La marcia indigena scuote l’Ecuador
Molto probabilmente si apprestano a farlo ancora. Rafael Correa, il presidente ipocrita e autoritario che li ha sfidati con furbizia e arroganza, gode di un ingiustificato credito democratico internazionale alimentato dalle semplificazioni e dal pressapochismo dei media. Ha abusato a lungo della proverbiale pazienza indigena, dicono i figli della Pachamama, adesso il tempo della pazienza è finito
Il dado è tratto. Domani (oggi per chi legge in Italia, ndt) 2 agosto prenderà l’avvio la Grande Marcia “Per la vita, la dignità e la libertà” decisa dalla CO.NA.IE., la Confederazione degli indigeni dell’Ecuador, su impulso primigenio di Ecuarunari, la Confederazione degli indigeni kichwa, una delle tre che conformano la CO.NA.IE (le tre confederazioni corrispondono più o meno agli indigeni degli altipiani, quelli della costa e quelli dell’Amazzonia).
La marcia, a cui hanno aderito altri settori non indigeni della società ecuadoriana, percorrerà oltre mille chilometri attraverso 7 province del paese, per giungere a Quito il giorno 13 e unirsi al grande sciopero nazionale programmato per quel giorno dalle organizzazioni sindacali unitarie e dove è programmata una “presa di possesso” (toma) “pacifica” e “simbolica” delle strade e delle avenidas della capitale.
Senza permesso
Grande deve essere la rabbia del mondo indigeno a causa dello smantellamento, progressivo e sempre più rapido, attuato dal governo Correa dei diritti conquistati in decenni di dura lotta, per giungere a questa prova di forza.
Gli indigeni e le organizzazioni sindacali, studentesche ed ecologiste che si sono unite ad essi, hanno dichiarato che non chiederanno il permesso alle autorità locali per l’attraversamento delle zone attraversate: “A nessuno de los alcaldes (i sindaci, ndt) né ai governi locali chiediamo il permesso. L’unica a cui chiederemo permesso è la Pachamama, come ci hanno insegnato i nostri antenati … […] Noi stiamo qua da 10.000 anni e 523 anni or sono vennero gli spagnoli […] Che diano autorizzazioni là dove compete loro, perché le nostre terre appartengono ai nostri padri, le strade appartengono agli ecuadoriani e non c’è ragione per chiedere permesso ad alcuno ma solo alla Madre Terra“, ha detto Carlos Pérez Guartambel, l’attuale presidente di Ecuarunari.
La Resistenza secondo il diritto
Da parte sua Pablo Serrano, Presidente del Fronte Unitario dei Lavoratori (FUT) ha dichiarato che, trattandosi di una mobilitazione convocata dalle organizzazioni sindacali e appoggiata dalla cittadinanza, se necessario si ricorrerà al diritto alla resistenza riconosciuto in queste circostanze dall’articolo 98 della Costituzione.
Il percorso
La marcia prevede due colonne: una risalirà dal sud del paese e l’altra dal nord mentre gruppi indigeni dell’Amazzonia convergeranno da est sulla capitale.
Quando gli indigeni ecaudoriani si muovono
Ricorre quest’anno il 25esimo anniversario della prima sollevazione indigena in epoca contemporanea, quella del 1990. L’obiettivo allora fu reclamare la terra e l’istituzione di uno Stato plurinazionale. A questa seguì una nuova sollevazione nel 1992, e questa volta il governo Borja dovette assegnare terre a comunità e campesinos. Una nuova sollevazione ebbe luogo nel 1994 per protestare contro la Legge dello Sviluppo Agricolo che sopprimeva la riforma agraria e bloccava la divisione dei latifondi. Furono ottenuti vari cambiamenti alla legge, ma parziali.
Nel 1997 gli indigeni furono parte importante dello sciopero nazionale che portò alla caduta del governo di Abdalá Bucaram, “el loco”. Nel novembre dello stesso anno, la Conaie assieme ad altre organizzazioni promosse una marcia nazionale per richiedere una nuova Costituzione che infatti fu varata nell’agosto successivo.
