All’attacco del nuovo governo
Pare ormai concluso lo spettacolino sulla formazione del nuovo governo. Iniziano a scomporsi e ricomporsi nuove mappe dei poteri e le loro tensioni, tra gli ormai mitologici “mercati”, le istituzioni europee, le pressioni e le intese con altri paesi e partiti europei, il tendenziale de profundis del PD e di Forza Italia, le tattiche di Confindustria, il silenzio dei sindacati confederali…
Dal programma scritto e dalle dichiarazioni dei nuovi governanti in pectore iniziano a delinearsi i terreni del conflitto sociale a venire, già a partire dai prossimi mesi. Un governo che ha stilato un programma bellico contro le povertà e i ceti popolari, che grazie al consenso politico acquisito annunciando la fine dell’austerità e l’opposizione più o meno di facciata all’UE può giocare in silenzio un piano economico fatto di de-tassazione per i “piccoli, medi e grandi imprenditori”, di “reddito di cittadinanza” pagato dal lavoro dipendente per mettere al lavoro (su quali lavori poi?) in forme sempre più disciplinari e ricattatorie fette di forza-lavoro al momento tendenzialmente incluse solo nel mercato informale o che consumano i redditi accumulati dalle precedenti generazioni.
Si tratta del compromesso dell’intervento nella costituzione materiale della nostra società operato dai due partiti in contratto, dove le istanze radicali di un reddito universale prima professate sul blog, all’ora della poltrona si sono tramutate in una battuta da caffé del transatlantico. Questo intervento, la proposta sul reddito, non è quindi per noi una questione da opinione pubblica o di invettiva morale, ma è un possibile anello debole, forse il più rilevante, di governabilità da far saltare.
E’ su quest’ultimo terreno che si sta profilando uno dei campi di scontro decisivi per la nuova stagione politica, sotto diversi aspetti. Ci sono le promesse governative di redistribuzione da incalzare e rompere, c’è la volontà di attaccare la forza-lavoro migrante (pensiamo alla logistica ma non solo) sul terreno di diritti e salario, così come, in senso lato, la questione dell’abitare e delle grandi opere (risorse pubbliche). Tutti fronti che delineano altrettanti terreni di politicizzazione sui quali bisogna da subito prepararsi per investirli con proposte e pratiche di lotta.
C’è bisogno di rilanciare a tutto tondo l’inchiesta su questa serie di ambiti, di strutturarsi di conseguenza su modularità organizzative per la nuova fase che si apre. Un’inchiesta “con gli occhi di donna” si potrebbe dire, per mappare e aggredire tutti quei nodi della riproduzione sociale invisibilizzati e non pagati sui quali si stanno condensando bolle di insofferenza sulle diagonali di genere, generazione e razza che si possono dischiudere e far esplodere. Bisogna strutturare una militanza all’altezza delle nuove linee di forza che il governo proverà ad imprimere. Non si tratta qui di “reggere” l’urto in arrivo, di dichiarare oltrepassamenti o di immaginarsi come isole di resistenza. Tutto il contrario. Dobbiamo iniziare a guardare ai mondi in movimento nei nuovi campi di scontro, a un programma di lotta che si sta delineando tra i movimenti soggettivi della nostra classe-parte e le dimensioni del governo economico-politico, senza deboli lamentii da ceto politico sconfitto e terminale.
Nessuna formula magica, solo tanto lavoro di inchiesta e intervento politico e organizzativo da fare, tanta passione e determinazione da mettere in campo, tante possibilità che si aprono.
Una attenzione particolare andrà inoltre investita su un “antirazzismo” all’altezza della sfida attuale che può muoversi tra il disorientamento giovanile per le evoluzioni pentastellate e quei segmenti di forza lavoro migrante che per la propria condizione sono orientati ad attaccare, è qui che bisogna imparare ad immaginare e a organizzare un “antirazzismo” di classe non resistenziale ma d’attacco, ostile alle sirene dell’addomesticamento cooperativo e intransigente nel rifiutare e sabotare la propria condizione di sfruttamento razzista nelle gerarchie del mercato del lavoro italiano (tra lavoro salariato e non salariato).
Nessuna nostalgia per il liberismo di Renzi, i lager di Minniti, il piano casa di Lupi, il caporalato di Poletti; né tantomeno impellenza di accodarsi alla conta pelosa delle coperture da parte di quanti hanno solo prodotto lacrime, sangue, devastazione, saccheggio ed indebitamento crescenti dei territori in nome dell’austerità. Quanto accortezza a far detonare le contraddizioni tra l’opportunismo grillino e l’individualismo proprietario leghista nei momenti tensivi in cui si presenteranno, non ultima una manovra finanziaria autunnale che dovrà decidere sull’allocazione di non meno di 15 miliardi di euro.
Insomma, rimbocchiamoci le maniche, mettiamo da parte gli arnesi resistenziali e andiamo all’attacco del nuovo governo: è questo il terreno da preparare ed agire.
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