Un enorme sciopero ha sconvolto l’India
Mercoledì 8 gennaio è stato convocato da più di 10 sigle sindacali uno sciopero di 24 ore in India contro l’aumento dell’inflazione, le privatizzazioni volute dal governo e per chiedere un adeguamento del salario minimo e la fine dei contratti a termine.
Milioni di lavoratori hanno partecipato allo sciopero bloccando i trasporti, alcune infrastrutture e molte aziende strategiche. A Calcutta l’adesione è stata quasi totale, le autostrade chiave sono state occupate dai manifestanti che hanno dato fuoco ad un furgone della polizia e hanno attaccato proprietà e autobus del governo. In altre parti del Bengala Occidentale i manifestanti hanno bloccato le ferrovie e le strade con dei sit-in dando fuoco a barricate di pneumatici. Nello stato di Bihar i trasporti sono stati quasi completamente interrotti poiché anche i guidatori di risciò si sono uniti allo sciopero. Forte è stata l’adesione alla lotta anche nel settore bancario dove molte transazioni sono state messe a rischio dall’interruzione del lavoro. A Hyederabad ci sono stati forti scontri tra i manifestanti e la polizia. Diversi sono stati gli arresti degli attivisti in sciopero in varie città del paese.
La protesta è scaturita dai nuovi dati sull’economia che dimostrano un sostanziale rallentamento e dalla disoccupazione dilagante (la più alta da 45 anni a questa parte) che coinvolge i giovani, anche quelli laureati o ampiamente scolarizzati. Il rischio di recessione secondo alcuni economisti è dietro l’angolo e a questo si è affiancata la volontà del governo nazionalista di Modi di privatizzare risorse naturali ed aziende pubbliche. Ad essere messe in vendita sarebbero la Air India, la Bharat Petroleum Corporation, la Shipping Corporation of India e Container Corporation of India. Settori strategici in cui si vedrebbe la perdita di ulteriori migliaia di posti di lavoro. Nell’India rurale il rallentamento dell’economia e l’aumento dell’inflazione impedisce alle famiglie di agricoltori di accedere a beni di comune utilizzo. Il governo Modi, già impegnato con le proteste contro la nuova cittadinanza, discriminatoria nei confronti dei mussulmani, da mercoledì dovrà confrontarsi anche con la rabbia dei lavoratori che non accettano di pagare le scelte economiche sbagliate del suo governo e di quelli precedenti.
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