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Brasile, la fine della Conf Cup non è che l’inizio

 

 

Il voler proseguire fino in fondo con un evento che ha portato tante contraddizioni nel sistema brasiliano, con una pacificazione sociale saltata e un danneggiamento dell’immagine democratica da cartolina per i prossimi grandi e già contestati eventi-vetrina (Mondiali di clacio e Giochi Olimpici in primis), traccia una tendenza già vista in altre latitudini e che sembra il trait-d’union delle proteste di massa contro i progetti di accumulazione capitalistica. 

 

 

A far saltare qualsiasi possibilità di mediazione tra le élites e la massa c’è la sfrontatezza di portare avanti un progetto che, senza troppi indugi, viene bollato da milioni di persone come una follia finanziaria bella e buona: il non voler ascoltare la voce unisona e diffusa, le ragioni intrinseche di un NO che si fa carico di responsabilità (accenno di una possibilità costituente minacciosa per i poteri forti), ha costruito le condizioni psicologiche perché la rabbia contro il sistema di  rappresentanza democratico della Repubblica federale emergesse in tutta la sua intensità e trasversalità. 

 

Con questo, il rincaro dei bus, di cui tanto si è parlato e scritto, appare ora come un aspetto tangente quanto modesto, tant’è che dopo la parziale vertenza vinta, le assemblee nate da quella iniziale protesta sono maggiormente partecipate adesso che non all’inizio, e alludono già all’essere i prodromi di contro-istituzioni. 

 

 

Se Maggio consegnava al mondo l’animarsi della piazza turca di fronte ad un governo fortemente impegnato nella dismissione a tuttocampo dei diritti, queste settimane caldissime in Brasile evidenziano quanto alta sia la posta in palio di un momento in cui le governance neoliberiste vorrebbero protrarre le loro politiche nonostante il consenso sociale attorno ad esse stia naufragando, e non sono disposte a cedere niente pur di attraversare indenni (casomai irrobustendosi) questo periodo di turbolenze globali,indignazioni e rivolte su larga scala. 

 

 

La temperatura sociale si è elevata laddove la classe media ha afferrato di non essere più ascoltata, e la destabilizzazione che ne consegue apre praterie immense per la crescita di movimenti antagonisti e dal basso in grado non solo di ripensare le forme del vivere comune degli spazi urbani (vedi Gezi Parki) attraverso il conflitto a tutto campo contro i dispositivi di governance (vedi le forze dell’ordine schierate intorno agli stadi), ma di poter creare gli anticorpi per una resistenza conflittuale di lunga durata che si fa ipotesi sempre più concreta e meno estemporanea, meno rappresentazione stantìa di coalizioni e più modello di riproduzione sociale di comportamenti giusti e di parte. Prendiamo appunti.

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