Ende Gelande: bloccata la più grande miniera di lignite d’Europa
Nel 2010 in Germania nasce Ende Gelande, un movimento per la giustizia climatica e che si batte per la fuoriuscita dal fossile.
La maggior parte dell’agire politico di questo movimento si basa sulla volontà di smascherare l’ipocrisia tedesca, che da decenni si spaccia come avanguardia nella nuova tendenza della finanza, la green economy.
Nonostante la Germania si sia resa capofila di diversi accordi internazionali, inerenti alla questione climatica e alla decarbonizzazione, tra cui il famoso Accordo di Parigi, ad oggi ha dovuto disattendere diverse promesse, tra cui quella fatta dieci anni fa dal governo Merkel che garantì un ingente diminuzione delle emissioni (del 40%) entro il 2020, programma per cui lo Stato tedesco investì 500 miliardi ma che ad oggi si dimostra fallimentare se consideriamo che la Germania dipende ancora a livello economico e sociale, dal mercato del carbon fossile. Ad oggi, il carbone è responsabile dell’ottanta per cento delle emissioni di anidride carbonica dell’intero settore energetico tedesco.
Il progetto in questione fu chiamato “Energiewende” (inversione di energia) e procurò ad Angela Merkel il soprannome di “cancelliera del clima” e un progressivo consenso nazionale (che sta velocemente perdendo a causa delle vane promesse fatte).
La prima trovata del governo tedesco fu quella di puntare tutto sul nucleare, ma dopo il disastro di Fukushima del 2011 si vide costretta a chiudere tutti e 17 reattori nucleari entro il 2022 e ciò ha creato l’alibi per cui il processo di decarbonizzazione sarebbe stato rallentato.
C’è da sottolineare anche il dato che evidenzia come la Germania, in tempi odierni, sia il secondo estrattore di carbone e lignite mondiale, dopo la Cina.
Questi pochi ma significativi elementi a disposizione di chiunque rendono evidente il fatto che la Germania sia ben lontana dal raggiungere gli obiettivi preposti.
E’ in questo contesto politico che Ende Gelande prende piede, dotandosi di forme di disobbedienza civile di massa che negli anni hanno ostacolato, con modalità quali blocchi e sabotaggi, i lavori all’interno delle miniere e delle centrali collocate soprattutto nella zona della Nord Reno Westfalia. La partita negli ultimi anni si gioca prevalentemente in questa zona, poiché è uno dei territori in cui più emerge la contraddizione tedesca; una volta compreso che entro il 2020 la Stato non sarebbe stato in grado di garantire una fuoriuscita netta dal fossile ha dovuto riadattare i piani, posticipando la scadenza al 2038, da ciò ci si aspetterebbe che quanto meno iniziasse adesso una programmatica recessione, mentre l’ultima mossa del governo e annesse lobby del fossile è stata quella di radere al suolo 17 villaggi situati proprio in Westfalia per permettere l’ampliamento delle miniere della RWE.
Il weekend scorso si è riprodotta la pratica del blocco nella più grande miniera di lignite d’europa, dalle parti di Bonn. In contemporanea sono state rese fuori uso anche la miniera a gas di Lausward, la miniera a carbone di Weisweiler, le annesse centrali e i nastri trasportatori. L’ultimo blocco che è riuscito a resistere allo sgombero della polizia è stato quello che ha occupato la ferrovia tra la miniera di Hambach e la centrale a carbone, i resistenti sono poi stati trasportati in una centrale di polizia con un treno del carbone.
Non è la prima volta che si pratica un’azione di resistenza nella foresta dI Hambach, anzi ad oggi questo è considerato un posto fortemente simbolico poiché terreno di battaglia ormai da anni per quanto riguarda la contrapposizione al perpetuarsi dell’utilizzo delle miniere delle centrali. Tre anni fa il movimento ha resistito sugli alberi con delle casette autoprodotte per rallentare le operazioni di polizia.
Durante l’ultimo giorno di azioni è stata espressa la solidarietà anche a Dana, militante NO TAV incarcerata il 17 settembre, in quanto ci si riconosce come parte nella lotta ambientale e per il clima, con obiettivi comuni per quanto riguarda la contrapposizione netta alla pratica dell’estrattivismo, in ogni forma esso si manifesti sul territorio. Al blocco ha partecipato anche una delegazione di Rise Up 4 Climate Justice nata nel contesto del Venice Climate Camp.
Il modo di organizzarsi di Ende Gelande è decisamente singolare; la struttura del movimento è atomizzata in tanti gruppi, ognuno di questi portatore di un’istanza specifica e soggettiva che si riconoscono una cosa sola sotto la cornice dell’anticapitalismo, come incarnazione di ogni forma di oppressione e dominio.
Sul piano pratico gli obiettivi delle azioni, come quella di sabato scorso, vengono attaccati da vari fingers (che corrispondono ai gruppi sopra citati), da postazioni diverse e con gradi d’intensità dell’azione differenti, in modo da rendere il più accessibile possibile l’azione a tutte e tutti autodeterminandosi. Si è pensata una forma che rendesse accessibile l’azione anche ai disabili, creando un finger apposito e studiando un modo per permettere loro di essere parte sostanziale e integrante del sabotaggio. Quest’anno in particolare i finger sono stati più numerosi per un’autotutela rispetto al contagio da Covid-19.
Nei giorni che precedono l’azione i finger vengono suddivisi in diversi campi base, in cui avvengono assemblee preparatorie e dei training di addestramento alla parte pratica della resistenza.
Durante i blocchi, all’interno dei finger avviene un’ulteriore divisione in affinity group, per cui ogni referente di affinity group si coordina con gli altri referenti, in virtù del principio di autodeterminazione.
E’ molto importante collettivizzare ragionamenti e pratiche di resistenza e attacco che si contrappongono al sistema vigente, per permettere che il cambiamento sistemico e radicale che è necessario che avvenga possa verificarsi nel minor tempo possibile e con un’efficacia che non lascia spazio a passi indietro.
Dobbiamo continuare a lottare sui nostri territori per un cambio di rotta immediato.
Rivoluzione o estizione!
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