Una scommessa in divenire: da palazzo Marconi per lanciare un’altra idea di città
Ricordiamo che nei giorni scorsi erano state messe in piedi alcune azioni comunicative su tutta la provincia di Modena in merito alla questione della casa. A Modena si era ritornati alla vecchia casa cantoniera, occupata nel lontano 2005, poi sgomberata con la promessa di un assegnazione mai avvenuta; mentre in provincia si era tornati in via Rossini a Vignola, dove l’occupazione di un appartamento comunale avvenuta nel 2012 era stata l’occasione per il lancio di una lotta per il diritto alla casa ed alla dignità tuttora vigente.
La situazione che le famiglie vivono a palazzo Marconi, non del tutto dissimile da altri luoghi della città geminiana, sono ai limiti del sostenibile. Nuclei familiari con bambini piccolissimi costretti a vivere in loculi di pochi metri quadri a cifre esorbitanti, condizioni igieniche e di promiscuità insostenibili e proprietari immobiliari che pensano solo a speculare sulle persone senza garantire alcun tipo di tutela. I gestori dello stabile, infatti, hanno il solo fine di trarre profitto sulle spalle delle famiglie residenti, minacciandole continuamente con sfratti e intimidazioni di ogni genere allorquando si trovano in difficoltà con i pagamenti.
In questa situazione di invivibilità le istituzioni locali, dal Comune agli assistenti sociali fino all’azienda regionale che gestisce il problema abitativo (Acer), non riescono a garantire tutela alle famiglie, ma anzi accettano tacitamente la situazione che s’è venuta a creare nello stabile; le uniche risposte che vengono date sono quelle di uscire dallo stabile o, per i cittadini migranti, di ritornare al proprio paese d’origine, senza nessuna valutazione se questo sia umanamente sensato o economicamente sostenibile (non stiamo parlando di persone arrivate in Italia per motivi turistici!).
La mancanza di una risposta istituzionale al problema, unita a un crisi sempre più mordente alla quale non si trova via d’uscita e dove mancano i beni di prima necessità, ha necessitato la costruzione di un percorso politico che parta dalle esigenze concrete delle famiglie che spesso ci ricordano che da nessun altro ormai trovano se non risposte, almeno ascolto ed attenzione. Per questo come collettivo Prendocasa di Modena, come Cadica di Vignola e anche come Coordinamento per il diritto alla casa, cerchiamo non tanto di distribuire incoraggiamenti, ma proposte reali per la costruzione di un percorso basato sulla solidarietà e la rivendicazione di una dignità che nessuna istituzione ti riconosce quando cadi nella spirale della mancanza di reddito.
La giornata ha visto tante donne e uomini solidali, anche cittadini comuni, al punto che anche i media locali che mai si erano interessati alla situazione del Palazzo Marconi, sono stati costretti a dare notizia di un problema che era potenzialmente sotto gli occhi di tutti. E’ chiaro come solo grazie alle giornate di lotta si riesca non solo a far conoscere una situazione, ma si pongano le basi per mettere in campo percorsi autorganizzati duraturi, con l’obiettivo di incidere in modo concreto per la soluzione di questi problemi.
Diciamo che non ci sembra un risultato da poco il fatto che lo sfratto previsto per quattro famiglie, che dalle carte risultava operativo dalla mattina del 25 giugno, non abbia avuto luogo per la presenza del picchetto resistente e che nessun ufficiale giudiziario si sia presentato neppure per annunciare l’inizio della procedura di allontanamento di questi nuclei familiari; solerte, d’altro canto, è stata la visita del reparto D.I.G.O.S. della questura di Modena, preoccupata non delle sorti delle famiglie, ma unicamente dei possibili problemi di ordine pubblico e della durata del picchetto.
In barba alle visite, il picchetto è durato fino alle 16 ribadendo le parole d’ordine che i collettivi assieme agli abitanti di Palazzo Marconi si erano dati, chiarendo bene come il rilancio e il proseguimento costante e “testardo” di una lotta possa essere il solo modo per andare davvero a scardinare tutto un sistema che tra palazzinari, istituzioni silenti e apparato repressivo ha sempre lasciato a loro stesse queste famiglie.
Modena e la sua provincia, come tutto il suolo nazionale del resto, da tanti anni è al centro di speculazioni edilizie e vede una politica locale che propone ben poche soluzioni e per lo più inconcludenti o temporanee. Non v’è alcun tipo di idea su come restituire alla cittadinanza quegli appartamenti vuoti che necessitano di ristrutturazione, nonostante le ripetute sollecitazioni alla costruzione di progetti di auto recupero che non vengono mai considerate pur a fronte di un aumento degli sfratti e di un costo dei canoni d’affitto sempre più insostenibile.
La scommessa dei collettivi e delle stesse famiglie in lotta consiste nel costruire una mobilitazione generale sul diritto alla casa, che coinvolga tutta la cittadinanza partendo dalla situazione particolare, come oggi a Palazzo Marconi, fino alla creazione di una piattaforma di lotta che vada a abbattere le contraddizioni e l’immobilismo che caratterizza la governance cittadina.
Con l’unione di tanti piccoli focolai di lotta, i collettivi intendono uscire da un’ottica di pura critica resistenziale di fronte alle politiche istituzionali, ma si candidano a diventare soggetti attivi delle situazioni e catalizzatori di un disagio sempre più universalmente sentito e condiviso.
La giornata di oggi può essere considerata come un rilancio rispetto alla lotta per la casa ( Modena ha vissuto una stagione intensa con diverse occupazioni) sapendo bene che non solo sul diritto all’abitare, ma anche nella lotta per l’emancipazione da condizioni economiche apparentemente prive di prospettive si possono raggiungere traguardi reali di ricostruzione di un tessuto sociale solidale, contro la frammentazione, il senso di solitudine e di abbandono, al fine di costruire un nuovo modello del vivere e del condividere esperienze, saperi, vita e spazi di lotta.