Nel 2000 nuova sollevazione, contro la dollarizzazione dell’economia. Portò alla caduta del presidente Jamil Mahuad. Una grande marcia di avvertimento al governo Correa fu organizzata nel marzo del 2014 “per l’acqua e la vita”, contro la politica del governo Correa in questo delicato settore.
Il movimento indigeno fu invece assente nella sollevazione del 1994, detta dei forajidos, che portò alla caduta del governo Gutierrez. Ma questa è una storia che racconteremo a parte, quando parleremo della sconfessione netta e definitiva avvenuta in questi giorni di Pachakutik, il ‘braccio politico’ del movimento.
Alcune brevi considerazioni
Quanto sopra riassume in modo molto sintetico alcuni temi che necessitano di approfondimento per una corretta comprensione degli avvenimenti. Riporteremo sul sito www.kanankil.it una documentazione più ampia e cercheremo di seguire da vicino lo sviluppo degli avvenimenti. Crediamo che dopo le vicende europee di Syriza una riflessione e un confronto con altre situazioni e altre cosmovisioni, apparentemente molto lontane, sia d’obbligo. Ma molte sono anche le domande cui si deve cercare di dare risposta.
Perché gli indigeni, ai quali si stanno unendo altri importanti settori della società ecuadoriana, hanno deciso di sfidare il governo Correa, forte di una rielezione, appena due anni or sono, col 57,5 per cento dei voti?
Perché lo hanno fatto in un momento in cui il governo ha presentato al parlamento due leggi apparentemente progressiste come la legge sull’eredità e quella sui guadagni speculativi, che hanno portato in piazza la destra, la quale nelle amministrative del 2014 ha dato forti segni di recupero elettorale? Non temono gli indigeni le accuse di fare il gioco delle destre, come già sta avvenendo?
Cosa è accaduto perché un governo che aveva esordito con la promulgazione di una nuova Costituzione che riconosceva i “diritti della natura” e la pluralinazionalità dello Stato, che aveva apertamente contestato le grandi istituzioni finanziarie internazionali (FMI e Banca Mondiale) e aveva fatto in poco tempo altre cose certamente importanti, si trovi oggi a scontrarsi proprio con la base sociale che ne aveva supportato l’andata al potere?
Le fila si possono trovare nel ripercorrere alcune contraddizioni delle politiche di questi anni. Cercheremo di raccontarlo attraverso le ragioni della sollevazione contenute nella dichiarazione di Ecuarunari.
ECUARUNARI: APPELLO A UNA SOLLEVAZIONE INDIGENA NAZIONALE PER LA VITA, L’EDUCAZIONE, LA TERRA, LA GIUSTIZIA E LA LIBERTÁ – 22 giugno 2015-08-04
Le decisioni dell’assemblea della Confederazione Kichwa dell’Ecuador.
Nel corso (degli ultimi) 8 anni di governo, in Ecuador è venuta approfondendosi la crisi del capitalismo, adeguandosi alle condizioni mondiali della tappa imperialista e la cui base fondamentale continua a essere lo sfruttamento dell’essere umano e della natura nella linea di dominio coloniale che dura da 523 anni.
CONSIDERANDO:
Che il governo della “Rivoluzione Cittadina” ha usurpato i simboli, le lotte, i riti e le azioni che i popoli hanno creato nel corso della storia.
• Che il progetto dell’attuale governo è stato fondato sulla sottomissione al capitale transnazionale cinese e di altri. Questo danneggia la sovranità nazionale e ipoteca il paese consegnandolo alle imprese minerarie, petrolifere, telefoniche, farmaceutiche, ecc.
• Che le modifiche costituzionali in atto danneggiano diritti costituzionali come quello a un sindacalismo pubblico. Favoriscono invece la militarizzazione interna del paese, le restrizioni alla partecipazione dei cittadini attraverso le consultazioni, la violazione dei diritti umani e la pretesa di rielezione a tempo indeterminato sotto la quale si occulta un governo dittatoriale.
• Che il governo si è guardato bene dal rafforzare i diritti collettivi. Lo si è visto con la cancellazione dell’educazione culturale bilingue, con la chiusura delle scuole comunitarie e con la riduzione dell’autonomia indigena e della libera determinazione delle popolazioni.
