Il governo Meloni e la guerra di classe dall’alto (con qualche eccezione)
Il governo Meloni continua la sua opera di restaurazione neo-liberale per quanto riguarda le politiche economiche e del lavoro. Fine del Reddito di Cittadinanza, maggiore precarietà a fronte di un bonus una tantum derivato dal taglio del cuneo fiscale che come facilmente prevedibile andrà a favorire le aziende piuttosto che i lavoratori.
La recita del Primo Maggio è la raffigurazione plastica dei rapporti di forza in auge in questa fase. Il governo va dritto per la sua strada e, al netto di strali e lamentatio, i sindacati della triplice subiscono l’umiliazione spaventati di più dalle piazze che dall’attacco ai diritti del lavoro. Non solo, il governo utilizza il taglio al cuneo fiscale come uno strumento per legittimare un’ulteriore disintermediazione: il messaggio è chiaro, e neanche troppo nascosto, non c’è bisogno di affidarsi ai sindacati, il governo garantisce soldi in busta paga subito. In fondo la terra è già arata dagli stessi sindacati della triplice che per anni hanno pensato unicamente alla loro conservazione e hanno rifiutato di capire che il tempo della concertazione, del compromesso è tramontato a fronte di un capitalismo (specialmente quello straccione Made in Italy) che non è disposto a concedere nulla alla forza-lavoro (e con la ristrutturazione a venire dell’organizzazione della produzione lo sarà sempre di meno). Fare come in Francia? No grazie. Il governo Meloni dunque non fa che porre in maniera interessata al paese la domanda da bar che si fanno un po’ tutti: a cosa servono questi sindacati?
Ma dietro questa pagliacciata c’è una esplicita guerra di classe verso i poveri che si concretizza con riforme ben più strutturali: la fine del Reddito di Cittadinanza e il sostanziale ritorno al Job Act. Viene incrementata la soglia di utilizzo dei voucher da 10.000 a 15.000 euro, viene accresciuto il fringe benefit (cioè la parte di stipendio che l’azienda può corrispondere in “compensi in natura”, quindi sotto forma di beni e servizi invece che come denaro).
Il limite di età per il contratto di apprendistato nei settori turistico e termale viene innalzato da 29 a 40 anni, una legge ad personam per Santanché e la sua gang al fine di pagare poco e non assumere con contratti di lungo periodo lavoratori esperti.
Il governo garantisce un risarcimento alle famiglie se un figlio muore durante l’alternanza scuola-lavoro: nessun ripensamento su una misura che ha già fatto diverse vittime, ma un po’ di soldi per mettere a tacere le voci scomode di parenti indignati.
Infine il cambio delle regole per i contratti a termine che ne consente un impiego ancora maggiore di quello previsto sinora.
Di fatto basta una contrattazione aziendale per stabilire la necessità di raddoppio da 12 a 24 mesi dei contratti temporanei: lavoratori e lavoratrici possono scegliere tra accettare il raddoppio o venire licenziati.
Questa è la sostanza del Decreto Lavoro: a tutti gli effetti una restaurazione neoliberale con qualche contentino alla base elettorale della destra, ai commercianti, le partite Iva e compagnia cantante…
Ma come scrivevamo qua: “Il fatto è che non si può salvare il bambino con l’acqua sporca: questo blocco sociale è un campo di predazione per il grande capitale transnazionale che mai come in questo momento ha la necessità di concentrare ricchezze, risorse e investimenti strategici.” Le dinamiche globali del capitale spazzeranno via inevitabilmente queste compagini in stato di pre-morte, è solo questione di tempo e sarebbe buono che iniziassero a rendersene conto, ma non succederà. Per semplificare, chi spenderà nei piccoli esercizi commerciali invece che al discount con salari da fame e precari?
In ogni caso questo decreto rappresenta un ulteriore giro di boa: la Meloni prova a presentarsi come una Thatcher in assenza di lotta di classe, e sappiamo già che la triplice non vuole o non è più capace di organizzare una seria contrapposizione a queste misure, dunque urge capire insieme come materializzare una opposizione sociale concreta, radicale e radicata.
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