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La vendetta della Troika si abbatte sulla Grecia: via al Terzo Memorandum

Una mossa trionfalmente inutile, se si considera il profondo malcontento suscitato dalle decisioni di Tsipras in patria (e non solo) che aveva già evidenziato la pericolosa debolezza del blocco parlamentare di Syriza, soprattutto dovuto all’irrigidimento della minoranza interna; si pongono così le basi per un possibile rimpasto del governo su posizioni più concilianti con la Troika e perfino per un cambio di maggioranza (vedremo cosa succederà nell’approvazione al Parlamento greco di quanto statuito dalle ultime 17 ore di Eurosummit).

Ad essere azzannata è la politica condotta da Tsipras nel porsi all’interno dello scacchiere continentale alla ricerca di una mediazione impossibile. Politica la quale, dapprima raffigurata come affronto ai margini di potere discrezionale della finanza, è giunta a essere denigrata e apertamente rigettata, con il rancore dei creditori che porta a un ulteriore, durissimo avvitamento dell’austerity.

Le condizioni poste dagli aguzzini della Grecia bypassando lo stesso parlamento tedesco tramite paper informali (permettendosi anche il lusso di liquidare come “insufficienti” le ultime concessioni di Tsipras le quali riprendevano, in taluni punti, e talvolta addirittura peggiorandole, le richieste avanzate dalla Troika alla vigilia del referendum), condizioni presenti nella bozza iniziale dell’Eurosummit, sono state scioccanti e oltraggiose. Si pretendeva il trasferimento di 50 miliardi di asset nazionali greci in un fondo lussemburghese controllato dalla banca Kfw, diretta dallo stesso Schauble e codiretta dal leader del partito socialdemocratico tedesco e vicepremier Sigmar Gabriel. Un’istituzione oltretutto famosa per aver trasferito 300 milioni di euro alla Lehmann Brothers il giorno del fallimento di quest’ultima nel 2008, evento inaugurale della crisi che tuttora il mondo sta scontando.

E’ il modus operandi di un capitalismo liberale la cui natura di irresponsabilità, predazione e violenza, già sperimentata da centinaia di precari, operai e sfrattati, in Grecia come nel nostro paese, ormai agisce a volto scoperto – in un’ultima, unica e paradossale differenza rispetto alla criminalità organizzata.

E ancora: tagli automatici ai servizi qualora non venissero rispettati gli obiettivi di bilancio, implementazione pressoché immediata delle riforme, commissariamento di fatto del governo ellenico, ritorno dell’FMI. Voci circolate con insistenza nella notte, che poi lo stesso FMI è stato costretto a smentire, davano come precondizione per la ripresa degli aiuti il ritorno a nuove elezioni o l’instaurazione di un governo tecnico. Il monito di fondo dell’ Eurosummit è “lacrime e sangue, a prescindere”. Politicamente,la linea è che non ci può essere negoziazione sul debito senza che il completo assetto istituzionale ellenico sia determinato dalla Troika, con buona pace della rappresentanza per quanto anche quest’ultima sia incline a instaurare una dialettica che Merkel, BCE e FMI non intendono più aprire.

Una catena di ricatti che ha scatenato un’enorme ondata di indignazione e rabbia in Grecia e nel mondo. In rete non mancati gli appelli a Tsipras a ritirarsi dalla seduta notturna dell’Eurogruppo, anche su twitter con #TsiprasLeaveEUSummit e #ThisIsACoup (“questo è un golpe”) divenuto trending topic prima in Grecia, poi in Germania ed infine a livello globale. La costruzione sociale europea ne è rimasta tutt’altro che indenne. Come “golpe” veniva infatti a delinearsi non solo quello operato dall’UE verso la sovranità del paese mediterraneo; ma anche quello di sigle tecnocratiche e finanziarie (e in parte della stessa Germania, percepita come monolite insensibile) verso la sovranità, per quanto declinata su un piano di democrazia puramente formale e rappresentativa, della stessa architettura comunitaria.

Dal risentimento verso le banche tedesche fallite salvate (al pari di tutte le altre dell’eurozona) grazie alle fiumane di denaro arrivate dalla BCE mentre negli ospedali pubblici greci mancavano i medicinali di base, a scene di genuina rabbia e auspici rivoluzionari (registrati persino dall’informazione embedded di RaiNews) nelle strade di Atene, l’atto di forza di Schauble ha innescato una miccia di cui nelle prossime ore si vedranno gli esiti.

Da una parte c’è la votazione entro mercoledì delle misure uscite dall’Eurosummit: istituzione di un fondo sempre di 50 miliardi di euro basato in Grecia ma sotto la supervisione dei creditori e di cui 25 miliardi saranno destinati al ripagamento degli interessi e alla ricapitalizzazione delle banche, 12,5 per abbattere il debito e 12,5  per la crescita; implementazione dei precedenti accordi su privatizzazioni, tasse e mercato del lavoro; controllo dei creditori su tutte le principali decisioni pubbliche. Dall’altra l’esaurimento della liquidità delle banche e la scadenza del 20 luglio, data in cui andrebbe saldata un’importante tranche di rimborsi del debito ellenico.

E’ indubbio che in questi mesi, con epilogo nella settimana referendaria, l’ “effetto Syriza” in qualche modo sia stato quello voluto da gran parte della popolazione greca per provare a respirare. E sentire in qualche modo un alleggerimento almeno psicologico della pressione dell’austerity mista alla mancanza di potere decisionale sulle proprie esistenze. Nondimeno, è chiaro che trasporre un effetto “placebo” alla crudezza del reale (ossia una Troika che continua a permeare gli orizzonti e rendere impossibile la sola immaginazione di un riscatto che la stessa popolazione greca ha voluto sin dal 2008), può avere delle conseguenze nefaste. A cui solo una mobilitazione slegata dai piani del Governo può (potrà?) fare da contrappeso, tanto più dopo gli scossoni interni al partito.

La morale della favola, il miglior modo di riassumere quanto avvenuto e di sperare in evoluzioni positive di quanto è sotto i nostri occhi, sta forse nel riprendere l’arcinoto discorso di Marx ed Engels al Comitato Centrale della Lega dei Comunisti: “Se i democratici proporranno che si regolino i debiti dello stato, allora i proletari proclameranno che lo stato faccia bancarotta”! Nell’auspicio che la popolazione greca, stremata dalla violenza e dalla barbarie del capitalismo made in UE, possa alzarsi in piedi ed opporsi con i propri corpi all’adozione di questo Terzo Memorandum nella stessa maniera con cui si oppose ai primi due..

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