Comunicato PrendoCasa Modena e Ca.di.ca. Vignola:
Parole chiave:
lavoro/casa – retribuzione per esistenza libera e dignitosa – reddito minimo/di cittadinanza –
blocco degli sfratti
Come Collettivo Prendocasa e C.a.di.ca. abbiamo deciso di entrare nel merito del dibattito in corso sulla questione degli sfratti, facendo un ragionamento tutto interno alle cosiddette
“compatibilità dell’ordinamento esistente”.
Partiamo da una astrazione e supponiamo, come da dettato costituzionale, di dare per scontato che lo Stato italiano è una Repubblica fondata sul lavoro e che tutti lavorino. Quando lo stesso Stato non è in grado di assegnare abitazioni popolari a chiunque ne faccia richiesta ed il mercato immobiliare ne offre a canoni di locazione/prezzi di acquisto superiori alle disponibilità finanziazie di una persona/famiglia, è rispettato il dettato dell’art. 36 che stabilisce “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” ?
Se poi il presupposto iniziale della piena occupazione è del tutto falso, la contraddizione diventa ancora più stridente, e, se possibile, ancora di più intollerabile.
Da un po’ circola l’idea del reddito minimo/di cittadinanza. Ognuno lo intende a modo suo, a seconda di quali interessi che non/bisogna intaccare perché venga finanziato o a seconda di quali sono i rischi di presunti abusi che è necessario evitare; ad ogni modo non sarebbe sufficiente a fare fronte anche ai canoni di affitto. In passato si erano sperimentati i lavori socialmente utili, che sono serviti un po’ a rimpinguare il pubblico impiego, molto a creare precariato retribuito al di sotto dei salari, quasi niente a promuovere l’automprenditoria; ad ogni modo non contemplavano le esigenze abitative.
Eppure, all’interno di un’ottica riformista, almeno l’idea dell’autoimprenditoria sarebbe stata da seguire. Acquisire o accrescere le proprie competenze professionali per avviare un’attività, semmai in cooperativa, che può avere un suo sviluppo perché c’è bisogno in quel settore (ad esempio il recupero dei rifiuti tossici degli elettrodomestici, come è stato sperimentato) con l’accompagnamento ed il sostegno dei Servizi Pubblici, è ancora valida. Non è un caso che esistono fondi per la promozione di imprese costituite da giovani o da donne, che è possibile chiedere l’indennità di disoccupazione (ASPI) in un’unica soluzione per avviare un’attività. Il problema è che sono esperienze lasciate al caso, molto di facciata, se non per pochi eletti.
Se il problema reddito ha un suo contesto, quello dell’abitazione, pur se legato, ne ha un altro.
L’abitazione attualmente non prescinde dal possesso di una retribuzione, ma non è sancito da nessuna parte che tale rapporto sia inevitabile. Anzi, secondo la Corte Costituzionale il diritto all’abitazione, pur se non espressamente richiamato, rientra tra quelli dell’art. 2 della Costituzione, quelli “inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, pur se dietro “ l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
La crisi economica-finanziaria ha acuito il problema del rapporto abitazione/retribuzione.
Le soluzioni proposte ed adottate da chi è competente e da chi si ritiene tale sono state il fondo sociale per gli affitti, il protocollo salvasfratti in diverse versioni, in ultimo, udite-udite, il blocco degli sfratti. Tutte soluzioni tampone se non, come si suol dire, pannicelli caldi, che non vanno alla radice del problema, anzi a rischio di favorire la speculazione. Primo, non sono accompagnate da una vera politica residenziale pubblica, che recuperi anche l’esistente non utilizzato. Ma più di tutto sono inserite in un contesto in cui l’entità dei canoni è libera: a cosa serve il blocco, che non può essere che temporaneo, se alla scadenza l’affittuario gli va grassa se ha una retribuzione sufficiente per nutrirsi? Vere soluzioni sono quelle che tendono ad accrescere il patrimonio residenzale pubblico e a non depauperarlo: il rilancio di costruzioni da destinare ad ERP; la promozione da parte dei Servizi Pubblici di cooperative di sfrattati o a rischio sfratto per il recupero dietro salario del patrimonio edilizio pubblico nonché di quello privato colpevolmente non utilizzato (la Costituzione Italiana garantisce e tutela la proprietà privata perchè abbia una funzione sociale e sia accessibile a tutti) da destinare ai cooperanti stessi; l’irriscattabilità/intrasmissibilità delle abitazioni ERP, a fronte di adeguamento dei canoni di affitto alle variazioni delle retribuzioni e garanzia di continuità della fruizione.
Crediamo che un avanzamento della civiltà politica anche locale si avrebbe se il dibattito per l’elezione del prossimo sindaco si facesse tenendo conto di opzioni di questo tipo, anziché sulle problematiche relative agli equilibri interni di bottega delle diverse formazioni politiche. E’ veramente devastante pensare che un governo si regga o cada in riferimento ai destini giudiziari di un singolo individuo che rappresentano, in realtà, la possibilità o meno di impunità per un’intera classe di politici corrotti; oppure che il dibattito si sposti sul presunto rinnovamento di politici che si addobbano alla Arthur Fonzarelli.
Siamo convinti che il mondo esista, al di là degli ombelichi dei potenti di turno e faremo certamente in modo che, dal basso, si rifaccia sentire la voce di chi non dovrà mai più essere calpestato.
Prendocasa Modena
C.a.di.ca. Vignola
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