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Sui forconi: arroganza di classe nel movimento?

 

Un dibattito intenso si è sviluppato negli ultimi giorni nella città di Pisa. In un territorio poco scosso (per ora?) dai sommovimenti prodotti dal magma sociale dei cosiddetti “forconi”. Questo fenomeno, anche se visto da lontano, scuote e impaurisce molti e porta a interrogarsi fino in fondo ancora troppo pochi. A prender parola pubblicamente è quasi sempre chi pratica movimento in questa città… o crede di farlo. Si tratta per lo più di prese di posizione di singoli attivisti sui social network, all’oggi ormai compiutamente terreno di posizionamento politico oltre che di viralizzazione delle mobilitazioni sociali, come anche l’eruzione del 9D testimonia.

 

Narrazioni mainstream e condanne di valore

Sugli schemi di ragionamento che reggono questi “stati” e “post” degli attivisti, ci interessa comunque fissare una critica dell’ideologia degli interpreti di professione che affollano la giungla di movimento pisana. È questo un primo passo per porre un problema di metodo tutto politico: davanti alla complessità dei fenomeni sociali, alla loro eccedenza non pacificamente riconducibile agli schemi interpretativi dei nostri piccoli universi soggettivi di militanti politici, è la realtà a non quadrare o siamo noi a essere troppo distanti dai movimenti reali del corpo sociale? Ripartiamo da queste domande allora.

Troppe volte però in questi giorni abbiamo letto nei confronti di ciò che rumoreggia e disturba sotto la finestra di casa le sentenze di “insopportabilità”, “fascismo”, “populismo”. Si son susseguiti i triti lamenti per il provincialismo italiano, la “Repubblica delle banane” (meglio camerieri a Londra o gelatai in Germania, nelle democrazie dello sfruttamento a 3 euro l’ora?), oppure i cattedratici inviti a “tornare a vedere la de Filippi” come repellenti conati di anti-berlusconismo (sì, in piazza c’è in parte lo stesso blocco sociale che ha votato Berlusconi, la Lega e Grillo nell’ultimo ventennio, popolare e proletario nelle sue espressioni di massa). Sarà forse che si annida in queste parole un’arroganza tutta di classe? Non è poi molto lungo il passo da colmare per passare dalla distanza dal corpo sociale alla nemicità e alla contrapposizione rispetto a questo stesso corpo sociale.

Come anche segnalano i compagni e le compagne di Exploit Pisa, con un valido contributo di ragionamento sul fenomeno (leggi qui), una spia dovrebbe accendersi se le nostre narrazioni dei fatti sociali si sovrappongono a quelle del mainstream, a quelle di Repubblica. Urliamo alle mistificazioni del potere solo quando è sotto attacco la rappresentazione del nostro orticello di movimento? E della prateria sociale che gli sta attorno? Riteniamo allora che sia tutta una cultura politica di sinistra di movimento che deve essere ripensata nella sua predisposizione al mondo.

 

Vecchi blocchi o nuovi divenire?

Ma anche quando volessimo andare oltre i regimi simbolici di movimento superandone l’incompatibilità con una realtà che non piace, se volessimo approntare una lettura della composizione delle piazze in termini materialistici, ci sembra comunque inadeguato il sociologismo di sinistra che in queste ore continua a denunciare una mobilitazione di “blocchi reazionari” e di “media e piccola borghesia”. Il contributo di Federico Giusti, Cobas Pisa (leggi qui l’articolo), ben legge la ristrutturazione capitalistica dentro la crisi: l’impresizzazione coatta del lavoro salariato – il lavoro autonomo – ha saturato le proprie possibilità di indebitamento e, sul nodo di una soggettività indebitata, salda la ribellione con altri segmenti sociali impoveriti dal ritrarsi del pubblico e della messa a lavoro del consumo.

