
Donne. Crisi. Debito.

“… pochi possidenti, molti  posseduti; pochi giudicano, molti sono giudicati; pochi quelli che  consumano, molti sono consumati; pochi gli sviluppati, molti i travolti.  E i pochi, sempre meno. I molti, sempre più: in ogni paese e nel mondo…  cinque secoli fa, il 12 ottobre 1492, nacque un sistema che ha  mondializzato lo scambio ineguale e ha fissato un prezzo al pianeta e al  genere umano. Da allora trasforma in fame e denaro tutto ciò che tocca.  Per vivere, per sopravvivere, ha bisogno dell’organizzazione diseguale  del mondo…”
 
Eduardo Galeano
L’8 marzo  del 2011 la prima grande manifestazione in cui debito e sviluppo sono  finalmente posti come fattori determinanti per la condizione e il lavoro  femminile, in un momento in cui, per citare Dalla Costa, le donne,  responsabili storiche della riproduzione, divengono punte avanzate di  denuncia, iniziativa, contrapposizione.
 Una forza trainante che porta all’incontro di Atene del maggio 2011, il  cui focus è sulle conseguenze della crisi del debito sulla vita  quotidiana delle donne e che culmina con il meeting internazionale di  Tessalonica, a sancire la nascita ufficiale della rete Donne contro il  debito e le misure di austerità.
Abbiamo raccolto e discusso gli interventi di Sofia Sakorafa, deputata indipendente eletta ad Atene per il Pasok che si è più volte rifiutata di votare il piano di tagli imposti alla Grecia e che ha lucidamente denunciato come le misure di austerità lasceranno dietro di sé solo rovine, compiendo il piano franco-tedesco non tanto delle “due Europe” quanto piuttosto di veri e propri protettorati in alcune zone dell’area euro; di Maria Lucia Fattorelli, brasiliana, rappresentante della Commissione di controllo del debito dell’Ecuador e del Brasile, nonché parlamentare, che ha sottolineato come siano fabbricate e messe consapevolmente in circolazione vere e proprie menzogne tendenti a dimostrare come l’unica via d’uscita per la crisi del debito, a cominciare dalla Grecia, risieda nel sottostare alle imposizioni del Fondo Monetario Internazionale e dell’Unione Europea; e infine il contributo di Sonia Mitralis, rappresentante sindacale degli insegnanti, che ha con forza evidenziato come a fronte di iniziative costantemente difensive, siano state per prime le donne, in Grecia, in quanto per prime attaccate dalla crisi attuale, a dare impulso ai movimenti di lotta contro il debito, movimenti che si pongono come autenticamente sociali e di base.
Vi proponiamo quindi, dopo averla  tradotta, appunto un’intervista a Sonia Mitralis, datata 13 novembre, e  pubblicata sul sito della rete Donne contro il Debito, dal titolo  indicativo ed evocativo: “L’urgenza di un movimento indipendente di  donne contro il debito e le misure di austerità”.
 Vi segnaliamo, prima di lasciarvi alla lettura, alcuni passaggi che  consideriamo nodali anche perché si tratta di temi su cui le femministe,  storiche, sociologhe ed economiste, hanno e stanno discutendo molto, il  gruppo di Medea compreso: la questione della gratuità, o meno, del  lavoro domestico svolto dalle donne, il legame tra crisi, sessismo e  abuso del corpo delle donne, ed infine la consequenzialità necessaria  tra politiche neoliberiste e ritorno della donna a casa…in particolare  su quest’ultimo aspetto il dibattito è forte: legame in due tempi o  piuttosto necessaria premessa di ogni politica neoliberista?
A seguire, alcuni riferimenti per approfondimenti, letture, analisi:
 Quaderni Viola, n.4 Sebben che siamo donne, Ed. Alegre 2011
 AA.VV. Donne e politiche del debito, Franco Angeli 1995
 www.cadtm.org
L’intevista a Sonia Mitralis:
Perché un movimento indipendente di donne contro il debito e le misure di austerità in Grecia?
 Ebbene, perché la crisi del debito e le misure di austerità che ne  risultano di conseguenza impattano con estrema priorità sulle donne, in  ogni aspetto della nostra vita. Allora, se noi donne non ci  autorganizziamo per resistere, nessun altro lo farà al nostro posto…
E quindi, perché affermare che  la crisi del debito e le misure di austerità connesse impattano  specialmente e in tutta priorità sulle donne?
 È perché l’austerità neoliberista al tempo della crisi del debito mira  del tutto specificatamente contro ciò che resta dello Stato Sociale e  dei servizi pubblici. Attraverso la demolizione o la privatizzazione dei  servizi pubblici, lo Stato si sbarazza dei suoi obblighi di protezione  sociale che aveva assunto nei confronti diretti dei cittadini e delle  cittadine per trasferirli, nuovamente, sulla famiglia. È così che la  cura dei bambini, dei malati, delle persone anziane e non  autosufficienti e persino dei giovani in condizione di povertà e  disoccupati, passa dalla responsabilità dello Stato a quella della  famiglia, e questo accade, in più, in modo completamente gratuito!
 D’altro canto, la nozione di famiglia è generale ed astratta. In realtà,  e tutti lo sanno, all’interno della famiglia sono le donne che portano  quasi esclusivamente il carico – e senza che esse siano in alcun modo  remunerate – di tutti quegli obblighi sociali fondamentali dello Stato.