• Che è grazie alla sollevazione degli anni ’90 che il movimento indigeno ha ottenuto la Costituzione dello Stato Plurinazionale e Interculturale e i diritti collettivi, fondati sulla libera determinazione e ispirati all’autentico Sumak kawsay (buon vivere, ndt).
• Che la storia richiede un’azione adeguata del movimento indigeno e dei settori sociali del paese di fronte alla crisi economica, politica, sociale ed etica che attraversa la società ecuadoriana. Serve un’azione adeguata, però, anche di fronte alla crisi mondiale della civilizzazione e a uno Stato che pretende di perpetuarsi. Si tratta di uno Stato capitalista, estrattivista, coloniale, patriarcale, classista e razzista rappresentato da un regime, autoritario e populista, sottomesso al potere nazionale e transnazionale.
DECIDE DI:
• Convocare a una Sollevazione indigena nazionale per la vita, l’educazione, la terra, la giustizia e la libertà.
• Di fronte alla crisi sociale, economica e di governabilità del paese, proponiamo di convocare, insieme ai movimenti sociali, alle organizzazioni di sinistra e a tutti i settori storicamente sfruttati, una nuova Assemblea Costituente al fine di costruire lo Stato Plurinazionale.
• Recuperare e rafforzare l’Educazione interculturale bilingue a livello elementare, medio e superiore e non consentire la chiusura ulteriore di scuole comunitarie.
• Presentare una denuncia legale allo Stato ecuadoriano per violazione dei Diritti Collettivi, per i danni e e le violenze causati alle comunità della nazionalità Kichwa.
• Chiediamo la democratizzazione della ricchezza sociale e una profonda riforma agraria ridistribuendo la terra, l’acqua e le altre fonti di vita privilegiando l’economia comunitaria e solidale in armonia con la Pachamama e ispirati all’Alli Sumak Kawsay.
• Ci opponiamo al cambiamento della matrice produttiva al servizio delle grandi corporation nazionali e internazionali che impongono le mega miniere, lo sfruttamento petrolifero, i progetti idroelettrici, gli agro combustibili, la spoliazione dei territori indigeni, l’acquisto delle cucine elettriche a induzione, la moneta elettronica e l’indebitamento pubblico aggravando la povertà e la miseria nel paese.
• Costruire una commissione etica di alto livello che inquisisca i contratti e le entrate petrolifere del periodo 2007-2014, i contratti di concessione delle aziende telefoniche di Claro (proprietà di Carlos Slim, l’imprenditore più ricco al mondo) e Movi (telefonica spagnola), l’indebitamento pubblico dello Stato nazionale, l’audizione delle 429 sabatinas e i decreti di leggi e normative che hanno confiscato i soldi dei maestri e dei pensionati del paese.
• Richiedere al CNE (Consiglio Nazionale Elettorale) i moduli per la raccolta di firme per un Referendum Popolare per revocare l’incarico all’economista Rafael Correa Delgado e all’ingegnere Jorge Glas Espinel, presidente e vicepresidente della Repubblica dell’Ecuador. La revoca va estesa poi ai componenti dell’Assemblea Nazionale, responsabili di aver favorito una politica governativa e legislativa che protegge gli interessi di poderose corporation nazionali e multinazionali, ledendo i diritti e gli interessi della maggioranza degli ecuadoriani, Si chiede inoltre l’immediato insediamento di un’Assemblea Nazionale Costituente per la Rifondazione dello Stato Plurinazionale dell’Ecuador con la partecipazione democratica di un 30 per cento delle comunità, dei popoli e delle nazionalità indigene, un altro 30 per cento di organizzazioni e movimenti sociali, un altro dei partiti e movimenti politici e il 10 di cittadini della società civile.
(Traduzione di Aldo Zanchetta)
“Ñukanchik Allpamanta, Ñukanchik Sumak Kawsaymanta, Kishpirinkakaman” ECUARUNARI: “Mezzo secolo di lotta e resistenza per la vita” ¡Shuk Shunkulla, Shuk Yuyaylla, Shuk Makilla, Runakashpaka Kanakanchik Karaju! Distretto Metropolitano di Kitu (Quito), 19 giugno 2015 – Consiglio di Governo EcuaChaski.
2 agosto 2015
Comune Info: http://comune-info.net/2015/08/la-marcia-indigena-scuote-lecuador
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