Francia: a Villepinte contestato il candidato di estrema destra Zemmour
Éric Zemmour è il nuovo prodotto elettorale di estrema destra partorito dal laboratorio francese. La sua candidatura esprime l’ennesimo tentativo dell’ultradestra di tradurre a livello mainstream alcuni assunti ideologici di carattere reazionario, nazionalista e xenofobo. Il partito lanciato dal giornalista conservatore si chiamerà ‘Reconquête’ ed avrebbe come obbiettivo quello del ritorno ad una presunta “Grande Francia” del passato, portando avanti un’operazione di revisionismo storico e maquillage politico. Il 5 dicembre Zemmour ha tenuto un primo comizio al Palazzo Esposizioni di Villepinte, a nord di Parigi, sulle note della Marsigliese davanti a diverse migliaia di sostenitori. Oltre 2000 manifestanti antirazzisti hanno sfilato invece contro la sua candidatura, con scontri e tafferugli diffusi. Di seguito riportiamo la cronaca di quanto accaduto a cura di ACTA e un’intevista di Radio Onda d’Urto.
Dopo la cancellazione dell’incontro parigino di Zemmour e la sua trasferta al centro espositivo di Villepinte, da ieri circolavano diversi appelli antifascisti per interrompere il lancio della campagna elettorale del candidato di estrema destra. Verso le 12, circa un centinaio di persone, la maggior parte delle quali arrivate raggruppate dalla RER (Servizio Ferroviario Urbano e Suburbano, ndt) da Parigi, si sono radunate all’uscita della stazione, mentre le forze dell’ordine, inizialmente discrete, sono cresciute a vista d’occhio. Abbastanza rapidamente, questo primo gruppo è stato costretto a partire in un corteo selvaggio per evitare di essere circondato e intrappolato. Ma mentre i manifestanti non hanno praticato la minima offensiva, sono stati immediatamente inseguiti dal BRAV (Brigate motorizzate di polizia che intervengono durante le manifestazioni, ndt) e hanno visto il loro corteo disperdersi meno di dieci minuti dopo la sua formazione. Dietro la polizia, decine di attivisti neonazisti sono venuti a dare la caccia ai manifestanti di sinistra. Eclatante illustrazione dell’epoca: i fascisti fanno gli ausiliari della polizia nazionale che a sua volta protegge l’incontro di un candidato di estrema destra inseguendo chiunque voglia opporvisi. Le ore che seguirono furono solo la ripetizione di questo schema iniziale: gruppi di manifestanti a volte si radunavano a volte sparsi per la stazione, costantemente vessati da un gonfiato dispositivo di polizia, con il BRAV in prima linea. I video che mostrano giornalisti presi di mira e picchiati a terra sono circolati su Twitter mentre la prefettura ha riferito di circa 50 arresti tra gli oppositori della manifestazione.
Se da un lato va accolta la mobilitazione di circa 200-300 persone che hanno risposto a una chiamata trasmessa solo 24 ore prima, è chiaro che l’incontro di Zemmour non è stato gravemente interrotto né tanto meno bloccato. Gli organizzatori del parallelo evento parigino, dal canto loro, hanno ritenuto opportuno mantenere la loro iniziativa fino alla fine – il percorso che li conduce a La Villette reso ancora più assurdo dall’annullamento dell’incontro parigino di Zemmour – mentre la presenza di diversi centinaia di persone in più a Villepinte avrebbero potuto permettere che venisse esercitata una pressione reale intorno al Parc des Expositions e che si spostassero i rapporti di forza.
La giornata odierna ha confermato un dato già noto, ovvero che la polizia non esiterà a dispiegare tutti i mezzi necessari per tutelare la campagna di un candidato apertamente suprematista e razzista (tra cui l’annuncio della creazione di ‘un partito chiamato Reconquest conferma la prospettiva di un guerra civile aperta), mentre gli attivisti di estrema destra svolgeranno il loro ruolo di supplenti della repressione ogni volta che una mobilitazione popolare tenterà di opporsi a Zemmour in strada. Ma questa domenica 5 dicembre rivolge anche una domanda urgentissima a tutto il nostro campo: qual è la strategia più efficace da adottare per affrontare Zemmour e il suo mondo? Organizzare una manifestazione impotente come segno di ammissione di debolezza a diversi chilometri di distanza oppure tentare di smantellare concretamente la campagna del polemista-neo-candidato, ad esempio immaginando blocchi logistici derivanti da possibili alleanze tra sindacalisti, gilet gialli e giovani in lotta? Ricordiamo a chi ha dimenticato che anche il sabotaggio fa parte della tradizione del movimento operaio da più di un secolo. Non possiamo permetterci il lusso della divisione. È solo al costo di una risposta coerente e unificata che saremo in grado di fermare l’ascesa reazionaria del potere e progettare un’alternativa.
Da Parigi Andrea Mencarellli attivista di Potere al Popolo ai microfoni di Radio Onda d’Urto:
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