Egitto: l’agitata strada delle elezioni
La Corte Costituzionale scioglie il Parlamento, dichiarando incostituzionale la legge elettorale con cui era stata eletta l’Assemblea del popolo.
Elezioni dunque da rifare, anche se le leggi finora approvate restano valide.
Piazza Tahrir torna a riempirsi…
Dopo che le piazze egiziane erano tornate a riempirsi in segno di protesta contro la sentenza di una decina di giorni fa nei confronti del vecchio regime (percepita dalla stessa piazza come insufficiente rispetto alle barbarie compiute dal vecchio rais), l’attenzione ora cresce per il ballottaggio delle elezioni presidenziali che si terrà nelle giornate del 16 e 17 giugno.
La battaglia si gioca tra Shafiq, l’ultimo primo ministro di Mubarak e, dunque, espressione del vecchio regime, e Morsi, leader dei Fratelli Musulmani.
A questo si aggiunge però il ruolo che potrebbe giocare la Corte Costituzionale (la cui composizione è rimasta praticamente immutata rispetto al periodo precedente la rivoluzione e che ora è quindi fortemente piegata al volere della giunta militare incaricata della transizione), che potrebbe decidere di invalidare le elezioni dello scorso gennaio, nonché le imminenti presidenziali, anche se quest’ultima ipotesi è meno realistica perché ostacolerebbe una probabile vittoria di Shafiq al ballottaggio.
L’eventuale decisione della Corte muoverebbe dall’accusa di vizi di forma ed eccessi di potere, ma dietro alle giustificazioni di carattere legale si celano più probabilmente i tentativi di attacco dell’esercito verso il parlamento egiziano, oggi a grande maggioranza islamista, oltre che un possibile tentativo di pacificazione delle insofferenze che si sono levate verso la sentenza di qualche giorno fa.
La vittoria di Shafiq troverebbe un punto di forza nell’esercito, che continua ad avere un peso determinante nella vita politica egiziana e che alle scorse elezioni aveva votato in blocco per il candidato dell’ex regime.
Dall’altro lato il candidato di Libertà e Giustizia tenta di far leva sui malumori seguiti alla sentenza contro Mubarak e più in generale su quanti si oppongono agli attacchi sferrati in direzione di una ‘controrivoluzione’, ma i protagonisti del processo insorgente continuano a respingere qualsiasi tentativo di rappresentabilità da parte degli attuali contendenti.
Nulla è quindi scontato rispetto all’esito del ballottaggio, mentre resta il dato di una piazza Tahir che, a distanza di mesi, continua ad essere in movimento.
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