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Euro 2012: l’Italia ha perso…la dura legge del gol

E’ il novantesimo, le pagelline le lasciamo ad altri, a noi tocca una valutazione sul valore simbolico che questo “Europeo” ha assunto rispetto alla fase politica attuale. Tra una rovesciata e un dribbling, tra una scivolata ed un fuorigioco, tra un cambio “tecnico” e una falla difensiva il torneo è stato indice per molti versi dell’aria che si respira in Italia ed in Europa.
Il campo di gioco è stato una vetrina importante dove gli equilibri e le strategie dei vari paesi si sono palesati sul piano dell’immaginario. Non è assolutamente una novità chiaramente, lo sport è sempre stato un importante luogo di sfida tra paesi in competizione quando non tra letture del mondo completamente diverse, basti pensare alla guerra fredda, o a quanto olimpiadi, mondiali ed europei nei momenti più significativi dello scontro di classe siano stati attraversati da eventi ed azioni che segnavano il passo del tempo e che restano indelebili nella memoria sportiva e di lotta di molti.
Sicuramente nel tempo della crisi questa sfida calcistica è un importante palcoscenico per governanti e politici dove rilegittimarsi di fronte ad un’Europa che sempre meno tollera la retorica dell’austerity merkeliana. Ed è proprio lei che per prima utilizza la sfida contro la Grecia come amplificatore di un messaggio evidente mandato al popolo greco. Dopo aver esultato ad ogni gol con una foga degna dell’Amendola di Ultras e ben poco thatcheriana ci si sarebbe potuti aspettare una sua entrata in campo e strappata la maglia di punta d’oro a Gomez un quinto gol direttamente dai suoi piedi a suggellare la totale superiorità. Non è un caso che la Merkel abbia scelto proprio quella partita, e non è un caso che la gestualità e la carica di simbolico si sia espressa così proprio durante il “derby dello spread”, durante una partita che calcisticamente è sempre stata a senso unico, ma che nella realtà vede la variabile di un fantasista di spessore, il conflitto sociale.
I nostri politici certo non sono da meno e dopo il populismo montiano sulla vicenda calcio-scommesse con la minaccia di sospendere il campionato per tre anni, mossa non tanto messa in campo sulla corruzione del calcio moderno e sul suo meccanismo di debito che sempre di più risucchia soldi dentro il buco nero del business, ma nella necessità da parte del suo governo di tagliare su rendite che frenano il rilancio capitalista, tanta acqua è passata sotto i ponti e tutti sono pronti a salire sull’estasiante pulpito mediatico.
Dopo aver mandato a casa Germania e Portogallo ad andare in finale sono state due PIGS, due dei paesi che insieme a Grecia, Portogallo e Irlanda stanno maggiormente subendo gli effetti della crisi. E proprio questo rende irrinunciabile la possibilità di rilegittimarsi di fronte al popolo italiano indignato da tempo con il governo dei “tecnici” (le cui competenze hanno ben poco a che fare con la buona prova di Prandelli) e con la casta politica tutta. Il terreno del gioco del pallone poi in Italia assume ancora un valore più profondo e ce lo insegna il silente Cavaliere che magari prima o poi rispunterà dalle panchine del Pdl pronto ad un’opportunistica infilata all’Inzaghi. Il primo a capire l’importanza di mettere piede sui verdi prati polacchi è come sempre Re Giorgio, il vecchio padre di questo governo immediatamente muove le sue mosse andando a trovare ripetutamente i giocatori italiani, facendosi filmare spesso con loro e ricevendo nel post-semifinale il ringraziamento di Prandelli e la nomina a guida spirituale dei campioni azzurri. Poco conta l’abbraccio proprio a quel Buffon coinvolto ampiamente negli scandali del calcio-scommesse e nei giri loschi che vi gravitano intorno. Napolitano ha sempre saputo bene in che campo giocare, il vero regista, anche se senza la fantasia e gli spunti che contraddistinguono Pirlo, ma anzi con grigio gioco di palla e difesa bassa di questa Italia dei professori è certo lui e non il Mario Monti appena punta di sfondamento.

Due sono i Mario che in quest’Italia sono all’ordine del giorno, uno quello che l’ha fatta sognare con una doppietta di classe alla Germania, con la sua testa calda, quello che dopo essere stato spesso insultato e vessato per il colore della pelle è diventato, parole di Borghezio, un “padano con la pelle scura” appena ha insaccato i due goal, e l’altro, paragonato immediatamente a lui che i goal sembra farli solo a chi ha le tasche già un colabrodo. Il primo Mario, il Bailout-elli la cui convocazione aveva creato polemiche adesso è il “bambino coccolato e diverso” degli “italiani brava gente” che da un primo razzismo strisciante e neanche troppo nascosto ne fanno un simbolo di una multiculturalità falsa e di facciata solo in funzione utilitaristica. E se il Balo avesse fatto un pessimo europeo? Lasciamo immaginare gli insulti.

Il secondo Mario oggi insieme ad altri personaggi della politica nostrana era sugli spalti a guardare il primo giocare, come a dire il calcio è sempre il calcio, la nazionale è sempre la nazionale, e noi alla fine siamo un Belpaese. Lì su quegli spalti a suggellare nell’immaginario un’unità nazionale che non è mai esistita realmente e che in questi
tempi di crisi esiste men che meno, lì a rincollare due margini dell’Italia (ma solo a chiacchiere ovviamente), quello dei banchieri, dei politici, degli affaristi, degli speculatori e quello della gente comune. Ma a noi la colla pare sia piuttosto misera, dato che è fatta esclusivamente di belle parole ed immagine pubblica, visto che in realtà il divario sociale cresce sempre di più proprio grazie alle politiche messe in campo da questi governi. Noi questa colla la dobbiamo sciogliere se vogliamo che l’uscita dalla crisi non pesi interamente sulle nostre spalle, ma sia anzi un bel rigore nella porta del “rigore” capitalista. Non è una vittoria sul campo di calcio contro la Germania che ci permetterà di vincere la scommessa di un’uscita dalla crisi dal basso, al limite quella è anzi solo un placebo sviante, solo quel gran fantasista sempre capace di coprire i metri di campo vuoti, sempre in grado di attaccare l’avversario con intelligenza e determinazione, con acuto senso della squadra, della collettività che è il conflitto sociale potrà aiutarci a fare cappotto all’Europa dei banchieri.

Redazione Infoaut

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