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#9dicembre, blocco totale di Imperia

Un contributo-cronaca sulla giornata di ieri a Imperia.

Iniziamo con il dato materiale. La strana giornata di mobilitazione nazionale è stata straordinariamente partecipata nel piccolo capoluogo di provincia del Ponente ligure. Al corteo di questa mattina hanno infatti partecipato 1.500 persone, un numero elevatissimo considerando le piccole dimensioni di Imperia (40.000 abitanti) e la propensione alla passività tipica dei suoi cittadini.

La composizione del corteo era molto eterogenea: dal pensionato allo studente medio, passando per precari di ogni età, disoccupati, migranti di prima e seconda generazione, lavoratori autonomi sull’orlo del fallimento, operai e dipendenti che non arrivano a fine mese, commercianti costretti alla chiusura, ed anche compagni presenti a titolo individuale. Sarebbe erroneo e, a mio avviso, poco intelligente attribuire una connotazione di destra alla manifestazione, perlomeno qui ad Imperia. Qualche fascistello ci sarà anche stato, ma ha per fortuna evitato di rivendicare il proprio triste credo ideologico (generalmente professato più per moda che per convinzione).

Si potrebbe dire molto a proposito di questa composizione sociale: c’è chi da un lato inorridisce per l’interclassismo che ha unito nella stessa lotta i dipendenti licenziati con l’imprenditore-padroncino della piccola azienda a gestione famigliare – nella maggior parte dei casi indebitata fino al collo, anche questo va detto –, mentre dall’altro lato c’è chi invece scorge un potenziale di ricomposizione tra una classe media sempre più proletarizzata e il proletariato vero e proprio. Io tendo a privilegiare la seconda posizione, perché credo che tutti, seppur con gradi di intensità differenti, subiscono la crisi e soffrono. Meglio agitare gli elementi comuni, piuttosto che lasciarsi separare dalle differenze. Sono stanco delle guerre tra poveri, voglio la guerra del 99% contro l’1%, per dirla con Occupy . Chissà se, poi, a partire da questa omogeneizzazione verso il basso, non si possa innescare un processo di soggettivazione di massa che sappia portare la società tutta alla realizzazione del fatto che una società senza classi è una società felice. Chiaramente, questo è un auspicio.

In realtà, la situazione è molto, molto complessa, profondamente segnata dall’ambivalenza. Ma, per chi vuole praticare una politica materialista, è questo il terreno su cui occorre muoversi ed agire. L’unico terreno possibile.

L’appello alla mobilitazione presenta in effetti tratti molto inquietanti: su tutto, nazionalismo e giustizialismo anti-casta, ma anche lavorismo e meritocrazia. Tratti che, guarda a caso, riscontriamo anche nella retorica becera del Movimento 5 Stelle. In strada, infatti, molti tricolore, slogan anti-casta, più lavoro e morte agli “scrocconi”. Bisogna farci i conti. Ma credo che per farci i conti, bisogna confrontarsi e dialogare, da pari a pari, senza snobismi né eccessive fasciofobie, offrendo prospettive migliori, contrastando argomentazioni che, essendo appunto così semplicistiche, possono sicuramente essere sovvertite. “Sporcarsi le mani”, insomma. In fin dei conti, la ragione di fondo per cui le persone si sono mobilitate è la lotta all’austerity, che tutti condividiamo. Il margine di dialogo quindi c’è, ci deve essere, ed è ampio. Dei tricolore, per quanto ne sia disgustato, cerco di non preoccuparmene più di tanto. Abbiamo visto sventolare bandiere nazionali in tutte le piazze insorgenti del mondo. Le ricadute razziste sono preoccupanti, vero. Ma bisogna anche dire che i migranti hanno iniziato a scendere con noi in piazza, che per i ragazzini delle scuole elementari e medie è normale avere il compagno di banco marocchino o albanese, che la società, volente o nolente, è sempre più meticcia. In molte situazione, inizia finalmente a non esserci più un noi ed un loro, così come quasi non c’è più tra “polentoni” e “terroni”. Certo, ci sono mille problemi e mille difficoltà, ma nessun problema è irrisolvibile così come nessuna difficoltà è insormontabile. Poi… il “que se vayan todos” del 2001 argentino era così diverso dal nostro “tutti a casa” o “vaffanculo”? Io credo di no. L’odio verso la casta è più che comprensibile (anche io la odio!), serve però spiegare che la corruzione al servizio del privilegio è strutturalmente prodotta dal sistema, che è un fattore endemico del capitalismo, non un’anomalia italiota. Appunto, serve spiegarlo. Così come serve spiegare che oggi non è necessario ammazzarsi di lavoro per viver bene. Per l’italiano medio non è facile capirlo, poiché nessuno gliene parla. Forse dovremmo farlo noi, con più enfasi, insistendo sul potenziale liberatorio della tecnologia e sull’efficienza della condivisione piuttosto che della competizione, scardinando così anche la meritocrazia in quanto dispositivo di esclusione differenziale. Oggi più che mai, serve creare egemonia discorsiva. E per farlo, dobbiamo forse iniziare a parlare in modo un po’ populista anche noi, alternando alla raffinatezza d’analisi anche codici comprensibili ai più. Pena, l’autoreferenzialità e l’isolamento.

