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Macron cede: i Gilet gialli strappano le prime conquiste e rilanciano!

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Messo al muro dalla determinazione della piazza, Macron cede.

Nel discorso alla nazione di ieri sera, conferma lo stop ai rincari di carburante, luce e gas. Ma soprattutto, aumenta di 100 euro il salario minimo, esenta gli straordinari dalle tasse, detassa i bonus destinati ai lavoratori e – ancora più importante – riconosce la potenza sociale delle lotte, parlando di collera comprensibile e di errori da parte del suo governo.

Che retromarcia per il Presidente dei Ricchi! La lotta paga? Certo, ovvio. È il primo dato, che il discorso di ieri sera non sarebbe stato immaginabile senza barricate, resistenza ai lacrimogeni e agli idranti. Ma c’è tanto altro.

La vittoria dei Gilet gialli è la prima vittoria di uno sciopero di tipo nuovo. Uno sciopero che assume la fine dei corpi intermedi come referenti sociali, che ribalta allo Stato il suo approccio, imponendo la mancanza di rappresentanza del movimento come impossibilità di un suo depotenziamento. Una contrattazione sociale di tipo nuovo, dove una parte di società diventa il proprio sindacato e impone con la forza il proprio punto di vista.

Uno sciopero pienamente logistico, nato in reazione allo scaricamento dei costi della produzione sui ceti subalterni e che finisce con una riappropriazione di quote di reddito. 

Uno sciopero basato sul blocco dei flussi, quelli da cui dipendono le fortune del capitalismo globalizzato, come intuito anche dai movimenti nostrani qualche anno fa seppur con grado di applicazione differente.

Uno sciopero capace di offrire un punto di vista di classe sull’ambiente, per cui come scritto sui muri di Parigi il cambiamento climatico lo devono pagare i padroni, per cui la transizione ecologica del capitalismo neoliberista è solo uno scaricamento verso il basso del costo delle sue devastazioni.

Ma anche uno sciopero che irrompe sulla tenaglia tra sovranismo e globalismo, offrendo a pochi mesi dalle Europee un punto di vista nuovo alle lotte che verranno nel vecchio continente. I Gilet gialli ci dicono che la non-alternativa che ci viene calata dall’alto tra l’Europa delle banche e dei tecnocrati da un lato, e l’opzione sovranista di Salvini e le Pen dall’altro è semplicemente un falso problema.

Invertire la rotta rispetto alle sue politiche classiste, imposte da sovranisti e globalisti egualmente, non dipende tanto dal riuscire ad dall’Unione Europea o dall’affidarsi a un Varoufakis affinché guarisca i nostri problemi. Dipende dalla quantità di conflitto che si riesce a mettere in campo, partendo dall’assunto che le risorse ci sono eccome, al di là dei vincoli imposti che valgono sempre e solo per il basso.

Risorse che sono potenzialmente ottenibili anche dagli stessi governi che si costruiscono una identità in opposizione all’Unione europea e alla austerità, o che promettono solo a parole di riformarla. In realtà questi difendono gli interessi dei ricchi e dei grandi gruppi industriali e finanziari, e lo farebbero a prescindere dal debito che il loro paese in quel momento detiene. Alcune note dunque per quando la fiducia nelle promesse gialloverdi inizierà a farsi largo, e l’unione Europea diventerà ancora di più il mantra dei Salvini e dei di Maio per prendere tempo e sviare le proprie responsabilità verso un nuovo nemico a Bruxelles.

Per concludere, il bello è che ciò non è detto che basterà a Macron per salvare la pelle. Già si prepara l’attoV, quello lanciato al grido di “Macron demission”, dove la piazza si prepara a chiedere ancora di più, a pretendere ulteriori fette di ricchezza. A obbligare il Monarca a tradurre le promesse in fatti.

Nelle scuole e nelle università c’è un fermento nuovo seppur non inedito, che nasce sull’onda delle lotte degli ultimi anni ma che per la prima volta vede di fronte a sé la possibilità è la realtà della generalizzazione. E che non sembra volersi fermare anche di fronte a quelle scene da stato di polizia, che hanno messo ancora più a nudo la realtà di un potere in crisi di fronte alla piazza.

Del resto quanto strappato è ancora poco rispetto alla ricchezza detenuta da pochi sulle spalle di molti. Se c’è emergenza sociale e collera legittima, allora perché fermarsi ora?

 

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pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

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