Certo, sembra che nella metropoli torinese i processi di scomposizione sull’indebitamento si accelerano: il magma sociale in piazza è quello dei giovani – italiani e immigrati di prima e seconda generazione – delle periferie, disoccupati ostaggi dei centri per l’impiego e dei tirocini a pagamento; ma anche quella dei mercatari e di tutti i soggetti che del pubblico vivono solo i tratti vessatori. Nella molecolarità degli altri centri più periferici la scomposizione è meno veloce sui livelli bassi della società e a ribellarsi, sono segmenti sociali ancora produttivi, parzialmente categoriali, ma che certamente, più che essere “reazionari” come carattere di natura, all’indebitamento oggi reagiscono. Poi, se si vuole continuare a ragionare per proiezioni concettuali si può anche dire che queste soggettività difendono il privato contro il pubblico e contro il comune. Ci sembra l’ovvietà dei rapporti di classe attuali nei quali il privato resta l’unico scoglio di resistenza contro l’impoverimento di massa organizzato dal pubblico, mentre il comune, senza passare per nodi ricompositivi, è certo di là da venire e può al meglio solo venire evocato. Ma nel conflitto sociale non bastano le terre promesse e chi le desidera.

Per la parzialità delle esperienze collettive di movimento non siamo all’oggi capaci di anteporre visioni strategiche per decidere delle qualità rivoluzionarie o meno dei conflitti che attraversiamo. Ma, come metodo, pensiamo che i rapporti di classe vadano sempre letti nei termini dinamici della loro scomposizione e ricomposizione a partire dai processi di esproprio e accumulazione capitalistica e della resistenza a questi. Solo così possiamo lavorare per un divenire di classe che parta da una disponibilità all’attacco e alla trasformazione sulla direttrice verticale degli interessi – dal basso verso l’alto – e non su quella orizzontale dei valori – da destra a sinistra. Questa predisposizione militante pone un’altra questione in seno al movimento: quale cultura politica del conflitto?

 

I delusi dal mondo

Meno di un mese fa a Pisa, il 16 novembre, il corteo nazionale convocato per rioccupare il Colorificio produsse una parossistica rappresentazione della negazione del conflitto (leggi “Sul 16NOV a Pisa” dal blog dello S.A. Newroz). Quel fatto ci aveva portato a ragionare di quali fossero le condizioni di realtà per modificare i rapporti di forza esistenti. Negammo che “rappresentare “comunità” più o meno virtuose, felici e colorate” fosse sufficiente a incidere sulla realtà. Anzi, sostenemmo che queste producono nel migliore dei casi separatezza dalla realtà sociale. Oggi possiamo aggiungere un altro tassello a quel ragionamento: il conflitto sociale non è un interruttore sotto il controllo delle parzialità militanti. È immanente ai rapporti di capitale, alla sua violenza, e capita a volte che assuma anche le forme che non desideriamo. Ma, è ovvio, questo fa parte del gioco della politica. Allora invece che arrenderci alle nostre piccole identità, noi, per conto nostro, a confrontarci con la complessità del reale siamo sempre disposti perché sappiamo che è la condizione prima per trasformarlo.

 

Come redazione InfoAut Pisa continueremo a seguire e sviluppare il dibattito di movimento nato dopo il 9D a Pisa, ma soprattutto, con le lenti delle lotte che attraversano la città, continueremo a essere attenti osservatori partecipi di quanto si sviluppa ancora in termini di attivazione in questa città attorno al fenomeno dei cosiddetti “forconi”.

 

Redazione InfoAut_Pisa

 

Postilla antifascista

In tanti, anche a Pisa, hanno lanciato allarmi antifascisti contro le manifestazioni di questi giorni. Quando alla convocazione di un presidio dei “forconi” a Pisa sarebbe stata certa la presenza anche di qualche fascistello voglioso di inquinare quello spazio nessuno di coloro che ha lanciato questi accorati allarmi si è fatto vedere in quella piazza per ribadire l’indisponibilità di questa città alla presenza fascista. Noi, come compagni e compagne dello Spazio Antagonista Newroz, pur non partecipando al presidio siamo andati in quella piazza di poche persone per non lasciare campo di coltura ai soggetti della destra organizzata, per emarginarne e sopprimerne le aspirazioni. Così abbiamo fatto con quelle due, tre figure riconducibili alla destra neofascista pisana che hanno provato ad affacciarci in piazza. Ma abbiamo anche parlato con chi si è voluto mettere in connessione con le manifestazioni del resto del paese, abbiamo messo in relazione quelle storie alle nostre e a quelle dei quartieri che viviamo e dove organizziamo le lotte.

