C’è chi non piange per Marchionne
Mentre l’(ex) ad Fiat Sergio Marchionne si ritrova ricoverato a Zurigo, in lungo e in largo per lo stivale da giorni dilagano commenti e rimbalzano opinioni contrastanti sulla sua figura.
Un vero patriota, per alcuni, anche se non se ne capisce il motivo. Una persona da non irridere o su cui non infierire, per altri, quando da secoli la satira e l’irrisione dei potenti è uno dei minimi mezzi a disposizione per far venire alla luce l’odio di classe.
Andando aldilà della figura personale, sembra che odiare un padrone ed esplicitarlo a chiare lettere – senza ipocrisie – sia qualcosa di deplorevole, a partire – e come non poteva essere così? – dal Patrito democratico e i suoi accoliti, che si sono stretti attorno al capezzale del patron abruzzese. Se per i politici di alto bordo questo è normale, essendo i garanti degli interessi padronali assieme alle guardie e alle corporazioni sindacali “padronalizzate”, non lo dovrebbe essere per molte persone “normali” che abbiano a mente la cronistoria, anche a grandi linee, degli ultimi due decenni in Italia o almeno dall’avvento della crisi capitalistica.
Crisi che si é acuita, estesa a macchia d’olio, divenendo strutturale e dunque “normalizzata” a scapito dei poveri, anche tramite l’implementazione bieca dei tanti modelli Marchionne a livello globale. Altro che interesse di bandiera o “illuminato” spirito imprenditoriale. La sua innovazione in Fiat è stata quella degna delle tante multinazionali volte a generare profitto che magari tanti benpensanti di queste ultime ore hanno aspramente – e giustamente – disprezzato.
Scorporare la produzione, indebolendo la forza operaia; delocalizzare; fagocitare miliardi di euro “pubblici” tranquillamente destinabili a implementare altri modelli produttivi per investirli per interesse privato in nome di “mantenere l’occupazione”. Sono questi i tratti del modello Marchionne, epigono esemplare del passaggio finale al post-fordismo avanzato nell’italietta alla fine dell’era berlusconiana poi governata direttamente da banchieri o faccendieri di questi fino all’attualità reazionaria giallo-verde.
Ci ricordiamo come proprio la non-accondiscendenza delle grandi burocrazie sindacali all’intransigenza operaia in Fiat contro l’applicazione del modello Marchionne (intransigenza che venne invece recepita e compresa nella sua politicità complessiva dal movimento studentesco dell’onda), fu dirimente alla escalation padronale contro ampie fette di popolazione sfruttabili e ricattabili. Cedere al modello Marchionne fu la chiave di volta per decretare la fine del sindacato giallo che non è mai stato concepibile come strumento di lotta, per poi arrivare al Jobs Act renziano e ai tanti altri attacchi a precari, giovani, anziani.
Marchionne dunque a noi pare degno di essere ricordato come un nemico – simbolo di una offensiva padronale non riconducibile solo al mondo della finanza – altresì strettamente legata a dinamiche di sfruttamento che hanno minato gravemente le possibilità di riproduzione sociale nel Paese e nei suoi territori.
Non cogliere o far finta di non cogliere questo passaggio all’interno della società italiana a cavallo tra primo e secondo decennio di questo secolo è prestare il fianco alla faciloneria reazionaria dei proclami leghisti, cosa che pare il PD in primis stia facendo alla grande..
Perchè, se è vero che Sergio Marchionne in questo momento è ricoverato in stato di urgenza, per la maggiorparte dei quattrocento operai morti solo in questa porzione di anno solare mentre venivano sfruttati non c’è stata manco la possibilità di arrivare vivi in ospedale…
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