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Campagna elettorale e identità

Ormai siamo nel fuoco della campagna elettorale e poiché nei modelli di governo definiti democratici il potere della sovranità è esercitato in “nome del popolo”, la rappresentazione e il potere sono di fatto sinonimi.

La campagna elettorale per chi vi partecipa è dunque un problema di definizione dell’identità in rapporto al corpo da rappresentare, ed è un problema affidato agli studiosi di marketing, ai sondaggisti e alle agenzie di comunicazione. Il motivo è semplice, non esistono di fatto sostanziali differenze di prospettiva fra i candidati per cui quello che conta non è la sostanza ma la forma.

Durante i tempi della cosiddetta Prima Repubblica, nel crinale tra lotte operaie e capitale, la rappresentanza (politica e sindacale) ha tentato di giocare il ruolo di cerniera keynesiana come governo tra sviluppo capitalistico e lotte operaie. In questo caso i partiti di massa si presentavano agli elettori come entità collettive che proponevano i propri candidati sulla base di una supposta competenza politica e correttezza ideologica e i partiti a loro volta avevano una loro legittimazione e appoggio internazionale, proveniente dall’URSS o dagli USA.

Con la nascita della Seconda Repubblica, determinata da un lato dalla caduta dei regimi socialisti e quindi dalla fine della legittimazione internazionale, e dall’altro dalla squalifica che Tangentopoli ha portato non solo ai candidati ma anche al loro principale strumento di legittimazione ovvero i partiti si è aperta la strada ad una una nuova forma di legittimazione incarnata in questo caso da Berlusconi e basata non più su una qualificazione per competenza politica stabilita da agenti esterni e collettivi, ma sulla personale decisione di concorrere, sulla base di scopi autonomamente decisi e su una capacità di essere percepito come persona competente in base alle sue performance extra-politica: il mito del “self-made man“.

Nel caso di Berlusconi questo schema di fondo non è cambiato con il passare delle campagne elettorali, sono cambiate forse le sfumatura di come proporlo, ma il self-made man si ripete in ogni sua campagna elettorale. “Io vi posso rappresentare perché sono qualificato in quanto ho avuto successo con le mie aziende”, e “io vi posso rappresentare perché sono esattamente come voi e comprendo i vostri problemi”, sono due concetti la cui unione diventa l’arma perfetta per l’estrazione del consenso berlusconiano.

La vicenda della restituzione dei soldi dell’IMU ci parla proprio di questo. Dopo averla approvata e votata in parlamento, adesso Berlusconi fa finta di niente e si presenta come il soggetto vicino alle persone a cui sente la necessita di ridare i soldi che prima aveva tolto.

Monti e Bersani si presentano invece come due soggetti razionali e pragmatici. Un professore universitario il primo, e un politico pacato il secondo. Se Monti cerca di riscaldare la sua immagine con qualche wow! su Twitter e con qualche manifesto in cui sorride, Bersani punta invece sul grigio che crea questo tono di serietà di fondo.

I due risultano essere in maniera diversa due vie di mezzo fra un modello da seconda Repubblica e un modello da prima Repubblica. Monti infatti si propone come soggetto individuale che non è espressione di partiti ma che ha una legittimità internazionale data dai mercati finanziari. Bersani invece si propone come espressione di un soggetto collettivo, da qui la narrazione e retorica delle primarie, ma senza quel livello di legittimità internazionale che Monti riceve fra le banche del mondo. È interessante notare infatti come il mercato e la finanza si siano incarnati nei destinatari delle elezioni. Il voto deve essere indirizzato a far contenti i mercati. E non gli elettori stessi.

In questo gioco in cui tutti cercano a loro modo di posizionarsi rispetto alla legittimità dei mercati e di apparire come vicini al corpo elettorale, uno sguardo particolare va dato al Movimento 5 Stelle e Beppe Grillo. Questi due soggetti infatti si compensano a vicenda. Beppe Grillo con le sue performance trasmette attraverso l’uso della comicità, delle sue urla, delle sue espressioni un carico di emotività che rafforza la percezione che stia dicendo cose vere. Ma questa carica emotiva individuale che offre Beppe Grillo viene poi supportata dal Movimento 5 Stelle che si presenta come corpo collettivo in cui tutti riescono ad identificarsi grazie al fatto di essere animato da non politici di professione.

Un tema centrale di questa campagna elettorale sono i mercati internazionali. Su questo tema si misurano le forze delle parti in campo. Berlusconi attaccando la Germania ha ridato vita al suo elettorato. A dimostrazione ancora una volta che la destra berlusconiana non può essere definita moderata e che non può essere considerata morta, poiché vive ancora delle soggettività che ha creato in questi ultimi venti anni. Nei mercati internazionali Monti ha trovato la sua consacrazione e possibilità di candidarsi, Grillo il cavallo di battaglia contro la finanza, mentre Bersani e Ingroia fanno finta di niente, uno perchè avrebbe poco da dire mentra l’altro perché avrebbe un po’ di contraddizioni interne da gestire.

 

#nonvivotiamoperchè

 

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