Veniamo ora a una qualche considerazione sulle dinamiche di mobilitazione. Innanzitutto va detto che il #9dicembre ha espresso, a prescindere dai contenuti, una apprezzabile capacità organizzativa. E’ vero che la spina dorsale costituita degli autotrasportatori “forconi” può aver agevolato l’organizzazione della giornata, è però altrettanto vero che il tam tam sui social network, dai toni molto incazzati e a tratti anche beceri, ha reso possibile il coinvolgimento di numerosissimi altri soggetti, aprendo la mobilitazione ad una partecipazione trasversale. Immaginiamo a cosa si sarebbe potuti arrivare con un lavoro di comunicazione mirato e competente! Il gruppo Facebook di Imperia ha svolto (e continua a svolgere) un ruolo di coordinamento importantissimo, molto più dinamico e, secondo me, più utile delle tradizionali assemblee. E’ stato vitale nella fase pre-mobilitazione, ma soprattutto durante (per gli aggiornamenti, le info sui presidi in allestimento, etc.) e nel post (per condividere foto, impressioni, etc. e per organizzare la giornata seguente). Non si può invece dire lo stesso di Twitter, ancora largamente sottoutilizzato.

Anche in piazza il coordinamento è stato molto buono. In particolare, molto azzeccata la scelta di scomporre quasi subito il corteo in vari presidi e blocchi con il fine di evitare la concentrazione della forza in un unico punto ma dispiegarla per incrementarne l’efficacia. La città intera è andata in tilt, completamente paralizzata. Nel punto di massima, c’erano 10 presidi differenti, tra cui l’occupazione dei binari della stazione ferroviaria e del casello d’entrata dell’autostrada. L’apice emotivo, che pur serve, soprattutto ai processi di soggettivazione, è stato l’assedio al comune, dove la gente ha circondato il palazzo, non esitando ad inveire contro lo Stato “ladro,” esplicitando la propria rabbia contro la politica istituzionale.

Si può infine sostenere che a partire da uno sciopero di autotrasportatori (anche piuttosto corporativista), i forconi, servendosi di una retorica facile e populista, ad Imperia sono riusciti a generalizzare, effettivamente mettendo in campo una dinamica di sciopero sociale, in cui la società nel suo complesso e nella sua eterogeneità partecipa ad azioni di blocco della circolazione, che oggi, nell’era del postfordismo e dell’accumulazione flessibille, rappresentano forse l’unico grimaldello collettivo del lavoro vivo contro il comando, sempre più individualizzante, del capitale. Inoltre, il #9dicembre, se ancora ce ne fosse bisogno, sancisce la definitiva fine dei sindacati confederali, completamente embedded negli attuali assetti di potere e totalmente illegittimati agli occhi della popolazione. Una popolazione che, pare, abbia però voglia di conflitto.

Quindi, vista da qui, grande sembra essere la confusione sotto il cielo, e cio ci è favorevole. Oggi più che mai è forse il momento di osare (e bloccare!), per vincere. Perchè, ricordiamolo, il fascismo attechisce dove il comunismo (anche quello inconsapevole) fallisce.

 

da: http://ivnbkn.tumblr.com/post/69572409411/9dicembre-blocco-totale-di-imperia

ps:

Questo testo si riferisce principalmente alla mia personale esperienza di quanto ho visto ad Imperia il 9 dicembre. So che in altre città la giornata può esser stata completamente diversa, mentre può avere avuto delle somiglianze con alcune altre piazze. Anche per questo l’inchiesta militante sul campo deve necessariamente essere collettiva e diffusa sui territori, metropolitani ma anche provinciali.

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