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Legge di bilancio: Draghi è il solito Robin Hood al contrario

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La legge di Bilancio 2022 del governo Draghi è stata approvata dal Consiglio dei Ministri che ha mantenuti i capitoli di spesa indicati nel Documento Programmatico già inviato a Bruxelles. Si parla di pensioni, tasse, reddito di cittadinanza e soprattutto si legge una chiara intenzione: ridurre il debito aumentando la crescita del PIL sostenendo industrie e privati e parallelamente risparmiando sulla spesa pubblica. La Repubblica, dimostrando tutta la sua ignavia, titolava qualche settimana fa “Una manovra per la crescita sociale”, ovviamente non è affatto così.

Si parla infatti di supply side economics, ossia la “crescita del sistema può derivare solo da un’espansione della capacità produttiva ad opera essenzialmente degli operatori privati, che devono essere opportunamente incentivati e tutelati nei confronti di prelievi tributari e contributivi penalizzanti. […]” in questo senso dunque non ci si deve porre il problema della domanda perché il sistema andrà a crescere naturalmente a patto che le “distorsioni indotte dalla mano pubblica siano circoscritte”. Infatti, i tassi di crescita del 2021 sono andati aumentando, fermo restando che i profitti di questa crescita sono automaticamente andati in mano ai privati, alle imprese e quindi a chi detiene il potere politico-economico in questo Paese. In questo quadro i mercati finanziari internazionali svolgono il ruolo di controllo nelle scelte di spesa pubbliche e private, così come gli investimenti previsti dal PNRR devono essere indirizzati secondo queste logiche, infatti i fondi del Piano di Recupero destinati agli investimenti pubblici provengono per la maggior parte da prestiti, ciò significa che aumentano l’indebitamento in un sistema in cui il debito pubblico è elevatissimo e tutto il resto deve essere utilizzato per ottenere profitto.

Nello specifico occorre sottolineare tre temi principali tra quelli che questa Legge di Bilancio solleva: la retorica del taglio delle tasse, la questione sociale e dunque la riforma delle pensioni e le modifiche apportate al Reddito di Cittadinanza e gli investimenti sulla sanità. La riforma sul cuneo fiscale svolge il ruolo di detassare imprenditori e aziende private compensando tramite provvedimenti nei confronti dell’evasione fiscale. Ovvimanente non viene esplicitato, ma ciò è reso possibile non tanto dalla lotta all’evasione fiscale, quanto al fatto che invece i lavoratori e le lavoratrici non vedranno migliorare le loro condizioni salariali né contrattuali, dato che l’unico modo per risparmiare è mantenere un mercato del lavoro flessibile e precario. Non a caso i dati Istat mostrano che la crescita dell’anno 2021 si è basata essenzialmente su contratti a termine, con basse remunerazioni e condizioni precarie di lavoro. Rispetto alla quota 102 che prevede l’uscita a 64 anni con 38 di contributi, l’idea è quella di effettuarla per soli 12 mesi prima di tornare alla normativa ordinaria stabilita dalla Legge Fornero e incidere sui requisiti di accesso al pensionamento anticipato. In poche parole la platea interessata da questo tipo di meccanismo si riduce sempre di più, aumentando di due anni l’età pensionabile, e lasciando fuori per il tipo di contratti e di settori investiti molte più donne. Rispetto al Reddito di Cittadinanza, sebbene continui ad essere l’unico tentativo di redistribuzione fiscale degli ultimi decenni non ha mai brillato di particolare utilità ed efficacia, ciò detto un ulteriore restringimento dell’accesso e le operazioni contro i cosidetti “furbetti” implicano di ridurlo alle briciole. Inoltre, la questione della disponibilità al lavoro diventa centrale, da un lato imponendo l’accettazione delle offerte in quanto al secondo rifiuto avviene la sospensione, dall’altro introducendo la gestione delle offerte da parte di agenzia interinali e non più dal centro per l’impiego. Non solo, il beneficiario del RdC è sottoposto a lavoro gratuito attraverso i Progetti Utili alla Collettività per i quali occorre essere disponibili per la durata di almeno 8 ore settimanali aumentabili a sedici. Per i cosidetti Puc non si viene pagati ma in compenso la norma equipara il soggetto a un lavoratore per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro e da questo ne consegue che sebbene le attività siano svolte a titolo gratuito ne conviene l’obbligo di esibire il Green Pass per rispettare le norma in materia di sicurezza e salute sul lavoro. Infine, la spesa sanitaria in Italia nel corso degli ultimi anni è stata fortemente penalizzata quindi i fondi che verranno riservati alla sanità serviranno a raggiungere degli standard accettabili e non a migliorare le condizioni generali in cui versa il Sistema Sanitario Nazionale.

Al di là delle nozioni più tecniche relative alla manovra del banchiere e delle evidenti implicazioni sul piano sociale di questo tipo di scelte, di cui non ci stupiamo, continua ad essere incomprensibile come alla luce di una quinta ondata pandemica, un primo esito di campagna vaccinale poco efficiente nei tempi e nella gestione ma allo stesso modo accompagnata dalla retorica dell’unica soluzione possibile, l’unica prospettiva considerata rimangano la crescita e il profitto. Nel frattempo vengono introdotte artatamente retoriche che continuano a tentare di frammentare e contrapporre i soggetti sociali che subiscono la crisi, dopo il Green Pass adesso viene messa in opera la narrazione della “solidarietà intergenerazionale” per far passare una riforma delle pensioni che avrà la conseguenza di rendere l’accesso al lavoro per i giovani ancora più complesso. È ormai noto che le pandemie si sviluppino all’interno di un sistema globale capitalistico per numerosi motivi legati alla sovrapproduzione, allo sfruttamento del suolo, alle dinamiche di disboscamento a beneficio delle industrie, alle sostanze nocive indotte da opere inutili, rifiuti aziendali, pesticidi e elementi chimici utilizzati per aumentare a dismisura la produzione, all’inquinamento derivante dalla mobilità indiscriminata sul pianeta, dagli allevamenti e dalle coltivazioni intensive, e molto altro. Due più due fa quattro, le priorità rimangono avvelenare e impoverire.

Di seguito inseriamo la trasmissione sulla Legge di Bilancio di Radio Blackout:

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