Slovenia, sollevazioni popolari contro austerità e corruzione dilaganti
Un altro fronte si apre nell’effervescente panorama di lotta sud-europeo ai governi dell’austerità. Da quasi dieci giorni la Slovenia è in sommovimento contro una classe politica al potere dai tempi della frantumazione della Jugoslavia, segnata dalla corruzione e responsabile della recessione in corso dal 2009.
Le proteste sono partite da Maribor, la seconda città slovena, in cui la rabbia popolare a lungo covata contro il sindaco Franc Kangler è esplosa il 26 novembre scorso con 10.000 persone in piazza per reclamare le dimissioni del primo cittadino per clientelismo, corruzione ed abuso di potere. Notevole il ruolo della pagina Facebook “Franc Kangler si deve dimettere da sindaco di Maribor”, poi divenuta uno dei punti di riferimento dell’opposizione sociale in tutto il paese in seguito al vertiginoso aumento degli iscritti, e delle stesse dirette televisive delle proteste, prontamente censurate dai politici. Anche Anonymous ha preso di mira il sito del comune, costringendolo alla chiusura temporanea.
Coniugando la lotta alla corruzione con quella all’austerità – nelle forme di tagli al welfare ed aumento delle tasse e dell’età pensionabile – lo slogan anti-Kangler “Gotof Je!” (“E’ finito!”), si è propagato nelle altre città dello stato mitteleuropeo, non risparmiando nessun livello delle istituzioni e della rappresentanza. Dal sindaco di Lubiana e leader del partito di maggioranza relativa Zoran Jancovic (coinvolto in un’inchiesta sulla costruzione di un complesso sportivo multimilionario), al capo del governo Janesz Jansa (implicato nella concessione fraudolenta di un grosso appalto militare all’azienda finlandese Patria), al neoeletto presidente della repubblica Borut Pahor.
Quest’ultimo, icona dell’immobilismo della politica slovena (avendo ricoperto tutte le più alte cariche istituzionali ed essendo stato sostenuto da una maggioranza trasversale a fronte del fortissimo astensionismo di quasi il 60% dei votanti) è stato subito raggiunto dalle congratulazioni di Napolitano e del governatore pidiellino del Friuli Venezia Giulia Tondo, così come dalla furia dei manifestanti, arrivati sabato a tentare di sfondare i cordoni di polizia per entrare in parlamento. Presenti in piazza anche le componenti di Occupy Ljubljana, attiva fin dall’ottobre dello scorso anno, e dei movimenti sloveni.
I moti sono continuati anche nella giornata di lunedì in particolare a Maribor dove, con 10.000 persone in piazza, un piper munito di striscione con l’immancabile “Gotof Je!” sorvolava il comune bersagliato da pietre, bottiglie e munizioni incendiarie, mentre scontri tra polizia e dimostranti sono scoppiati in diverse zone della città. Bilancio di questi ultimi fronteggiamenti: 120 arresti e decine di feriti. Ma la protesta, espressasi consistentemente anche nei centri minori del paese, proseguirà ad oltranza: e resta da vedere, nel dicembre più caldo che la Slovenia ricordi dalla sua nascita, se il governo cederà prima ai mercati o ad essa.
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