Cosenza tra sfratti e cemento
Basta pensare che le richieste di esecuzione a livello nazionale sono 150.076 (+14,55% rispetto allo scorso anno) mentre gli sfratti eseguiti sono 36.083 (+13,45). I dati regionali confermano il primato bruzio: su 1.483 richieste di sfratto totali 1.387 sono relative prevalentemente alla città di Cosenza e solo in minima parte a centri minori della provincia. Questi dati sono la cartina di tornasole di una situazione di crisi che ormai è deflagrata e che non accenna minimamente a rientrare e, allo stesso tempo, smascherano definitivamente l’assoluta mancanza di politiche abitative e la speculazione bipartisan che è stata fatta sul bisogno casa. Ormai è da anni che denunciamo pubblicamente, e contrastiamo con i fatti, le lobby del mattone che hanno fatto sì che Cosenza e l’area urbana entrassero in un altro triste primato, quello delle aree più cementificate d’Italia. Eppure, nonostante l’enorme disponibilità di alloggi vuoti, le incalcolabili cifre stanziate per contrastare l’emergenza abitativa e i piani casa (per i palazzinari) il bisogno sociale cresce e sempre più gente rimane senza un tetto. Nei mesi scorsi, all’apertura del tavolo in prefettura per l’emergenza abitativa (ottenuto a suon di occupazioni reali e simboliche), gli attori principali di questa, ormai, tragicommedia, avevano assunto degli impegni precisi che puntualmente sono stati disattesi.
Da parte nostra avevamo fornito una serie di soluzioni possibili volte a contrastare il disagio abitativo ma, ad eccezione delle azioni messe in campo sulle legittime occupazioni abitative di questa città, si continuano a perseguire strade (sostegno economico all’affitto) che nel tempo si sono rivelate fallimentari sotto qualsiasi profilo in quanto da un lato non garantiscono il diritto alla casa, lasciando i destinatari in uno stato di permanente precarietà mentre, d’altra parte, risucchiano vorticosamente le poche risorse che vengono stanziate per il bisogno casa andando ad ingrassare gli immobiliaristi di questa città.
Le occupazioni di Prendocasa hanno tracciato la strada della riappropriazione dal basso contro le speculazioni dei potenti, del recupero e riuso contro l’abbandono e il consumo di suolo, dello scontro prima e del dialogo poi con le istituzioni contro il timore (quasi reverenziale) con il quale ci si approcciava alla questione emergenza abitativa in questa città. Atteggiamento quest’ultimo che ha concimato negli anni il terreno del clientelismo rendendolo più forte e radicato della “mal’erba”, quella che non muore mai. Nella memoria storica di questa città quando si dice case popolari o aterp si dice favori, clientele, fratelli e famiglia Gentile, palazzinari. Gestione personalistica e clientelare di un bisogno che ha costruito la fortuna politica e materiale di alcuni a danno e beffa degli ultimi e del territorio, irrimediabilmente deturpato da mostruose colate di cemento (inutile) nella parte nuova e lasciato all’abbandono e all’incuria nel suo centro storico destinato a scomparire nelle viscere del Crati e del Busento (come il mitico tesoro di Alarico) mentre invece potrebbe essere la soluzione del bisogno casa con un piano di recupero finalizzato a questo.
Rilanciamo le nostre proposte per la soluzione del diritto all’abitare in maniera strutturale e non strumentale. Requisizione, recupero e riuso del patrimonio pubblico e privato dismesso e in stato d’abbandono, stop al consumo di suolo, modifica della legge regionale inattuale ed inadeguata ai bisogni dell’attuale composizione sociale, ripresa dei lavori del tavolo sull’emergenza abitativa avviato nei mesi scorsi.
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