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Gattopardo di Marocco, la piazza rifiuta la riforma costituzionale del Sultano

Dal 20 febbraio in poi la monarchia del Re Sole marocchino si è posta il problema di come arginare le potenziali escalation di contestazione, riuscendoci nella misura in cui queste si sono o sono state fermate sul nascere, per quanto questo binomio non sia sufficiente a descrivere: sovrano il metodo d’analisi che obbliga al particolare e peculiare se al cospetto di Maghreb Mashreq o Medioriente che sia, ma indispensabile è osservare come sia riuscito il tentativo di incanalare il ‘Movimento del 20 febbraio’ (quindi – pare – gli spaccati sociali che ad esso sono stati partecipi o contigui) dentro un filone para-istituzionale, riformista. Oggi parziali risposte che possiamo rintracciare sulla composizione e direzione della protesta, sul ‘Movimento del 20 febbraio’, etc, non possono che mantenere il loro carattere parziale, transitorio, di fase.

E la prima contraddizione potenziale che troviamo sul Marocco ci è restituita proprio dall’ultima mobilitazione di piazza a Casablanca, la più grande città del paese, nella radicalità delle parole d’ordine portate in piazza: le foto del raduno del Movimento è affollato di cartelloni con sopra scritto ‘Dst degage’ (la Dst è la polizia segreta marocchina, ndr), ma anche ‘No a una costituzione pensata per gli schiavi!’, ‘Hurria’, ‘No alla Costituzione della dittatura!’. La piazza ha respinto le proposte avanzate da Mohammed VI, che prevedono tra l’altro di conferire più autorità al primo ministro, conservando per il sovrano il controllo delle forze di sicurezza e dell’esercito, oltre che delle istituzioni religiose del paese. Il progetto reale sarà sottoposto al giudizio referendario il 1 luglio prossimo, il Movimento ha fatto sapere che boicotterà il referendum popolare, pretendendo una monarchia parlamentare (…).

Almeno 20mila manifestanti hanno protestato contro la nuova Costituzione, in migliaia sono scesi in strada anche a Rabat, Tangeri e in altre località. Gli analisti internazionali sostengono che sia molto probabile e realistico immaginare una convalida del nuovo testo, prendendo atto delle mancanze – all’oggi – dei giovani marocchini nell’aggregare una forza simile e potente ad altre piazze della primavera araba, laddove è stata la parsimonia del sultano ad emergere (pubblicamente) e l’irriducibilità del sistema a manifestarsi tramite il tremendo attentato di Marrakesh (violentemente).

Staremo a vedere, il futuro non è scritto nemmeno sotto il gattopardo marocchino.

 

Ascolta l’approfondimenti di Radio Onda d’Urto con Jacopo Ganci, giornalista freelance

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