Il giorno successivo un articolo de “Il Tirreno” ha parlato di “Antagonisti del Newroz e Forza Nuova uniti con i forconi”. Diversi sciacalli e avvoltoi di “movimento” della nostra città non hanno perso l’occasione di fungere da veicolo e megafono di infamie. Come al solito noi siamo sereni, forti ed orgogliosi del nostro antifascismo, oggi come ieri pratica quotidiana. Ma questa volta è impossibile credere alla buona fede di chi ha condiviso quell’articolo; questa volta non ci si può nascondere dietro il “non lo sapevo” o “aspettavo la vostra versione dei fatti”, perché chi ci ha accostato ai fascisti, sia esso un giornalista o uno pseudo-compagno, l’ha fatto consapevole di mentire. E questo è un comportamento da infami.


Di seguito il comunicato dello S.A. Newroz sull’Articolo de Il Tirreno

In merito all’articolo apparso su Il Tirreno del 12 dicembre 2013 dal titolo “Newroz e Forza Nuova con i forconi” lo Spazio Antagonista Newroz smentisce categoricamente l’adesione alla manifestazione dei cosiddetti “forconi” in piazza XX settembre a Pisa nella giornata di ieri. Smentisce pertanto di aver partecipato a qualsiasi manifestazione con il partito di “Forza Nuova” e con l’associazione neofascista “Ronin Pisa”.

I fatti sono i seguenti. Nella giornata del 10 dicembre sui social network anche Pisa è stata raggiunta dal tam-tam mediatico delle manifestazioni che a partire dal 9 dicembre paralizzano gran parte del paese. Un primo chiarimento: a Pisa “i forconi” non esistono. Il presidio convocato sui social network dal profilo personale di un cittadino pisano – in alcuna maniera eterodiretto, ci sentiamo di affermare – per l’11 dicembre alle ore 14 in piazza XX settembre, ha “arruolato una protesta” di pochissime persone.

Ecco quello che abbiamo visto in piazza: l’organizzatore del presidio era un cittadino pisano, vittima della crisi potremmo dire: un operaio artigiano senza lavoro da mesi, un deluso dalla politica desideroso di mettersi in connessione con tanti e tante nella sua stessa condizione per cambiare qualcosa senza aver ben chiaro cosa. Insieme a lui altri due ragazzi, conosciuti su facebook, con storie e desideri analoghi. Accanto a loro alcuni personaggi riconducibili all’estrema destra, gli stessi che quando scendono in piazza a propagandare contenuti razzisti e xenofobi vengono giustamente contestati da quella parte di città antifascista di cui facciamo parte.

Assolutamente nessun “accostamento ideologico tra opposti estremismi” né alcuna sovrapposizione. Anzi la nostra presenza, durata pochi minuti, è servita ad affermare con forza la ambiguità di una piazza chiamata contro la casta, ma in cui erano presenti soggetti appartenenti a partiti e organizzazioni, dalla lega nord fino a qualche gruppuscolo di estrema destra, che invece ne sono parte integrante e ne rappresentano il lato più becero ed autoritario.
A Pisa ci sono le lotte, delle quali ci sentiamo a pieno titolo protagonisti. Qui il popolo organizza le proprie risposte alla crisi. Le lotte dei picchetti antisfratto contro il mercato degli immobiliaristi, le lotte nei quartieri contro l’abbandono delle istituzioni, nelle scuole, nelle università e nei posti di lavoro. É per questo che né fascisti né forconi crescono nella nostra città. Rigettiamo dunque qualsiasi operazione di manipolazione mediatica come quella dell’articolo in questione che smentiamo nella sua interezza e che, veicolando mala informazione, trasfigura la realtà dei fatti politici e condiziona la percezione collettiva dei fatti sociali.

 

Spazio Antagonista Newroz

12.12.13

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