6 Aprile epocale in Sudan: quel milione che grida libertà
Il 6 aprile appena trascorso rappresenta una giornata storica per il Sudan
il cui popolo si avvia ad entrare nel quarto mese di lotta contro la dittatura militare di Omar al-Bashir.
Nelle più grandi mobilitazioni nazionali “a memoria di essere vivente”, secondo quanto riportato dall’emittente Radio Dabanga, un milione di persone ha raggiunto la capitale Khartoum nell’anniversario della caduta del regime militare di Numeiri del 1985; per dirigersi verso il quartier generale delle forze armate, il vero palazzo del potere del paese nubiano, e rimanere accampati alle sue porte in un presidio tuttora in corso.
Una sfida intollerabile per l’establishment militare che ha provato, fallendo, a disperdere la folla a colpi di arma da fuoco – ma lasciando sul campo 5 morti, tra cui un medico. Gli ordini dell’onnipotente polizia politica del NISS (vera spina dorsale del regime, con alle proprie dipendenze anche i paramilitari delle Forze di Intervento Rapido – in gran parte composti dalle ex-milizie Janjaweed da sempre attive nella repressione dei conflitti del paese) operano ormai un contesto in cui la sollevazione ha raggiunto una magnitudine tale da obbligare soldati semplici e quadri di basso rango dell’esercito ad operare una scelta di campo. Che la legge marziale dello stato di emergenza da poco proclamato ed i primi episodi di insubordinazione non possono che esacerbare.
Anche Anonymous, attivo fin dagli esordi della protesta con l’abbattimento di oltre 200 siti istituzionali, è tornato alla ribalta: l’ #OpSudan ha travolto i siti del Ministero dell’Economia, dell’Università e della Banca di Khartoum.
Forte dei numeri della piazza, da ieri la Sudanese Professionals Association, il sindacato informale rapidamente emerso alla testa delle manifestazioni, ha proclamato lo sciopero generale in tutto il paese a tempo indeterminato fino alla caduta del regime.
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