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Comunità e Comune nel Mezzogiorno

Pubblichiamo il documento di indizione della due giorni di seminari su “Comunità e Comune nel Mezzogiorno

 

Sembra quindi inutile e quasi paradossale parlare di “cultura della mafia o comportamenti mafiosi”,  difronte a soggetti che in assenza di qualsiasi  garanzia sociale e possibilità lavorativa, assumono una condotta razionale fatta di opportunità e aspettative e in cui l’illegalità diventa sopravvivenza. Ma ancor più fuori contesto e dietrologica appare l’operazione istituzionale e mediale che vorrebbe estirpare quella mai esauritasi predilezione per il valore d’uso della cooperazione e delle relazioni sociali -più che il loro valore di scambio- a suon di “educazione alla legalità”, arresti, commissariamenti. Operazione questa che intende definitivamente reprimere, tramite lo stigma della devianza criminale di ogni forma di lotta che si dà in questi territori, quelle passioni e quei desideri, legami, bisogni che perdurano, anche se in maniera differente, dalle più impervie zone agricole dell’entroterra ai quartieri popolari delle metropoli; e che hanno animato il ciclo di lotte per la riappropriazione delle terre nel dopoguerra e permesso ai contadini che ne furono protagonisti di identificare istituzioni e mafia per ciò che effettivamente sono: due facce della stessa medaglia. Passioni e legami che al tempo della crisi globale sembrano lentamente riaffiorare e che spesso continuano ad essere ancora non definitivamente sussunti e catturati dallo sfruttamento salariale e dalla precarietà esistenziale del parassitismo finanziario. Per fortuna diremmo noi.

Infatti da qualche tempo quegli anni sembrano essere meno lontani di quel che si pensi. Forse è proprio grazie  all’autenticità di quei legami di solidarietà e reciprocità e il già citato senso di appartenenza ad una comunità, che hanno permesso a un movimento come quello dei forconi di dispiegarsi endemicamente sui territori del mezzogiorno, rischiando di bloccare il flusso di merci in tutta Italia. Non vogliamo qui discutere su potenzialità e limiti di tale movimento, ma sottolinearne le forme di trasversalità, eterogeneità e rappresentatività sociale da vera e propria  “sollevazione popolare” , che questo ha assunto. Forme di protesta e blocco ad oltranza che difficilmente vedremmo dispiegarsi con una tale velocità e intensità in altre regioni d’Italia.

Quello che qui ci chiediamo è quindi se una tale energia cooperativa e l’immanenza di così forti reti di  solidarietà può essere la base per un percorso di emancipazione collettiva. E’ pensabile un ciclo di lotte di una soggettività siciliana che avvii un processo di riappropriazione economica e sociale in cui il valore di scambio non sia più privato del suo valore d’uso? E’ ipotizzabile il dispiegarsi di una conflittualità sociale che metta al centro dello scontro non più soltanto l’organizzazione del mercato del lavoro salariato, ma la autorealizzazione umana di bisogni e desideri liberati dal tempo di lavoro? E che interpreti questo semplicemente come una delle forme possibili di cooperazione sociale? E’ quindi realizzabile la costruzione di istituzioni del comune che soppiantino i meccanismi capitalistici della rappresentanza politica a favore di forme di autogoverno dal basso?  E’ questo che vi e ci chiediamo.

 

A seguire il programma:

MERCOLEDI’ 9 MAGGIO h 16:00 AULA SEMINARI – Facoltà di lettere e filosofia (Viale delle Scienze)

Valore d’uso e valore di scambio della cooperazione sociale nel mezzogiorno al tempo della crisi. Tra sfiducia nelle istituzioni e ribellioni popolari: una ricomposizione soggettiva in movimento? 
Interverranno: 
Lanfranco Caminiti (giornalista e saggista) e 
Gaetano Gucciardo (professore di sociologia generale al polo universitario di Agrigento-università degli studi di Palermo-)

GIOVEDI’ 10 MAGGIO h 16:00 AULA SEMINARI – Facoltà di lettere e filosofia (Viale delle scienze)
Modello economico e di sviluppo in Sicilia: mancata trasformazione o sperimentazione capitalistica?
Interverranno: 
Franco Piperno (autore di “Paeninsula” e professore all’università della Calabria, Cosenza) e 
Gandolfo Giacomarra (professore di sociologia dei processi culturali alla facoltà di lettere e filosofia di Palermo).

 

 

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