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Aborto legale: i festeggiamenti e l’emozione nei dintorni del Congresso

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“Ora si avvicina la Vigilia di Natale, ora si avvicina il Natale, in tutta l’Argentina l’aborto sia legale”.

Alle 7.23 la votazione favorevole al progetto di interruzione volontaria della gravidanza ha scatenato l’allegria nelle migliaia di persone che aspettavano con i loro fazzoletti verdi.

Ci sono stati abbracci e pianti di fronte al Congresso, la cui facciata si è tinta di fumo verde. Il contrasto con la spoglia convocazione celeste.

“Ho cantato, saltato, stavo ballando da tutte le parti, ho ballato tecno. È stata una festa. Sono rimasta sveglia e sono molto in ansia. Non ho potuto dormire, sto da tutte le parti, tipo scintille, ho bisogno di parlare di quello che sta succedendo”. Lara Bragan ha 19 anni, alcuni ciuffi lilla e bianchi nella frangetta, un giubbotto arancione molto cool e una “ansia” che si replica in alcuni dei giovani che da circa le 6.00 aspettano il risultato della votazione dei Deputati sul progetto di legalizzazione dell’aborto. Alcuni manifestanti sono totalmente  assorti negli schermi che trasmettono i discorsi dei legislatori; altri suonano tamburi; nella maggioranza dei corpi la stanchezza è massima. Si ammucchiano tanto nella Rivadavia come nella Callao; c’è chi dorme profondamente nelle strade e nei marciapiedi.

Ma alle 7.23, con i fazzoletti verdi e le bandiere di partiti e gruppi in alto, non rimane nessuno distratto. Ci sono abbracci e pianti di fronte al Congresso. La sua facciata si tinge subito di fumo verde. “Aborto legale nell’ospedale”, grida la folla così euforica come esausta. Lo sforzo di circondare la strada dalle 10.00 di giovedì -dal mercoledì, a rigor di termini- è valsa la pena, come evidenziano le referenti della Campagna Nazionale per l’Aborto Legale, Sicuro e Gratuito dal palco centrale del settore verde. “Come nel 2018 abbiamo una mezza approvazione; l’abbiamo conquistata nella strada. Vogliamo ora una data del suo trattamento al Senato. Vogliamo finire il 2020 con l’aborto legale, sicuro e gratuito per tutti”, reclamano.

“Ora si avvicina la Vigilia di Natale, ora si avvicina il Natale, in tutta l’Argentina l’aborto sia legale”, “aborto libero e legale e che i preti se ne vadano a lavorare” e classici come “Abbasso il patriarcato che cadrà, evviva il femminismo che vincerà” sono altri dei canti del festeggiamento, che seguono al clima di ansia che fino a quel momento si viveva, accentuato dai ritardi protocollari della votazione o da situazioni come l’incrocio tra Ritondo e Massa.

Il medesimo scenario portegno, nelle prime ore della notte, offriva una cartolina diversa. Il lato di viale Callao fino a Corrientes, occupato da coloro che erano a favore del progetto, era, come moltx ripetevano, una festa. Il ballo era il protagonista. Ad ogni passo era possibile incontrare gruppetti che danzavano. Murga, cumbia, reggaetón. I corpi liberati, accaldati, con pochi indumenti; i visi truccati. Donne prima di tutto e anche alcuni maschi nelle ronde. Rivadavia, soprattutto, era un formicaio con nessun distanziamento sociale, profumo e fumo di panini con salsiccia e hamburger, moltx venditori di birra e una fila interminabile di gazebo di partiti e gruppi. Dal lato celeste -da viale Entre Ríos fino a Belgrano- l’atmosfera era più tranquilla e silenziosa. E notevolmente meno numerosa: verso le 2.00 ci sarebbero state circa 300 persone. Le telecamere circondavano Viviana Canosa, un uomo arringava e si intonavano canzoni dedicate ai bambini non ancora nati, circolavano monache, i discorsi erano seguiti da sedie da regista pieghevoli e sedie di plastica. C’erano molto pochi gazebo, come quello del gruppo Chinda Brandolino, i cui referenti erano persone vestite da militari.

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Di mattina, in attesa del risultato, con un cielo nuvoloso che minacciava pioggia, le/i giovani perlustrano i chioschi in cerca d’acqua, i venditori di panini con salsiccia e hamburger continuano la caccia dei clienti, anche quelli della birra che ora la offrono senza tanto impegno. La strada contiene tutti i rifiuti di una lunga notte, i gazebo che rimangono vengono smontati, le persone in situazione di strada si incontrano sulla scena. Si fa più presente il mate. Si continuano a vendere fazzoletti e mascherine verdi e viola. Moltx dormono o riposano, la maggioranza segue con molta concentrazione gli interventi dei legislatori negli schermi disposti ogni due isolati e in ambedue le estremità del Congresso. Rispondono. Applaudono quando concordano con un discorso; sibilano, fischiano quelli che gli generano rifiuto. Le bandiere della militanza sono già in alto.

Fischiano per esempio Graciela Camaño, che dice che il progetto punta a “trasformare il feto in quello che i romani hanno chiamato res”, e che va indietro di “207 anni”. Due manifestanti che portano un cartello con la scritta “anche noi trans abortiamo” festeggiano all’angolo della Montevideo con la Rivadavia che la deputata Gabriela Estévez menzioni il collettivo, lo riconosca. Ci sono applausi per Nicolás del Caño quando fa allusione al suo rifiuto della obiezione di coscienza istituzionale, uno dei punti del progetto messo più in discussione. Si applaude anche Pino Solanas, menzionato da Gabriela Cerruti.

Sono arrivata e mi sono messa a piangere, per l’incontro, l’amore che si sente camminando per questi isolati. È andare sorridendo e che tutte ti restituiscano un sorriso molto contenuto e ricambiato; è dirci quello che vogliamo dirci senza aver trovato le parole”, dice Lara, che studia Arti Drammatiche all’UNA e sta insieme alle sue compagne di corso. “Questa volta è stata divina comparata al 2018, che avemmo pioggia e freddo. C’è stato meno movimento perché l’organizzazione è stata differente, con alcune attenzioni per il contesto, cercando di mantenere la distanza. Ma ha questa cosa di rituale e la convinzione che i diritti si conquistano in strada: bisognava esserci”, sottolinea Marcela Gacic.

Lei è una lavoratrice sociale dentro il sistema di salute pubblico. “Lavoro in spazi dove si garantisce l’accesso all’interruzione legale, ma anche stando in questi spazi amichevoli mettiamo le donne in una specie di banco, facciamo sì che espongano questioni intime della loro vita, perché hanno bisogno che la loro situazione si inquadri nelle casuali che la legge riconosce”, spiega. Alejandra ed Ayelén si definiscono come parte del gruppo della “gente di 30” che ha seguito tutto il dibattito comodamente da casa sua. “Siamo venute alle 6.00 e abbiamo preso un caffè con latte”, racconta tra le risate, e suggeriscono di non dimenticare la pandemia. Le percorre una felicità contenuta -“nel 2018 soffrimmo molto”- ma ora si preparano per la veglia al Senato.

11 dicembre 2020

di María Daniela Yaccar per Página/12

Traduzione a cura del Comitato Carlos Fonseca

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