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Anche in Giappone qualcuno inizia a dire “NO!”

Qualcosa, forse, inizia a cambiare nell’ex impero del sol Levante. Un popolo conosciuto soprattutto per la sua indole obbediente e poco disposta all’insuboradinazione -emblematica la fila composta e ordinata degli abitanti dei dintorni di Fukushima durante l’evacuazione – potrebbe iniziare a dare alcuni segnali di senso inverso. Ora anche il Giappone – meglio, una sua parte – dice No al nucleare. Centinaia di attivisti si sono riunti, domenica 3 aprile a Tokyo, davanti alla sede della Tepco, la società che gestisce, tra gli altri, l’impianto atomico di Fukushima per chiedere lo stop delle centrali nucleari nel Paese.

“Ci dobbiamo mettere insieme tutti per chiedere la stessa cosa – dice questo ragazzo – e cioé che non vogliamo più il nucleare in Giappone”. “Non è solo un problema legato a Fukushima – aggiunge la giovane Miyako – è una cosa che riguarda tutto il Paese, anzi il mondo intero. Dobbiamo reagire e capire cosa sta succedendo. Sono molto arrabbiata con i media e il governo giapponesi, non ci hanno raccontato la verità, non ci hanno detto cosa stava realmente accadendo”.Il governo giapponese ha fatto sapere che ci vorranno mesi prima che la crisi nucleare possa rientrare e probabilmente si dovrà estendere l’area d’evacuazione attorno alla centrale. Per ora, però, gli esami clinici alla tiroide degli abitanti della zona non avrebbero rivelato alterazioni significative.

Tutti gli indicatori ci dicono che quanto avvenuto a Fukushima è molto più grave, duraturo e denso di pesanti conseguenze di quanto successe a Chernobyl e Three Mile Island. E le belle notizie, come si dice, non arrivano mai da sole. La Tepco, il gestore dell’impianto nucleare di Fukushima, ha reso noto che da domani potrebbe riversare nell’oceano Pacifico 15.000 tonnellate di acqua radioattiva.

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