Da 4 sì ad un NOI
E cosi il tanto temuto “allarme speculazione” arriva a toccare, sebbene solo a livello di annunci, l’Italia. Peccato che in finanza gli annunci equivalgano a precisi messaggi,capaci sin da subito di condizionare i mercati e di riflesso gli equilibri politici. Non arriva a caso, in un periodo in cui sia Berlusconi che la Lega annunciano in pura propaganda il dovere per Tremonti di allargare i cordoni della borsa, la mazzata delle agenzie di rating Moody’s e Standard and Poor che declassano i titoli legati al sistema paese nel complessivo ma anche su 23 enti locali e sulle principali aziende del paese come Finmeccanica,Eni,Terna.
Un messaggio preciso che permette a Tremonti di continuare sulla linea del rigore, costringendolo però subito a varare quella manovra da 40 miliardi di euro richiesta anche da Confindustria in preda al panico (così come la borsa) e a porre la fiducia sul decreto sviluppo che ancora una volta presenta tagli soprattutto ai precari della scuola. Ma il problema, per Tremonti, sta nella sua soluzione. E’ infatti il perdurante ricorso a misure fatte di tagli e balzelli che mortifica la possibilità di una ripresa economica la quale,in un circolo vizioso, porterebbe però solamente ad un aumento del debito causato dalla spesa pubblica necessaria per misure pro-crescita.
Non si esce dalla crisi con l’austerity. L’andamento dell’ultimo anno della Grecia lo dimostra, con l’attuale possibile orizzonte di un default greco che metterebbe a rischio la stabilità dell’Eurozona e darebbe ancora più mordente alla speculazione internazionale, a quel punto confortata da un precedente di successo dal quale potrebbe intensificare l’attacco ai debiti sovrani dei Pigs. Entro il 3 luglio, in un contesto di rimpasti di governo ed enormi mobilitazioni, la Grecia dovrà approvare un nuovo piano di tagli che potrebbe essere la botta finale alla stabilità del paese ellenico. Se non dovesse passare il piano, sarebbe probabile l’uscita greca dall’Euro e delle perdite fino alla bancarotta per moltissimi istituti di credito europei (greci in primis ovviamente).
L’ennesima dimostrazione della strutturalità della crisi, che deve essere necessariamente agita dai movimenti. Proprio nella finanziaria tremontiana a venire si può intravedere un possibile obiettivo, un possibile no! che possa veramente generalizzare l’opposizione alla crisi dal comparto della formazione (che di Tremonti e del fantoccio Gelmini conoscono bene le appuntite forbici) a quel ceto medio già in rivolta contro le vessazioni di Equitalia, l’attacco agli istituti di welfare e ai redditi, a cui pure Bossi, con le sue parole contro l’agenzia di riscossione a Pontida di qualche giorno ha notato la necessità di provare a tranquillizzare.
Peccato che la Lega di lotta ormai ha ben poco ( e probabilmente la Val Susa segnerà il definitivo smascheramento della Lega “forza popolare”) e rimane vittima delle contraddizioni di un governo perennemente in bilico da cui non può staccarsi a meno di condannarsi alla marginalità. Diventa importante capire come riuscire a mobilitare tutti quei soggetti sociali colpiti dalla crisi, per evitare che possano rivolgersi a narrazioni fintamente oppositive e puramente giustizialiste e anti-berlusconiste come quelle incarnate nell’evento show di Santoro di Bologna. Bloccando i flussi e la normalità dei nostri luoghi,diventa centrale provare ad organizzare quel “noi” uscito dai sì ai quesiti referendari, facendolo precipitare nelle battaglie sui singoli territori.
Tenendo a mente anche le genealogie dei movimenti degli indignados che dalla Spagna alla Grecia è proprio sulle manifestazioni e sulle mobilitazioni anti-austerity che hanno costruito quei momenti che giorno dopo giorno, nelle loro contraddizioni e nella loro (perora) mancanza di efficacia diretta, si dimostrano fecondi di nuovi modelli di relazioni sociali e di rottura dell’individualismo imposto dall’ideologia neoliberista.
Maria Meleti
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