’è un punto di non ritorno da cui prende le mosse questa direzione: le Olimpiadi d’Atene del 2004. Quell’orgia di quattrini e di speculazione che per produrre la bolla, presto scoppiata, del settore dei servizi ha avuto bisogno di spremere fino all’ultima fibra muscolare il lavoro migrante, pagato una miseria ed oggi espulso e\o irregimentato al punto di sprofondare in carcere, sulla linea del genere e del colore della pelle, donne migranti ammalate di AIDS con l’accusa di attentato alla salute pubblica. Come garantirsi altrimenti che oggi chi si asciuga la fronte sudata nei campi, nelle fabbriche e nei capannoni degli indotti dei porti dell’Egeo, o sui marciapiedi accetti, mansueto e docile, una scatoletta di tonno e una mela come retribuzione del lavoro svolto?
Se è vero che l’operazione Zeus Xenio in superficie riequilibra i consensi a destra del sistema dei partiti, nel profondo, ed è quello che dovrebbe interessare di più, è parte del modo con cui la crisi e l’austerità oggi riorganizza la produzione e riproduzione sociale, ed Alba Dorata qui non fa la parte del protagonista piuttosto del sintomo politico. E non c’è “fronte democratico” nel parlamento che tenga alla violenza e durezza di questo processo agito dall’alto contro i lavoratori e le lavoratrici migranti. Come convengono diversi attivisti e avvocati antirazzisti con cui abbiamo discusso in queste ore la questione oggi ripropone il problema dell’assenza o dell’insufficienza di processi di organizzazione delle forme di insubordinazione e resistenza del lavoro migrante in questi ultimi anni. Se l’attacco è così forte oggi, mostra il vuoto parziale di forme ricompositive politiche e sociali delle lotte migranti nella ricco spettro della conflittualità dei movimenti in Grecia del recente passato.
L’operazione Zeus Xenio mentre va avanti nelle strade d’Atene fino alle frontiere con la Turchia segnate dal fiume Evros diventa una moneta di scambio con la Troika e soprattuto con la UE e i gettiti di credito che questi hanno promesso per settembre. I porti e le frontiere italiane in queste settimane non saranno attraversati da uomini e donne che hanno atteso il momento sbagliato per provare a lasciarsi alle spalle anche Atene, e c’è da credere che vista l’efficienza delle autorità greche sarà l’Italia ad espellere ad est e fare spazio nei propri CIE per altri migranti senza documenti. E’ il pogrom dell’austerità, atroce tentativo da parte delle elites neoliberiste di far anticipare e bruciare dalle istituzioni le straordinarie forme di solidarietà e mutualismo, di sperimentazioni di autorganizzazione meticcia delle lotte contro la crisi che da mesi si intrecciano nel Mar Mediterraneo. Nella Fortezza Europa la crisi avanza anche così, con questo carico inaudito (ad oggi) di violenza, e pone ai movimenti l’urgenza di continuare a moltiplicare spazi transnazionali di lotta e organizzazione, di iniziativa comune contro la crisi. Visto da qui, il pogrom dell’austerità si batte contro e al di là delle frontiere della Fortezza Europa, si batte a partire da quello spazio e da quella libertà mediterranea per cui milioni di uomini e donne sono disposti a rischiare la vita
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