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No al porcellum sindacale

Ho pertanto presentato la mia regolare richiesta di intervento, a cui non ho avuto alcuna risposta da una presidenza che guardava le nuvole. Allora, conclusa la relazione sono intervenuto con  una mozione d’ordine, chiedendo di sapere se il dibattito era aperto a tutti i partecipanti che formalmente ne avevano il diritto oppure no.(…)

Angeletti mi ha risposto a nome di tutta la presidenza di no, parlavano solo gli oratori concordati preventivamente dalle segreterie… A questo punto ho detto che fare una riunione sulla democrazia ed escludere preventivamente chi è in dissenso, anche se avrebbe tutti i diritti  di intervenire,  è una precisa rappresentazione di ciò che si vuole fare.

Ero solo in quella sala a non essere d’accordo, che paura avevano di sentire le mie ragioni per 5 minuti? Ma non volevano proprio sentirle e quando la mia indignazione mi ha spinto a dire alle loro facce ipocritamente sorridenti che si dovevano vergognare e che in fondo la loro intolleranza corrispondeva a quello ha stavano decidendo sulla rappresentanza, cioè la cancellazione del dissenso, sono esplosi.

Ho visto una mano che cercava di staccare la corrente dal microfono, mentre diversi segretari confederali mi si avvicinavano e cominciavano a spingermi giù dal palco, uno di loro mi sussurrava di preoccuparmi per la mia salute. Interveniva il servizio d’ordine che a spintoni mi accompagnava fuori dalla porta della sala. Se non fossimo stati in una riunione degli esecutivi CGIL CISL UIL si sarebbe detta una scena di violenza.

Ripeto io avevo formale diritto a parlare in quella sala, ma quel diritto non mi è stato negato per caso.

L’accordo sulla rappresentanza che CGIL CISL UIL stanno definendo con la Confindustria è infatti un brutale atto di normalizzazione autoritaria delle relazioni sindacali. Esso stabilisce che il diritto alla rappresentanza ce l’hanno solo coloro che preventivamente accettano quell’accordo. Cioè puoi partecipare alla misurazione della rappresentanza e alle elezioni delle rsu solo se accetti la flessibilità e le deroghe ai contratti e soprattutto se ti impegni a non scioperare se in disaccordo. Esattamente quanto è avvenuto alla Fiat di Marchionne,  che ora viene esteso a tutti.

La nuova rappresentanza sindacale seleziona preventivamente chi ha il diritto alla democrazia e chi no. È il tavolo che che decide chi rappresenta i lavoratori e non sono i lavoratori che scelgono chi li rappresenta al tavolo.

È come se la riforma elettorale del governo Letta stabilisse che alle prossime elezioni politiche potranno partecipare solo coloro che votano oggi la fiducia al governo delle larghe intese. Non vorrei che l’accordo sindacale gli suggerisse l’idea.

D’altra parte tutto questo è in perfetta sintonia con l’impianto politico del governo appena varato, in un certo senso ne rappresenta il versante corporativo. CGIL CISL UIL e Confindustria varano oggi il governissimo delle parti sociali. Ma il fatto più grave non è  neanche questo. Il fatto più grave è  che chi non è d’accordo non ha più né diritto di parola né diritto di rappresentanza.

Questo è il  fatto enorme, enorme è la sopraffazione che si sta organizzando e che, come sempre, per riuscire ha bisogno del silenzio. Che viene alimentato dalla solita stampa  di governo, che ora esalta la ritrovata unità sindacale.  Quando invece quella di oggi è l’esatto opposto della unità sindacale degli anni 60 e 70. Quella apriva  la via alle conquiste del lavoro e della democrazia, quella includeva. Questa subisce e accetta le regole imposte dal mercato e dalle imprese, riduce la democrazia, esclude.

Per questo bisogna fare tacere ogni voce di dissenso.
L’accordo sulla rappresentanza è troppo scandaloso perché lo si conosca veramente. Deve passare attraverso la rappresentazione politica mediatica che ne cancella i contenuti reali. Le voci fuori dal  coro sono pericolose…qualcuno potrebbe accorgersi che il re è davvero nudo.

Per questo non ci fermeremo e continueremo a spiegare con tutte le forze che abbiamo cosa è davvero il porcellum sindacale e perché bisogna combatterlo.

Giorgio Cremaschi

da Rete 28 Aprile

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