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Operai Gesip respinti alla stazione, suonano i tamburi di guerra

Stamattina, infatti, quello che è diventato effettivamente il “campus Gesip”, una accampata sotto il municipio con tende e sciopero della fame che va avanti da quattro giorni, si è trasformato in corteo e ha paralizzato la città.

La risposta operaia arriva oggi contro quello che sembra stia diventando un paradigma di governance diffuso in questo tempo di crisi. Nessuna concertazione possibile, nessun compromesso, il muro duro arriva in primis dalle istituzioni, seppure Orlando abbia tentato di addolcire la pillola dapprima millantando la “soluzione” della cassa integrazione a portata di mano, e poi inserendosi in un gioco di scaricabarile tra le diverse istituzioni. L’unico dato effettivo fino ad ora è che di soldi per gli operai Gesip non se ne sono trovati e la sola risposta che le istituzioni sono in grado di offrirgli è composta da polizia, manganello e repressione.

Quasi duecento degli operai stanchi di aspettare invano le promesse di istituzioni sempre più vuote di significato, si sono quindi spostati sin dalla prima mattina ai quattro canti, dove hanno portato avanti un lungo blocco stradale.

Dopo un paio d’ore hanno rotto gli indugi e si sono mossi in corteo vero la Stazione centrale percorrendo la via Maqueda. Lì un plotone di poliziotti ha impedito a suon di manganellate l’ingresso del corteo fin dentro la stazione e ha respinto il loro tentativo di occuparne i binari. Il corteo si è dunque ricompattato e ha continuato il proprio percorso lungo la via Roma per tornare a suonare quelli che ormai sono diventati i loro tamburi di battaglia. Per tutto il giorno, infatti, gli operai accampati sotto Palazzo delle Aquile negano il proseguire di una normale giornata a chi li prova ad abbindolare con vane promesse: barili, bombole e tamburi, battuti da spranghe di legno, costituiscono ormai la colonna sonora della vita dentro e fuori il palazzo. I tamburi di guerra, insomma, sono già pronti e le prime avvisaglie ricominciano a farsi vive!

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