Marchionne: un padrone che fa gli interessi dei padroni
* Network antagonista Torinese*
A pochi giorni dal referendum di Mirafiori sono molti i nodi aperti da questa vicenda e non potranno essere sciolti dalla semplice vittoria o sconfitta del test referendario.
Il voto richiesto ai lavoratori e alle lavoratrici è essenzialmente un ricatto di stampo padronale ed istituzionale, questo dobbiamo dirlo. Padronale perché il metodo Marchionne è uno strumento inedito nella modernità lavorativa; perché a differenza dei suoi predecessori punta ad essere l’unico soggetto a decidere su quella che nei fatti è un’azienda pubblica. “Pubblica” perché la Fiat ha da sempre vissuto sullo stato e nel tempo si è costituita” istituzione” a un punto tale da non avere più come principio cardine la produzione di autovetture ma la gestione e la produzione di e dal territorio. Se le periferie negli anni 60 sono state costruite in base allo stabilimento di Mirafiori, oggi è la città intera ad essere plasmata dalla dirigenza Fiat, che è presente, fuori dalla fabbrica, in ogni comparto dell’organizzazione sociale torinese.
Marchionne, oltre agli strappi continui che compie contro la “dialettica democratica” che ha retto il rapporto sindacato/azienda fino ad oggi (funzionando da calmiere delle lotte), si presenta come anomalia verso ciò che lo circonda, tornando a praticare quella lotta di classe (di stampo padronale e capitalista) al quale la politica non era più abituata. In tempi di cogestione su tutto, avere un manager che ricorda a tutti quanto i rapporti di forza siano importanti in questo mondo è uno schiaffo morale, per le sinistre e per quanti ancora oggi sono esterrefatti per il comportamento di un padrone che fa gli interessi dei padroni.
Il ricatto è istituzionale perché si basa su uno dei principi cardine dell’istituzionalità cioè il voto. La Fiat infatti non mette i lavoratori di fronte a fatti già avvenuti, anzi permette loro di votare, di usare cioè lo strumento caro a quanti credono sia esso l’unico in campo per la trasformazione, rigirando loro contro il senso della tanto declamata partecipazione.
Del resto, il centro della vicenda non è rappresentato dalla modifica dei rapporti sindacali ma del potere de facto che i padroni assumono nella gestione della crisi e delle sue fuoriuscite (per loro). Dopo aver gestito questi due anni di crisi globale scaricando addosso alla classe media e al proletariato icosti, oggi il capitalismo nostrano vuole fare di più, vuole avere la libertà incondizionata di farla ricadere completamente su tutta la società. Il problema è che il contrasto a un progetto del genere, che nel governo vede la sua casa naturale, è inesistente e inconcludente. Una politica e un sindacato abituati a “gestire” l’esistente non solo si trovano spiazzati verso un antagonismo padronale del genere, spesso si limitano a difendere il proprio posto di lavoro in un contesto dove tutti, alla fine, sono utili alla concertazione.
La richiesta di sostegno che la Fiom sta facendo ai partiti del centro sinistra cade nel vuoto perché tutti concorrono a tenere in vita un modello sociale e produttivo che non può dir di no al “sistema Fiat”, soprattutto qui a Torino, dove gli uomini del controllo e della gestione fiat vanno dai dirigenti delle municipalizzate ai sindaci che si susseguono.
La Fiom tenendo duro nei confronti della Cgil rappresenta oggi forse l’unica opposizione nella “sinistra istituzionale”. Sta dimostrando di avere chiaro che solo lo scontro può pagare, ma da qui a perseguirlo dovremo verificare fin dove intende spingersi. Aprirsi ai movimenti significa ragionare ed elaborare insieme a quelle soggettività che crescono attraverso il conflitto, e non alla sua mera gestione. I movimenti sono di parte, fanno e praticano i propri interessi a discapito della parte avversa: è questo il linguaggio delle lotte.
La crisi non è un fattore passeggero ma un pezzo del sistema che erode speranze e diritti a chi già la paga tutti i giorni attraverso la propria condizione sociale. Non ci sono ricette per contrastarla ma resistervi è essenziale. Dice niente il termine lotta di classe?
NETWORK ANTAGONISTA TORINESE
csoa Askatasuna – csa Murazzi
coll. universitario autonomo – koll. studentesco autorganizzato
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