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La morte di LoPorto, i droni assassini e l’ipocrisia occidentale

La vicenda della morte di Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein, da alcuni anni prigionieri di Al-Qaeda in Pakistan e deceduti in seguito ad un attacco a mezzo droni dell’intelligente USA nello scorso gennaio, ha scatenato notevoli polemiche in queste ultime ore.

Da parte istituzionale si sprecano le parole di cordoglio per la famiglia di Lo Porto: Renzi telefona alla madre e dice, commosso, che il figlio da lei appena perso aveva la sua stessa età; Gentiloni dice che farà tutto il possibile per capire l’accaduto; tutti gli esponenti dei partiti si affannano ad esaltarne la memoria, in un vero e proprio festival dell’ipocrisia che si nutre anche delle ricostruzioni giornalistiche della figura del cooperante e che ovviamente non prendono minimamente in considerazione il contesto in cui questa morte è avvenuta.

Del resto l’ipocrisia non ha mai fine, soprattutto da parte della nostra classe politica, che mentre berciava a mezzo stampa oggi ascoltava nel numero stupefacente di soli 35 (35!!) parlamentari la relazione del ministro degli Esteri Gentiloni su quanto accaduto; un dato che rende ben visibile l’interesse reale nei confronti delle persone di cui ora tutti cantano le lodi per poter avere un po’ di visibilità. A rinforzo delle proprie speculazioni si utilizza anche la dichiarazione di Obama di dover andare, a seguito della tragedia, ad effettuare una revisione della strategia dell’utilizzo dei droni.

La realtà è comunque quella che rende manifesto come la (non)strategia italiana in politica estera sia completamente subalterna a quella americana. Basti prendere il caso dello scontro Nato-Russia che porterà dal 28 settembre al 9 novembre a vedere in Italia la più grande esercitazione militare Nato dalla caduta del Muro di Berlino ad oggi, mentre ai confini stessi del nostro paese la subalternità compiacente alla geopolitica del caos statunitense e agli interessi di altri paesi Nato come la Francia hanno creato il caos libico e la strage quotidiana di migranti nel Mediterraneo, utile solo a rimpolpare discorsi securitari e razzisti alla Salvini.

Tornando alle parole di Obama, ovviamente non si era messa in discussione la strategia basata sui droni – e in particolare sulla menzogna assoluta che vede nel loro utilizzo la “near certainty” del raggiungimento dell’obiettivo – quando a cadere erano centinaia e centinaia di persone in medio Oriente. Non si è mai chiesto scusa da parte dell’amministrazione Obama in occasione di tantissime altre stragi, in nome della retorica del “male minore” e degli “inevitabili effetti collaterali” che farebbero da sfondo a queste operazioni.

Si chiede scusa ovviamente solo di fronte alla morte di due cittadini occidentali, un americano e un italiano, Warren Weinstein e Giovanni Lo Porto. Sottolineando ovviamente che ogni morte è una tragedia enorme, è evidente che il subdolo discorso razzista per il quale certe vite valgono di più di altre continua, ma non è una novità..ce ne eravamo già accorti con le 143 vittime in Kenya causate dalle milizie di Al Shabaab o i continui eccidi di Boko Haram, eventi che avevano “fatto notizia” e implicato prese di posizione in maniera infinitesimale rispetto alle morti di Charlie Hebdo.

La strategia militare basata sull’utilizzo dei droni ad ogni modo non verrà modificata, checchè ne dicano i giornali americani (ripresi subito da quelli nostrani) per calmare le acque dopo la notizia: troppi sono gli interessi del complesso militare-industriale, che sforna sempre nuovi modelli “più perfetti” e obbliga – pena il mancato sostegno finanziario – entrambi i fronti americani a dotarsene e a teorizzarne incessantemente la necessità.

Figurarsi se questo cambierà proprio nell’anno che porta alle elezioni e che vedrà tra i candidati quella Hillary Clinton che è Segretario di Stato dell’annuale amministrazione e quindi prima responsabile insieme ad Obama e al ministero della Difesa di questa strategia.

Sono stati del resto gli stessi fallimenti USA in Iraq e Afghanistan a necessitare le amministrazioni a cambiare strategia, per ridurre il numero di morti on the ground sperando contemporaneamente di portare la guerra e i suoi strazi quotidiani fuori dagli sguardi di milioni di famiglie americane appiccicate ai loro televisori.

Ma non serve guardare Homeland per capire che la strategia dei droni altro non fa che accrescere l’odio nei confronti degli States in quei territori disastrati che vanno dalla Palestina al Pakistan, soprattutto nel momento in cui l’ascesa di Cina e Russia e il nuovo ruolo assunto dall’Iran sembrano sempre più attaccare la legittimità e il ruolo storico degli USA nella regione…

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