Brasile: tentato golpe bolsonarista, attaccati la sede del palazzo del Governo, del Congresso e della Corte Suprema
Questa domenica i simpatizzanti dell’ex presidente Jair Bolsonaro che non accettano il risultato elettorale hanno occupato con la forza tre edifici pubblici, cioè il Palazzo di Planalto, il Congresso Nazionale e la sede del Supremo Tribunale Federale, rompendo il blocco realizzato nella Spianata dei Ministeri a Brasília dalla Polizia Militare e dalla Forza di Sicurezza.
Nei video trasmessi sui social network, molti dei partecipanti hanno documentato la distruzione e gli attacchi agli agenti di polizia, sebbene siano circolate anche registrazioni in cui gli uomini in uniforme sono stati visti in un atteggiamento apparentemente passivo mentre i manifestanti perpetravano la presa del potere.
In pochi minuti di confusione ed eccitazione, la scena delle strutture rotonde dell’architetto Oscar Niemeyer circondata da centinaia di persone che chiedevano le dimissioni del presidente Luiz Inácio Lula da Silva e un intervento militare si è diffusa sui social network, appena una settimana dopo che il leader del Partito dei lavoratori (PT) ha assunto il suo terzo mandato.
Dal giorno seguente alle elezioni del 30 ottobre, nelle quali Lula da Silva ha sconfitto Bolsonaro, centinaia di militanti d’estrema destra fedeli all’ex capo di stato sono accampati di fronte al Quartiere Generale dell’Esercito, a Brasilia.
Ora le forze di sicurezza hanno ripreso il controllo del Palazzo Planalto e del Congresso nazionale, dopo aver assicurato il Tribunale federale. Secondo quanto riportato dai media sarebbero oltre 400 gli arresti tra i sostenitori di Bolsonaro dopo l’assalto.
Intanto emergono le prime responsabilità politiche quali quelle del governatore del Distretto Federale di Brasilia, Ibaneis Rocha, che ha assicurato di aver dato l’ordine a tutte le forze di polizia di contenere i manifestanti.
Tuttavia, ore dopo, il consigliere ha annunciato il licenziamento del suo segretario alla pubblica sicurezza, Anderson Torres, che è stato ministro della Giustizia del governo Bolsonaro, tra il 2021 e il 2022.
Rocha si è anche scusato con Lula e il resto delle istituzioni attaccate durante il giorno: “Quello che è successo oggi è inaccettabile. […] Sono veri vandali, veri terroristi”, ha detto in un video pubblicato sui social media.
Notizie di stampa locali affermano che l’ormai ex funzionario è in vacanza negli Stati Uniti, il che ha causato un’ondata di ripudio e la richiesta dell’Ufficio del Procuratore Generale (AGU) di perseguirlo come presunto responsabile degli eccessi. Il giudice della Corte Suprema Federale Alexandre de Moraes ha ordinato in seguito la rimozione del governatore del Distretto federale di Brasilia Ibaneis Rocha per un periodo di 90 giorni.
Bolsonaro, nel frattempo, è negli Stati Uniti. Il suo viaggio in territorio americano è avvenuto pochi giorni prima dell’insediamento di Lula, che non solo ha reso l’ex presidente il grande assente del trasferimento, ma ha suggellato il suo clamoroso silenzio sulla sua sconfitta elettorale.
Nel frattempo, il Partito Liberale – che ha sostenuto Bolsonaro – ha preso le distanze dalle violente proteste, anche se in tono ambiguo ha rivendicato l’accampamento dei bolsonaristi davanti alla Caserma.
Il presidente del Partito dei Lavoratori brasiliano, Gleisi Hoffmann, ha denunciato che ciò che è accaduto domenica a Brasilia “non è un movimento di massa, né spontaneo”. Questi atti di violenza sono stati organizzati da “banditi, che hanno interessi molto chiari: estrattivismo illegale, accaparramento di terre, liberalizzazione di armi, milizie e altre cose, tutto questo benedetto da Bolsonaro”, ha detto Hoffmann.
Ma al di là delle voci della scena politica brasiliana che sono uscite allo scoperto per rifiutare la violenza, durante la giornata si è evidenziata la reazione internazionale a sostegno del governo entrante. Paesi come Venezuela, Messico, Ecuador, Cuba, Cile, Bolivia, Argentina, Colombia e Spagna sono stati i primi a prendere parola per condannare l’irruzione del bolsonarismo contro le tre istituzioni.
Lula a meno di una settimana dal suo insediamento affronta la prima crisi politica determinata dall’evidente spaccatura e polarizzazione interna al paese che si era già manifestata durante la tornata elettorale tra chi è interessato a perpetuare un sistema di sviluppo distruttivo, di sfruttamento della natura e dell’uomo e chi ha riposto la speranza nel leader del Partito dei Lavoratori perché inverta la rotta imposta da questi anni di bolsonarismo.
Risulta abbastanza automatica l’associazione con quanto avvenuto il 6 gennaio 2021 con l’assalto a Capitol Hill, ma se il tentativo di emulazione è evidente e si situa ormai all’interno delle pratiche dell’internazionale sovranista di estrema destra, i due eventi anche solo per una questione di collocazione geografica hanno significati ed effetti non immediatamente sovrapponibili.
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