 Allora, con una sola pietra si mettono a segno due colpi: da un lato lo  Stato neoliberista si sbarazza definitivamente dei suoi obblighi sociali  deficitari, che, si dice, causano i deficit e quindi il debito  pubblico, e dall’altro ci obbliga ad assumerceli da noi stesse lavorando  in modo totalmente gratuito.
In altri termini, le donne sono contrarie a sostituirsi o piuttosto a rimpiazzare lo Stato Sociale.
 Si, ma c’è di più di questo. Noi siamo il bersaglio di tutte queste  politiche di austerità per una ragione supplementare, che non è altro  che il rovescio della medaglia rispetto al discorso di prima: noi siamo  toccate per prime anche dai licenziamenti di massa che accompagnano lo  smantellamento o la privatizzazione dei servici pubblici di protezione  sociale da ogni parte, per la semplice ragione che noi donne costituiamo  la grande maggioranza dei lavoratori salariati di questi settori.
 La conclusione è semplice e riguarda centinaia di migliaia di dipendenti  nel nostro paese: non soltanto noi siamo le prime ad essere licenziate  senza assolutamente alcuna speranza di riassunzione, soprattutto se   siamo madri o in età procreativa. Non soltanto noi rimaniamo in massa  disoccupate, soprattutto le giovani che non hanno alcun avvenire  professionale. Non soltanto noi donne siamo condannate alla povertà e  alla precarietà, ma in più a noi toccano dei compiti e dei lavori che  appartengono allo Stato, con tutto quello che ciò implica a livello di  fatica, stress, invecchiamento precoce, lavoro non pagato, spese  supplementari comprese.
Si, ma ci sono anche quelli che  dicono, come d’altra parte fa la Chiesa, che in questo modo la donna  ritorna alla sua vera missione, che consiste nel consacrarsi alla casa,  alla famiglia.
 Certo, non soltanto lo dicono ma lo gridano forte e chiaro perché hanno  bisogno che la loro politica inumana fatta di Memorandum abbia una  copertura ideologica! Si tratta di una propaganda al ribasso che fa  ricorso ai più sessisti e reazionari luoghi comuni, utili a coprire la  ferocia della politica neoliberista.
 D’altra parte, si assiste oggi a un evento apparentemente paradossale:  l’alleanza tra le nuovissime politiche capitaliste, vale a dire la  violenza delle politiche di austerità, e i fautori di teorie  oscurantiste che appartengono a un’altra epoca e che vogliono  persuaderci che è la natura della donna a imporle d’essere richiusa in  casa al fine di occuparsi esclusivamente dei suoi compiti, vale a dire  madre e/o sposa nella famiglia.
 Si tratta del matrimonio tra i Memorandum del Fondo Monetario  Internazionale e della Commissione Europea, che vogliono e pretendono di  modernizzarci, con i bastioni fondanti del patriarcato, nella sua veste  più anacronistica e misogina, ossia Chiesa ed estrema destra.
Si tratta soltanto di propaganda o vi son conseguenze pratiche per le donne?
 Certo, non si tratta solo di propaganda o di teorie. Il peggio è che noi  assistiamo a conseguenze catastrofiche molto concrete per la nostra  vita quotidiana. Per parlar chiaro, tutto questo tornare indietro, verso  un passato lontano è accompagnato da misure che mirano a togliere alle  donne diritti e conquiste ottenuti grazie alle lotte degli ultimi  decenni.
 La sacra alleanza tra Capitalismo e Patriarcato abolisce di fatto il  nostro diritto al lavoro e quindi all’indipendenza economica. Ci  costringe di nuovo a una vita senza autonomia e senza diritto a  scegliere.
 Ci tratta come schiave gravate di compiti e di funzioni che aveva prima  in carico lo Stato Sociale, e tutto perché, pretestuosamente, questo è  nella “natura” della donna, servire a guisa di giardino d’infanzia, di  ospizio, di ospedale, di ristorante, di lavanderia, di asilo  psichiatrico, di sostegno scolastico e anche di sostegno per i  disoccupati della famiglia.
 E tutto questo totalmente gratis senza alcuna remunerazione, senza il  minimo riconoscimento perché è nel sangue della donna stessa questa  tendenza a sacrificarsi per gli altri avendo come risultato che non ha  più tempo libero per respirare, per occuparsi della propria persona, per  partecipare attivamente alla vita pubblica.
Tutto ciò dovrà del resto costare molto caro alle donne…
 Si, certo. Non è solamente un fatto di tensione quotidiana che costringe  a un logoramento irrimediabile, a un invecchiamento prematuro, è che  tutto questo sessismo intorno alla pretesa natura femminile va di pari  passo con il trattare la donna da essere inferiore, donna il cui corpo è  considerato sempre disponibile e sulla quale è permesso a qualsiasi  uomo di infierire. Non è quindi azzardato considerare come i casi di  violenza contro le donna, già innumerevoli, aumentino e si moltiplichino  nell’epoca del capitalismo dei Memorandum.
 È per tutte queste ragioni, entro altre ancora più numerose, che la  conclusione è semplice: la nostra resistenza contro questa offensiva  agita contro di noi dal governo della Troika e dei Memorandum passa  attraverso la nostra autorganizzazione e lo sviluppo di in movimento  indipendente e autonomo di donne contro il debito e contro l’austerità.
 E questo non solamente perché nessun altro può farlo al nostro posto, ma  anche perché Capitalismo e Patriarcato sono talmente imbrigliati l’uno  con l’altro che ogni forma di lotta contro uno solo di questi tiranni  sarà inutile se non sarà ugualmente condotta anche contro l’altro.
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