L’Argentina sotto il ricatto della speculazione
Inanzitutto la situazione è assolutamente imparagonabile a quella del 2001: lì si trattò di un crollo dovuto al fallimento di un’economia del saccheggio, imperniata sui dettami neoliberisti che caratterizzarono la presidenza Menem: temi ben descritti ad esempio nel consigliatissimo film “Il diario del saccheggio” di F.Solanas che racconta la materialità di quei processi di esproprio e ricatto.
Piuttosto questa situazione deriva da quella. Ci troviamo di fronte alla impossibilità di pagare alcuni debiti da parte del governo argentino; ma questa è dovuta semplicemente al ricatto di alcuni fondi speculativi americani, che non hanno accettato la ristrutturazione di una parte del debito argentino contratto prima del 2001, accettata invece da altri fondi. Un giudice americano, tale Thomas Griesa, ha statuito che se non tutti accettano l’accordo di rifinanziamento, non possono essere pagati neanche quelli che lo accettano.
Ergo, buona parte dei fondi – già stanziati – per ripagare le situazioni debitorie relative al 93% del totale, pari a circa 539 milioni di euro, sono bloccati perchè non è concesso di pagare solo una parte dei creditori, ovvero quelli che avevano accettato il cosiddetto concambio, cioè il pagamento delle pendenze al netto degli interessi che erano dovuti.
Fondi bloccati in attesa che venga pagato il resto della somma (circa 1,6 mld) al resto dei “buitres”, “avvoltoi”, cosi come definiti dal ministro dell’economia di Buenos Aires. Ovvero agli hedge fund americani che tramite i propri legali lamentano le conseguenze che questo non pagamento potrebbe avere sulla gente comune argentina, ma che ovviamente non intendono rinunciare a nemmeno un euro del denaro accumulato nel periodo del saccheggio dell’economia argentina.
Ci troviamo quindi di fronte ad un default selettivo, che non mina alla radice i fondamenti della economia di Buenos Aires ma è il risultato piuttosto di alcune pressioni mirate ad indebolirla. Non pagare questa parte di debito insomma, non può essere definita né come una scelta “rivoluzionaria” da parte del governo Kirchner di sganciarsi dal sistema dell’indebitamento scegliendo il default come arma politica, né come l’esito di un crollo verticale dell’economia del paese.
Il mondo continuerà a girare come prima anche senza un accordo sul debito, ha detto il ministro argentino dell’Economia Kicillof. Vedremo se la vendetta degli hedge fund riuscirà a colpire la popolazione argentina, anche se già si parla di un consorzio di banche in movimento per cercare un nuovo accordo. La sensazione è che si tratti di un balletto teso a ridefinire i rapporti di forza e le prassi su dimensioni di ricatto finanziario sulle economie delle aree in ascesa a livello globale come l’America Latina; di una battaglia di potere tra attori quali fondi speculativi, giudici interessati, governi meno ricattabili del solito a quelle latitudini, che si inserisce nella ridefinizione dei rapporti di forza in un mondo sempre più multipolare.
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